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La macchina del Russiagate, lo scandalo delle interferenze di Mosca nella campagna presidenziale 2016, ha raggiunto negli ultimi giorni una nuova tappa. Ma al centro dell’attenzione non ci sono più le mail hackerate del Partito Democratico o i colloqui tra esponenti trumpisti e membri o amici del governo russo, bensì il non luogo più centrale nelle esistenze degli americani e, invero, del mondo: Facebook. La ricostruzione effettuata da The Daily Beast in un lungo articolo pubblicato ieri evidenzia la natura spregiudicata delle operazioni russe, che hanno utilizzato il social più popolare del pianeta per diffondere slogan e messaggi favorevoli al candidato Donald Trump, screditare l’avversaria Hillary Clinton e, addirittura, mobilitare la popolazione inducendola a partecipare a manifestazioni nello Stato della Florida.

Questo nuovo capitolo del Russiagate comincia il 6 settembre, quando rappresentanti del social di Menlo Park hanno rivelato come nella loro piattaforma abbiano operato 470 account fittizi riconducibili ai russi che, tra il 2015 ed il 2017, hanno acquistato oltre tremila messaggi pubblicitari con cui sono stati diffusi messaggi propagandistici incendiari. Questi 470 troll, si è poi riscontrato, sono riconducibili ad un’azienda privata di San Pietroburgo, la Internet Research Agency, che secondo un rapporto dell’intelligence Usa è di proprietà di un cittadino russo che è uno stretto alleato di Putin e che nutre rapporti con l’intelligence russa. Stiamo parlando di pagine Facebook con nomi come “Essere patriottici” o “Confini sicuri” che avevano raccolto fino a 200mila follower e che diffondevano temi e slogan sintonizzati col programma elettorale di Trump. Una spregiudicata operazione di influenza che, sempre da quanto emerge grazie al lavoro investigativo del Daily Beast, non si è fermata sulla soglia del mondo virtuale.

Grazie ad un software speciale, il magazine statunitense è riuscito a scoprire come la pagina “Essere patriottici” abbia utilizzato l’opzione “crea evento” di Facebook per organizzare almeno quattro raduni di massa negli Stati americani. Il più clamoroso di tutti è quello che si è tenuto il 20 agosto 2016, un flash mob che, sotto il nome “La Florida sta con Trump!”, si sarebbe tenuto in diciassette diverse location dello Stato del sud. A causa del successivo intervento di Facebook, che ha cancellato questo mese le pagine russe pro-Trump tra cui “Essere patriottici”, non si può sapere quante persone si siano effettivamente presentate a “La Florida sta con Trump”, ma il Daily Beast ha potuto riscontrare come in almeno due luoghi, a Fort Lauderdale e Coral Springs, i flash mob si siano tenuti regolarmente e di essi ci sia un resoconto video e fotografico nella pagina Facebook di un comitato elettorale della campagna di Trump in Florida, dove sono tuttora visibili.

L’evento pro-Trump in Florida, come si diceva, è uno dei quattro organizzati dalla pagina russa. Gli altri non sono meno interessanti. A luglio 2016, è stata promossa una protesta fuori dal quartier generale elettorale della candidata Clinton intitolata “Abbasso Hillary”. Il successivo 11 settembre l’appuntamento era a Manhattan per manifestare a favore del candidato repubblicano. Il mese dopo l’evento è stato programmato in simultanea a Filadelfia e Pittsburgh, dove si sarebbe consumato sotto le insegne di “Minatori per Trump”. L’ultima iniziativa, infine, si sarebbe tenuta dopo la vittoria alle urne di The Donald e la sua location non poteva che essere la Trump Tower.

Come ha sottolineato Clint Watts, un ex agente dell’Fbi intervistato dal Daily Beast che ha testimoniato davanti alla Commissione del Senato Usa che sta indagando sui misfatti russi, gli eventi elettorali organizzati da agenti russi in territorio americano sono la prova dell’esistenza di un “secondo livello” nell’operazione di influenza del Cremlino nella campagna elettorale 2016. Che non si è limitata dunque al mondo virtuale. “Organizziamo”, ha detto Watts, “e proviamo a coinvolgere le persone in modo proattivo e a mobilitarsi per un candidato. Ancora una volta, se tutto ciò può essere riconducibile alla Russia, non si può più negare che si sia trattato di ingerenze straniere in un’elezione”.

Immaginate se degli agenti russi, nella prossima primavera, organizzassero una manifestazione pro-Di Maio in una piazza milanese, e potrete concluderne che, nell’era di Facebook, nessun colpo basso da parte di una potenza straniera può essere più escluso.

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