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La stagione politica appena iniziata richiederà un concreto interessamento dei nostri rappresentanti nelle questioni di difesa e sicurezza. Lavorare in linea di continuità con quanto avviato sarà, dunque, un ottimo punto di inizio.

I legami con l’Ue e la Nato restano imprescindibili per continuare ad affrontare sfide transnazionali che richiedono sforzi comuni. In questo senso, vanno le missioni internazionali che l’Italia porterà avanti o avvierà, come nel caso di quella in Niger, su cui il Parlamento della XVII legislatura ha lavorato sino alla fine, e che si inserisce nel quadro del lavoro sul contrasto al terrorismo e proiezione di stabilità che il nostro Paese conduce da anni. Ulteriore punto di avvio è l’impegno dimostrato in grandi appuntamenti internazionali, come le presidenze del Consiglio dell’Ue e del Consiglio di sicurezza dell’Onu e l’organizzazione del G7. Dal punto di vista parlamentare ricordiamo le presidenze dell’Assemblea parlamentare della Nato e del Consiglio d’Europa, oltre a numerose e prestigiose cariche all’interno delle stesse.

Non va dimenticato il grande ruolo giocato nel Mediterraneo, sia in termini di risposta alla crisi migratoria, sia di azione diplomatica in Libia e Nord Africa, senza scordare le attività operative in Medio Oriente, nella guerra al terrorismo e nella coalizione anti Daesh. L’Italia è stata più volte assunta a modello da parte di altri Stati per l’impegno nelle missioni internazionali e (sul piano interno) nel campo del contrasto al terrorismo. Non per questo ha cessato di aggiornare il suo impianto normativo e istituzionale.

Eppure, sull’argomento restano dossier ancora aperti, quale quello della prevenzione dei fenomeni di radicalizzazione, la cui rilevanza cresce parallelamente alla persecuzione da parte di Daesh dei propri obiettivi attraverso altri canali, primo fra tutti quello del web. Il dossier della sicurezza cibernetica investe in pieno le questioni di sicurezza nazionale e interesserà le prossime legislature. L’Italia è chiamata a completare il recepimento della direttiva Nis e, a livello europeo, dovrà giocare un ruolo significativo nella discussione del cosiddetto “Cyber-security package”. Il decreto del febbraio 2017, che ha evoluto il quadro nazionale sulla sicurezza cibernetica, rappresenta una significativa eredità del governo Gentiloni e una spinta a non fermare lo sviluppo di un settore che, anche in termini economici, sarà una delle maggiori sfide e opportunità per il Paese. In questo senso, sarà necessario proseguire lungo il dialogo che il nostro Paese ha intessuto sulla materia anche con partner importanti, come Israele, aprendo a prospettive di collaborazione tecnica tra realtà operative istituzionali. Il rafforzamento delle capacità di resilienza nel cyber-spazio e il consolidamento di quella catena di sicurezza che lega interesse pubblico (tutela dei cittadini in primis) e interesse nazionale (protezione infrastrutture critiche) deve essere considerato una priorità assoluta del sistema-Paese in vista del crescente grado della minaccia.

A tal fine – e ciò vale per l’intero comparto sicurezza – nei prossimi anni si dovrà continuare a dedicare sempre maggiore attenzione allo sviluppo tecnologico con un approccio integrato tra mondo della ricerca, realtà produttive e di mercato, attori istituzionali e internazionali. Con questo approccio, sul versante della difesa europea sarà importante proseguire lungo il progetto della cooperazione strutturata permanente (Pesco) su cui l’Italia ha puntato molto nel corso degli ultimi anni vista l’esigenza, sentita da parte dei comparti diplomatico, militare e industriale di inaugurare una fase efficace verso la difesa europea che a sua volta non sarà solo un grande successo normativo, ma consentirà di avviare un circolo virtuoso nel mercato della difesa e in quello civile. È da perseguire, pertanto, la strada dell’integrazione del mercato e dell’industria della difesa europea attraverso il pieno recepimento delle direttive 43 e 81 del 2009, e puntare sui progetti congiunti sfruttando le opportunità offerte dal nuovo Fondo per la difesa europea. In ciò, l’Italia deve ricordare che un grande ruolo propulsore viene dai suoi investimenti a livello nazionale, nonché dalla capacità di programmazione pluriennale.

Senza dubbio, la base su cui elaborare dottrina e operazioni, e insieme stimolare e supportare il mercato nazionale, viene dal Libro bianco che ha proposto la maggiore riforma del sistema nazionale di difesa degli ultimi trent’anni. Si tratta di azioni e contributi significativi che devono ora tornare sui tavoli per affrontare dossier impegnativi. Il politico che si occuperà di questioni di sicurezza e difesa sarà chiamato ad assumere uno sguardo sinottico delle vicende anche internazionali per capire dove il mondo è diretto, dovrà studiare i contesti in cui operano le nostre Forze armate e collaborare con le varie istituzioni dello Stato. C’è, infine, un altro dossier da non sottovalutare: la classe politica che si occupa di queste tematiche ha il compito di favorire la conoscenza e la diffusione delle stesse presso la società civile, sviluppare un confronto informale su questioni che attengono non solo i vertici istituzionali, ma il quotidiano di ogni cittadino. Promuovere la cultura della sicurezza deve restare un punto cardine in ogni dossier del processo di riforma del sistema nazionale della difesa.

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