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Nei giorni in cui sembra sempre più evidente che tra Giuliano Pisapia e gli scissionisti del Pd qualcosa non funzioni (il litigio sull’abbraccio alla Boschi è degno del teatro dell’assurdo), vale la pena ripercorrere come si è arrivati a questa zuffa continua tra il Pd e la sinistra, ma anche all’interno di quest’ultima, visto che l’ultima news è l’incontro saltato tra Pisapia e Roberto Speranza dopo gli attacchi subìti dall’ex sindaco di Milano. Pisapia ieri avrebbe dovuto incontrare a Roma Roberto Speranza, ma letti sui giornali gli attacchi nei suoi confronti per il caso Boschi, ha girato i tacchi e ha fatto saltare tutto. “Bisogna costruire una nuova forza inclusiva. Non c’è spazio per una politica costruita con la testa girata all’indietro”, ha detto l’ex sindaco di Milano.

Ma torniamo all’inizio di questa storia. La vulgata che circola a Montecitorio e confermata dagli eventi è che la scissione nel Pd sia stata un’operazione ideata e messa in atto da Massimo D’Alema (in foto) per far fuori Renzi. Se non ci fosse stata, ora avremmo un centrosinistra più “normale” e forse maturo. Ovvero un Pd guidato da Renzi, con una forte minoranza interna capeggiata da Bersani, Cuperlo, Orlando e Speranza, e una forza alla sua sinistra (campo progressista) guidata da Pisapia e alleata del Pd. All’estrema sinistra sarebbe rimasta, ghettizzata, Sinistra italiana di Fratoianni, magari non agibile per un’alleanza nazionale, ma utile nelle diverse compagini di centrosinistra in città e regioni. Lo stesso Pisapia a Milano era appoggiato da Pd e Sel. Tutto ciò avrebbe permesso di andare al voto con un’alleanza di centrosinistra solida e ancorata a sinistra. Il Pd renziano, infatti, sarebbe dovuto scendere a patti con la forte minoranza interna e con l’alleato Pisapia. Sarebbe stato forse il primo tentativo di alleanza socialdemocratica in Italia. Tutto ciò nel segno di una maturità politica della classe dirigente della sinistra, che avrebbe così dimostrato di mettere da parte i diversi egoismi politici per guardare all’interesse del Paese. Questo sarebbe successo se fossimo stati, parafrasando proprio un libro di D’Alema, “un paese normale”. Con una sinistra normale.

E invece no. Perché dopo la sconfitta di Renzi al referendum, D’Alema si convince che bisogna dare fuoco alle polveri con due obbiettivi: da un lato distruggere il piano Renzi-Pisapia facendo saltare la loro possibile alleanza; dall’altro, come conseguenza, sperare che in questo modo il Pd, isolato e al voto da solo, perda le elezioni e l’ex sindaco di Firenze debba finalmente sloggiare dal Nazareno. In una parola: far fuori Renzi e riprendersi il partito. Il piano, diabolico, sta riuscendo, ma con qualche intoppo. La conseguenza della scissione del Pd, infatti, è che Mdp è diventato il principale interlocutore di Pisapia, il quale ora è costretto a costruire un’alleanza con loro prima che con il Pd. Con la scissione, infatti, lo scenario è cambiato. Ora si discute di un’alleanza Mdp-Pisapia-Sinistra italiana, ovvero una coalizione di forze alla sinistra del Pd.

Il problema è che Pisapia vede questa formazione rossa come naturale alleata dei Dem (sempre con l’intento di ancorare Renzi a sinistra), mentre Bersani e D’Alema la vedono come competitor. Loro con Renzi non vogliono avere niente a che fare. “Andiamo da soli e vediamo quanti voti prendiamo e, soprattutto, quanti ne rubiamo al Pd, indebolendolo”: questa è la mission che Mdp persegue. E infatti nessuno di loro ha mai ventilato neanche lontanamente un’alleanza con Renzi. E nemmeno lui una coalizione con loro. Separati e à la guerre comme à la guerre. Ovvero tutto ciò che Pisapia, con la sua discesa in campo da federatore, come nuovo Prodi, voleva evitare.

Da qui il nervosismo del sindaco di Milano, che da una parte vorrebbe continuare a perseguire il suo obbiettivo politico, dall’altro sarebbe tentato dal mandare tutti al diavolo. La scelta di non candidarsi in Parlamento risponde ai turbamenti nel suo animo? Probabile. Forse D’Alema pensava che Pisapia alla fine si sarebbe calmato e avrebbe accettato di fare il campione della coalizione di sinistra anti-renziana. Mentre l’ex sindaco non vuole a nessun costo mollare il Pd. Nel breve periodo, tutto ciò potrà portare a due epiloghi diversi: l’ex sindaco si convince a mollare Renzi e abbraccia in toto gli scissionisti; Pisapia molla gli scissionisti e gli ex Sel per costruire una forza di sinistra alleata del Pd renziano. Ovvero il suo progetto originario, che finora è stato rovinato dal piano di D’Alema per far fuori Renzi. Ieri c’è stato il primo strappo tra l’ex sindaco di Milano e Mdp. Vedremo ora se i protagonisti prenderanno ago e filo oppure lasceranno allargare la sfrangiatura.

pisapia

Le ideuzze di Giuliano Pisapia e le manovre di Massimo D'Alema

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