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“Nella sfida dell’intelligenza artificiale, tra l’algoritmo e l’uomo, continuo a pensare che l’ultima parola spetti all’uomo”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Marco Minniti, intervenuto oggi a Montecitorio, all’evento promosso dalla vice presidente della commissione Difesa della Camera e componente del Copasir Rosa Villecco Calipari, per parlare di cyber-security, evoluzione delle minacce e intelligenza artificiale. “Continuo a pensare – ha spiegato Minniti – che sia fondamentale sempre tenere l’uomo al centro”.

L’EVENTO

Insieme al ministro e all’onorevole Villecco Calipari, moderati dal direttore di Cyber Affairs Michele Pierri, hanno partecipato al dibattito il questore della Camera Stefano DambruosoMichele Colajanni (Unimore), Enrico Prati (Cnr), Roberto Baldoni (Cini), il direttore generale dell’AgID Antonio Samaritani, il ceo di Cy4Gate e vice direttore generale di Elettronica Eugenio Santagata, il managing director Security & information systems di Leonardo Andrea Biraghi, e il vice direttore del Dis Paolo Ciocca.

QUELLO CHE È STATO FATTO

Quella della cyber-security, secondo il ministro, è “una sfida tra le più impegnative di questo tempo e segnerà il futuro del Paese e della comunità internazionale”. Si tratta di una gara simile a quella tra Achille e la tartaruga: “Per quanto si possa correre veloci, non si raggiungeranno mai livelli sufficienti per stare in tranquillità e completa sicurezza, poiché il campo di gioco è in continua evoluzione tecnica, scientifica e tecnologica”. La prima domanda da porsi è a che punto sia l’Italia. Il Paese, ha detto Minniti, “non è all’anno zero, né all’archeologia informatica; la direttiva Monti nel 2013 è stata il primo spartiacque importante, che ha aperto strada alla messa in campo di una visione complessiva”. Poi, lo scorso febbraio, è arrivata “la direttiva Gentiloni, che si è mossa su un principio che considero rilevante: come avere un’unificazione nelle capacità di risposta, individuando qualcuno che abbia in mano le chiavi per poter produrre una reazione”. È stata “una scelta molto giusta di unificazione che non ha eliminato l’idea di unicità su aspetti specifici, ma che ha introdotto una gerarchia nella capacità di reazione, fondamentale quasi quanto la capacità stessa”.

LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Eppure, l’Italia non può contare sulle risorse di cui dispongono i grandi attori internazionali (Stati Uniti, Russia e Cina su tutti). Lo ha sostenuto Minniti ricordando l’incontro con l’allora direttore dell’Nsa (una delle 17 agenzie dell’intelligence americana) che si lamentava di un taglio di fondi da 14 a 11 miliardi di euro, quando il bilancio di tutta l’intelligence italiana “non è nemmeno paragonabile a queste cifra”. Proprio per questo, “è necessario cooperare con gli altri, perché da soli non ce la possiamo fare”, ha avvertito il ministro. Dall’altro lato, ciò apre a un paradosso: “Di fronte allo sviluppo di tecnologie che per loro stessa natura sono senza confini, occorre riportare la materia nel quadro di alleanze che abbiano confini e comuni visioni del mondo”. In altre parole, ha ribadito il ministro con riferimento al contesto europeo, è “necessario che la cooperazione sia maturata sulla base di principi che vengono condivisi, principi di libertà e democrazia”.

QUELLO CHE C’È DA FARE

Tra le questioni che restano aperte, tanto in campo nazionale quanto nel contesto europeo, c’è la “necessità di conciliare il principio di libertà, insito in tutto questo, con il principio del controllo”. L’esempio più evidente di questo è il terrorismo internazionale e l’uso che l’Isis ha fatto del web: “Si è mosso come un pesce nell’acqua con finalità di reclutamento, emulazione, istruzione e radicalizzazione”, ha ricordato Minniti. “Per l’Isis la comunicazione del gesto terroristico era forze più importante dell’atto terroristico”, ha spiegato ricordando le drammatiche foto postate dagli attentatori in tempo reale durante l’attacco di Dacca, in Bangladesh. Al contrasto di questo uso malevolo del web possono contribuire i grandi provider, per quella che il ministro ha già rinominato “la grande alleanza contro il malware del terrore”, sancita durante il G7 di Taormina, quando i ministri dell’Interno si sedettero con i quattro rappresentanti degli Over the top. L’obiettivo è “ragionare sulle metodiche da adottare e sulla loro immediata applicazione per il blocco automatico e la rapida cancellazione dei contenuti”.

IL RAPPORTO CON LE AZIENDE

La seconda grande questione per il ministro dell’Interno riguarda invece “la diffusione della cultura della cyber-security tra le imprese”. Si tratta di un vero “salto culturale”, basato su un “rapporto di fiducia” in cui la denuncia degli attacchi deve essere vista non come un danno di immagine ma come un punto su cui cooperare e reagire. “Serve – ha detto Minniti – far comprendere qual è la potenza dell’attacco: può rubare l’anima dell’impresa, i brevetti, il know how e i design”. Ma sul rapporto con l’industria occorre ragionare anche in termini di produzione: “Abbiamo uno straordinario artigianato in questo campo e capacità notevoli”. Ora però, “dobbiamo lavorare per confederare questo artigianato, per fargli avere una taglia tale da poter competere a livello internazionale”. Altrimenti, ha affermato il ministro, il rischio è di “avere una nicchia di altissima qualità ma di non riuscire a competere”. Questo progetto di confederazione, ha concluso Minniti, “dev’essere messo in campo da chi può confederare, e non può avvenire come assimilazione sennò si rischia di far perdere all’artigiano quella stessa specificità che lo ha reso ciò che è. Non tutto può diventare una divisione di una multinazionale”.

Le sfide della cybersecurity secondo il ministro Minniti

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