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Un aereo cargo militare russo è precipitato in Siria uccidendo 26 passeggeri e sei membri dell’equipaggio: “Nessun sopravvissuto”, dice il comunicato di Mosca.

Secondo Ria Novosti, agenzia stampa russa, l’aereo, un An-26, è precipitato nel momento dell’atterraggio alla base di Hmeimim, nei pressi di Latakia, la più grande istallazione militare russa in territorio siriano, da cui Mosca gestisce la gran parte delle operazioni di sostegno al regime di Damasco. Molto spesso i voli degli An-26 servono a spostare in Siria elementi di alto livello, che magari si muovono dalla Russia solo per visite periodiche: tuttavia si precisa che al momento non c’è nessun genere di informazione sui passeggeri trasportati.

Al di là del fatto in sé, c’è il risvolto politico a essere interessante. Da mesi è noto come il Cremlino stia cercando di tenere al minimo la diffusione di notizie riguardo alla morte dei suoi soldati. È una necessità fondamentale, perché in Russia l’intervento militare in Siria è visto come un peso, soprattutto economico.

Le casse russe non sono rosee, hanno subito colpi duri dalla perdita di valore del petrolio (il bilancio statale è prettamente vincolato al prezzo delle materie prime energetiche), e per la cittadinanza pensare che il governo continui a sperperare soldi per combattere una guerra strategica in Siria non è una gran prospettiva. Per questo la propaganda spinge al massimo la macchina attorno al conflitto, ed evita di assommare ai malumori quelli relativi alle morti dei propri figli.

Il Cremlino sta usando anche per questa ragione – diciamo: per tenere edulcorato il coinvolgimento – i contractors di società private come la Wagner, riconducibili a intimi personaggi della cerchia putiniana del potere. Diversi uomini della Wagner sono stati uccisi in un bombardamento americano, per esempio, ma Mosca ha potuto evitare di descrivere le perdite come morti dei propri soldati.

Nel caso del cargo caduto oggi, come quasi sempre accade in queste circostanze in cui è inevitabile parlare della vicenda, il ministero della Difesa ha invece già fatto sapere che si è trattato di un guasto tecnico, specificando che non si sono notati finora segni di attacchi. Per la Russia è una questione fondamentale, perché parte della propaganda con cui il presidente Vladimir Putin sta sponsorizzando tra i suoi cittadini l’intervento militare è legata all’azione anti-terroristica.

Una narrativa che dice che Mosca ha sconfitto lo Stato islamico (caduto in disgrazia, in realtà, sotto i colpi della Coalizione a guida americana), ed è impensabile anche solo sollevare la possibilità che un attentato faccia precipitare un aereo militare durante l’atterraggio sulla più importante base russa in Siria.

Ancora di più in questo momento, in cui Putin si appresta a ricevere un nuovo incarico presidenziale dalle imminenti elezioni, che dovrà però portarsi dietro la legittimazione popolare (ossia, una buona affluenza alle urne). Allo stesso tempo, però, l’incidente proietta all’esterno un’immagine di una Russia militarmente malmessa, con pezzi vetusti e mal funzionati, nonostante i proclami muscolari del presidente.

Non è la prima volta, infatti, che cadono aerei russi: per esempio, successe quando Putin lanciò l’operazione mediatica con cui schierò il gruppo da battaglia della portaerei “Admiral Kuznetsov” nel Mediterraneo, per dare sostegno alle operazioni in Siria. La portaerei fu protagonista di un viaggio da film, che la portò da Murmask fino al largo della Siria scortata dai mezzi Nato che la osservavano a distanza, ma durante le poche settimane di attività perse due aerei scivolati dal ponte per problemi tecnici (ora la nave è ferma da mesi, e per mesi, in un cantiere dove subirà una grande ristrutturazione che prevede, appunto, il rifacimento dell’intero ponte).

La realtà militare russa è fatta di missili supersonici, come quelli annunciati da Putin durante il discorso alle Camere riunite, di spot propagandistici, e di pezzi poco funzionanti, che hanno problemi tecnici tralasciati per necessità economiche.

 

 

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