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È in arrivo una settimana decisiva per Banca Carige: dopo che il 30 novembre è stato l’ultimo giorno per la negoziazione in Borsa dei diritti, il 6 dicembre calerà il sipario sull’aumento di capitale da 560 milioni, di cui 60 milioni a servizio della conversione di obbligazioni subordinate.

LA BORSA

I diritti di opzione relativi all’aumento di capitale, nell’ultima seduta di contrattazione, hanno ceduto il 70%, mentre in quella precedente di mercoledì avevano lasciato sul campo il 50 per cento. Nell’ultimo giorno di negoziazione sono così arrivati a 0,0012 euro. Nel frattempo, in Borsa, le azioni, nella sessione di mercato di venerdì 1 dicembre, hanno toccato quota 0,0101 euro, valore vicinissimo al prezzo di sottoscrizione dei nuovi titoli emessi con l’aumento di capitale, pari a 0,1 euro. Considerando che con la ricapitalizzazione il grosso del prezzo delle vecchie azioni è stato spostato sui diritti, in questa fase di interregno, in cui ancora i nuovi soldi non sono entrati nella banca, la capitalizzazione di Carige segnalata da Borsa Italiana è pari a 8,38 milioni di euro. In altri termini, i vecchi azionisti sono praticamente stati azzerati, come generalmente accade con gli aumenti di capitale fortemente diluitivi come è quello dell’istituto di crediti ligure guidato dall’ad Paolo Fiorentino (nella foto).

GLI IMPEGNI

Molti degli attuali grandi soci della banca genovese si sono impegnati a fare la propria parte nell’aumento di capitale, e alcuni di loro faranno persino qualcosa di più. Nel dettaglio, dal prospetto informativo dell’aumento, veniva fuori che gli attuali grandi soci della banca genovese si sono complessivamente impegnati a sottoscrivere 128,47 milioni. A ciò vanno aggiunti gli impegni presi dalla famiglia Malacalza e da Gabriele Volpi a salire rispettivamente dal 17,6 al 28% (è già stata richiesta l’autorizzazione alla Bce) e dal 6 al 9,9 per cento. Il fondo Algebris ha invece manifestato interesse a sottoscrivere qualche azione (fino al 2% del capitale), mentre Fiorentino ha dichiarato che dovrebbero entrare con l’operazione Credito fondiario, la Sga dell’ex Banco di Napoli e l’investitore che acquisirà Creditis, la società del credito al consumo messa in vendita nell’ambito dello stesso piano di rafforzamento patrimoniale.

LE TAPPE

In proposito, il consiglio di amministrazione di Carige si riunirà lunedì 4 dicembre per scegliere con chi proseguire la trattativa per la cessione di Creditis. I due interessati rimasti in campo sarebbero il fondo americano Christofferson Robb & Company e Chenavari Financial Group. A dire il vero, l’ipotesi iniziale era quella di convocare una riunione del cda entro il weekend, ma i tempi si sono allungati e ci sarà da correre per riuscire a chiudere la trattativa entro il periodo di offerta dell’aumento di capitale, cioè mercoledì 6 dicembre, come previsto. Sempre entro mercoledì, è prevista la definizione della cessione del pacchetto da 1,2 miliardi crediti deteriorati (non performing loan o npl), al Credito Fondiario. Anche questo dossier sarà al centro dei lavori del cda di lunedì.

LE INCOGNITE

Sull’aumento di capitale da 560 milioni continua a pesare l’incognita della partecipazione dei piccoli azionisti, che valgono circa il 50% nel capitale della banca genovese, e oltre il 70% dei quali – come più volte ha precisato l’ad Fiorentino – sono liguri. Il pallino dell’aumento, che segnerà il successo o meno dell’operazione, dipende da loro.

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