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Milioni di americani potrebbero presto avere accesso ai farmaci anti-obesità grazie a una nuova norma proposta dall’amministrazione Biden. Questa misura, che permetterebbe la copertura da parte di Medicare e Medicaid, potrebbe rappresentare una svolta per il trattamento dell’obesità negli Stati Uniti.

La proposta e il suo impatto

La norma consentirebbe a chi ha un indice di massa corporea (BMI) pari o superiore a 30 — ovvero chi è considerato obeso — di qualificarsi per la copertura di questi farmaci attraverso i programmi Medicare e Medicaid. Attualmente le assicurazioni pubbliche non coprono il costo di questa tipologia di farmaci per il trattamento dell’obesità, mentre garantiscono la copertura per patologie come il diabete o il rischio di malattie cardiovascolari.

Con questa proposta, si stima che circa 3,5 milioni di persone su Medicare e 4 milioni su Medicaid potrebbero qualificarsi immediatamente per il trattamento. Tuttavia, i dati del Centers for Medicare and Medicaid Services suggeriscono che fino a 28 milioni di persone su Medicaid potrebbero essere idonee, aumentando di molto il numero dei potenziali beneficiari.

Un mercato in espansione

Negli ultimi anni, il mercato dei farmaci contro l’obesità è cresciuto rapidamente. Farmaci come Wegovy, prodotto da Novo Nordisk, e Zepbound, di Eli Lilly, sono stati approvati dalla Food and drug administration (Fda) come trattamenti efficaci per l’obesità. Questi farmaci imitano gli ormoni che regolano l’appetito, comunicando al cervello la sensazione di sazietà. I risultati possono essere straordinari, con una perdita di peso ingente sul peso corporeo. Tuttavia, il costo di questi farmaci li ha resi accessibili solo a una piccola parte della popolazione. La proposta di Joe Biden mira a rendere questi trattamenti disponibili a una platea molto più ampia.

Costi diretti e costi indiretti

Un elemento centrale della proposta riguarda il delicato equilibrio tra i costi immediati dei farmaci anti-obesità e i potenziali risparmi a lungo termine derivanti dalla prevenzione delle malattie associate all’obesità, tra cui diabete di tipo 2, patologie cardiovascolari, ipertensione e alcuni tipi di tumore. Un recente studio clinico internazionale sul tirzepatide, ad esempio, ha evidenziato una riduzione del 94% del rischio di insorgenza del diabete di tipo 2 tra i pazienti trattati. Attualmente, il trattamento di queste condizioni pesa enormemente sul sistema sanitario statunitense, con costi annuali che superano i 200 miliardi di dollari. L’inclusione dei farmaci dimagranti nei programmi di copertura potrebbe, nel lungo periodo, non solo alleviare questo onere economico diminuendo le spese per cure e ricoveri legati a complicazioni croniche, ma anche mitigare i costi sociali che l’obesità impone. In Italia, per fare un esempio, l’obesità impatta più dell’1% del Pil nazionale.

La battaglia politica

La proposta arriva in un momento politicamente delicato. Sebbene alcuni membri del Congresso, sia democratici che repubblicani, abbiano espresso il loro sostegno, vedendo nei farmaci una possibilità di ridurre i costi futuri legati alle malattie croniche derivanti dall’obesità, le divisioni permangono.  Il futuro della norma sarà deciso a gennaio, pochi giorni dopo l’insediamento di Donald Trump.

Intanto, la nomina di Robert F. Kennedy Jr. come segretario alla Salute aggiunge ulteriore incertezza. Oltre ad aver dichiarato guerra alle big pharma, Kennedy si è in passato schierato esplicitamente contro i farmaci anti-obesità. Secondo Kennedy, infatti, i fondi pubblici sarebbero meglio impiegati per promuovere uno stile di vita sano, con investimenti in cibo biologico e abbonamenti in palestra. “Con la metà del costo di Ozempic, potremmo garantire cibo biologico e rigenerativo per tutti gli americani e abbonamenti in palestra per ogni persona obesa,” ha dichiarato Kennedy in un incontro con legislatori federali.

Obesità ≠ sovrappeso 

Sebbene il sovrappeso sia spesso associato a scelte di vita non salutari, come una dieta squilibrata o la mancanza di attività fisica, l’obesità ha radici molto più complesse. Secondo uno studio pubblicato su Nature Reviews Endocrinology, fino al 40-70% del rischio di obesità può essere attribuito a fattori genetici, con oltre cento varianti genetiche identificate come contributo al peso corporeo. Inoltre, disfunzioni ormonali come l’ipotiroidismo o la sindrome di Cushing, insieme a condizioni metaboliche come la resistenza insulinica, giocano un ruolo significativo nell’aumento del peso. In questi contesti, adottare uno stile di vita più sano, sebbene utile, potrebbe non essere sufficiente per affrontare il problema in modo efficace. In questi casi, adottare uno stile di vita più sano, sebbene utile, potrebbe non essere sufficiente per affrontare il problema in modo efficace, al pari di moltissime altre patologie.

Un cambiamento di paradigma?

La proposta rappresenta un punto di svolta nella lotta contro l’obesità, riconoscendo ufficialmente questa condizione come una malattia che può essere trattata con farmaci specifici. Tuttavia, rimane la sfida di bilanciare i benefici clinici e sociali con i costi economici e politici. Il dibattito continuerà nei prossimi mesi, con il destino della norma che dipenderà da un equilibrio tra esigenze di salute pubblica e sostenibilità economica.

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