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Le attese elezioni in Germania sono finalmente arrivate, e i risultati non hanno tradito le aspettative, confermando i dubbi e le incertezze di un esito praticamente già pronosticato alla vigilia.

I partiti tradizionali, Spd e Cdu, escono o perdenti o ridimensionati. L’estrema destra invece vola oltre il 10%, entrando in Parlamento. Si apre così per Angela Merkel l’ultimo e più complesso capitolo di una lunga e gloriosa storia politica. Il primo dato importante è legato non soltanto all’ammissione della sconfitta socialista di Martin Schulz, ma la connessa sua indisponibilità a proseguire nel cammino della grande coalizione con il centro popolare. Sebbene scontenta del risultato, la Cancelliera si troverà costretta così ad optare per la cosiddetta maggioranza Giamaica (così denominata per i colori dei partiti che la compongono) con i Liberali e i Verdi al governo.

La vera spina nel fianco è costituita dalla già citata formazione maggioritaria nell’estrema destra, Afd, guidata da Alice Weidel (nella foto). La leader di Alternative fuer Deutschland ha però mostrato i muscoli, a suo modo, ostentando un singolare tono di apertura: “Siamo stati eletti. Saremo una opposizione ragionevole, ma per la Germania e i tedeschi prima di tutto staremo attenti a cosa farà Angela Merkel”.

Per questa ragione il futuro governo, a prescindere da come e quando si formerà, dovrà necessariamente proseguire nel cammino europeista e portare avanti la filosofia delle moderate aperture sui migranti, tenendo presente il pungolo continuo che le formazioni populiste cercheranno di esercitare in senso contrario.

Un punto di forza di Merkel è costituito, in questa direzione, dalla spaccatura interna alla formazione della destra estrema, palesato, ad esempio, dall’atteggiamento di rottura dell’ex leader Petry con la nuova dirigenza.

Le trattative con le possibili forze alleate non saranno tuttavia facili per la Cdu, la quale non potrà avvalersi della collaborazione di un partito socialista ridotto ai minimi termini nel Bundestag, con soli 153 deputati su 709.

La forza della Merkel si riassume in due punti fondamentali: la credibilità personale e l’indipendenza che le deriva dall’essere un politico nella fase finale della propria carriera. Perciò forse questa situazione potrebbe diventare un volano per rilanciare l’idea di un’Europa diversa, meno attenta alla pura contabilità dirigista, meno pangermanica e più rispettosa di quelle componenti nazionali, ostentate come vessillo indipendentista dalle destre xenofobe: sovranità nazionali che invece dovrebbero essere portate all’interno di un progetto vero di rilancio dell’Unione.

Resteranno sul tappeto le relazioni della Germania con la Francia. Il presidente Emmanuel Macron, non a caso, si è subito complimentato con la vincitrice, immediatamente richiamando con un Tweet alla prosecuzione del progetto continentale.

Un dato importante, in conclusione, è la consistenza che l’estrema destra sembra avere, non soltanto in Francia ma anche nella stessa Germania. È chiaro che non si tratta più soltanto di uno sporadico effetto temporaneo del malcontento di popolo, ma di una consolidata visione alternativa e anti europeista di tipo internazionale che miete consensi stabili in tutti i Paesi.

Certamente la contrapposizione tra la Cdu e la destra non potrà non avere un’influenza anche in Italia, dove si lavora sempre, in vista delle elezioni siciliane, ma guardando alle nazionali del prossimo anno, per una ricostruzione del centrodestra.

Se la strada tedesca e francese è quella di un centro che si articola e definisce in funzione della sua opposizione alla destra, nel nostro Paese, oltre alla necessità di creare un’unione tra i moderati e le due destre, aleggia anche un terzo partito come il M5S di carattere assolutamente populista, senza apparentemente alcun legame con i movimenti reazionari tranne la retorica perpetua dei No assoluti.

Se cioè la mancanza di un partito cristiano, come c’è in Germania, rende più facile nel nostro paese, perlomeno in linea teorica, una convergenza programmatica tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, anche la stessa presenza di un forte partito populista anti ideologico, come i Grillini sembrano essere, finisce per dare al centrodestra unito un’ulteriore legittimazione politica.

La conseguenza più importante delle elezioni tedesche, in fin dei conti, è la fine della collaborazione politica tra Popolari e Socialisti, la quale, oltre ad aver danneggiato profondamente la sinistra, ha finito per essere la ragione vera della vittoria delle destre e della battuta d’arresto del centro.

L’insegnamento, insomma, è chiaro: centro e sinistra possono essere un’alternativa democratica alla destra estrema solo se sono innanzitutto alternativi tra loro.

Chi ha orecchie per intendere, intenda.

La Germania stretta tra continuità e populismo

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