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La notte del 23 giugno 2016, mentre veniva annunciata la vittoria del Leave al referendum sulla Brexit dopo un’inaspettata rimonta e Nigel Farage stappava lo spumante nella sede dello Ukip, i volti di sondaggisti, opinionisti e di (quasi tutti) i capi di Stato e di governo europei si fecero pallidi. Solo sei mesi più tardi, gli stessi opinionisti e sondaggisti constatavano attoniti in diretta tv la vittoria alle elezioni presidenziali americane di Donald Trump, l’outsider repubblicano dato per sconfitto ben prima delle primarie di partito.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
, dicevano i latini. Che la Brexit abbia cambiato il volto dell’Europa è fuori dubbio. Resta meno comprensibile il disfattismo apocalittico che ha continuato a pervadere i media e una parte del mondo politico nei mesi a venire. E soprattutto un mal riposto desiderio di revanche di alcuni pezzi da 90 di Bruxelles verso i britannici, che va ben al di là delle (lecite) pretese dei negoziatori che si occupano di rendere lo strappo meno doloroso per i cittadini europei. Accantonati i risentimenti, c’è una sfida tutta italiana che si cela dietro alla Brexit: trovare in un Regno Unito in uscita dall’Ue un alleato per far valere la propria voce dinnanzi al nuovo asse franco-tedesco firmato Macron-Merkel. Da qui il libro del deputato di Direzione Italia Daniele Capezzone e del giornalista di Radio Radicale Federico Punzi, entrambi firme di Formiche.net, dal titolo “Brexit. La sfida-Il ritorno delle nazioni e della questione tedesca”, edito da Giubilei Regnani. In uscita a fine mese in tutte le librerie, è stato presentato dagli autori giovedì alla direzione di New Direction Italia insieme all’economista Lorenzo Infantino, i giornalisti Nicola Porro e Maria Giovanna Maglie, il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa.

Non un saggio unico con pretese di esaustività, che sarebbe un azzardo, visto che la partita Brexit è ancora aperta, ma una raccolta di contributi curata e integrata dagli autori, che, fra gli altri, vede protagonisti pesi massimi del mondo politico e giornalistico anglosassone come Niall Ferguson, David Goodhart, Janet Daley, Nigel Lawson. “L’idea di questo libro è semplice: cominciare a fare informazione, a mettere da parte anatemi, dogmi, superstizioni” spiega Capezzone, “è un libro con molti contributi internazionali ma è soprattutto un atto di amore per l’Italia, perché svela un segreto: Francia e Germania fanno gli interessi di Francia e Germania, se qualcuno crede che pensino all’Italia o si sbaglia o si prepara a fare il viceré nella logica del protettorato”.

Un primo obiettivo è dunque sdoganare talune presunte “verità” sul referendum del giugno 2016 sentendo l’opinione di chi l’ha vissuto oltremanica. “Il 48% del Remain probabilmente è stato sovradimensionato, perché tiene conto di un conservatorismo e di una paura degli inglesi per l’avversione al rischio e il cambiamento, mentre la maggior parte vede l’Europa come un’organizzazione burocratica e centralistica” sottolinea il conduttore di Matrix Nicola Porro, che coglie l’occasione per un mea culpa di categoria: “Noi giornalisti abbiamo banalizzato la campagna elettorale con una superficiale contrapposizione establishment-popolo, che semmai si applica meglio all’Italia”. Lettura condivisa da Maria Giovanna Maglie, ex inviata de Il Foglio e de Il Giornale, che irride gli opinionisti che si ostinano a “paventare una prossima tragedia in Inghilterra e hanno i figli iscritti nelle università di Londra”.

C’è poi l’esigenza, specie in questo momento di energica (e spesso tesa) attività negoziale fra le due sponde della Manica, di far proprie per un attimo le istanze dei britannici che un anno fa hanno avviato il divorzio con Bruxelles (e che oggi, sondaggi alla mano, sono molti di più). Giorgio Spaziani Testa, rappresentante di un settore italiano, l’immobiliare, che come è noto non sempre va a nozze con la Commissione, fa suoi due timori in particolare. Il primo è “il rischio di una burocrazia non eletta della Commissione, che porta allo stilicidio di produzione normativa, talvolta frutto di interessi delle singole nazioni, più spesso di spinte lobbistiche di alcune categorie a danno di altre”. Un’altra goccia che ha fatto traboccare il vaso Brexit è, a suo dire, l’ armonizzazione della Commissione a colpi di direttive: “Non è pensabile produrre regole valide dalla Sicilia alla Finlandia”.

Ultima, non certo per importanza, la sfida europea (e soprattutto italiana), per arginare il ritorno delle nazioni e della questione tedesca, che non a caso campeggia in prima pagina del libro e ritorna in due capitoli curati da Federico Punzi. Capezzone fa alcune proposte all’interno del volume: ad esempio, osteggiare a qualunque costo l’idea macroniana di un ministro delle Finanze europeo così come qualsiasi nuova cessione di sovranità a Bruxelles, e al tempo stesso promuovere più sussidiarietà lasciando ai Paesi membri un potere di opt-out dinnanzi alle disposizioni delle istituzioni UE.

“Proposte che condividerebbe qualunque liberale” chiosa Lorenzo Infantino, “leggere Capezzone e Punzi significa rifiutare una certa idea di Europa, e in particolare la gabbia di acciaio che ci propone Juncker”. Ma, chiude il professore ammonendo, guai “a dare per scontato che quel che pensiamo si avvererà”, altrimenti si incappa nel “dandismo etico di alcuni intellettuali di sinistra sicuri di dire la verità ogni volta che parlano”.

fisco, regole, centrodestra, londra, Daniele Capezzone

Brexit-La sfida. Il libro di Capezzone e Punzi per rileggere il divorzio britannico

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