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Il sondaggio sullo “Ius soli” pubblicato dal Corriere della Sera del 25 giugno è una doccia fredda a pochi giorni dal previsto ritorno in aula del provvedimento già approvato alla Camera nel settembre 2015. I dati dell’Ipsos indicano che oggi solo il 44 per cento degli italiani è d’accordo sulla concessione della cittadinanza italiana agli stranieri immigrati applicando quella legge mentre nel 2011 era il 71 per cento. Significa che i contrari sono raddoppiati: dal 27 al 54 per cento. Che cos’è successo negli ultimi sei anni? Tutto, è cambiato il mondo. La guerra in Libia e quella siro-irachena, le mille tensioni medio-orientali, i flussi migratori cresciuti in maniera esponenziale trasformando l’Italia in terra di frontiera, il terrorismo arrivato nel cuore dell’Europa. Che cosa c’entra questo con lo “ius soli” e con gli stranieri che vivono in Italia e che pagano le tasse? Purtroppo c’entra perché su temi come l’immigrazione e dintorni tutto si lega.

L’aver ripescato quel provvedimento dopo oltre un anno e mezzo e alla vigilia dei ballottaggi per le elezioni amministrative è stata una mossa improvvida del Pd nella speranza, mai negata, di ottenere qualche voto in più. Ora quindi è difficile dire se prevarrà la voglia dello scontro pur di arrivare all’approvazione o se, anche dopo quel sondaggio, si deciderà di stemperare il clima politico con un rinvio che forse significherebbe riparlarne nel prossimo Parlamento. Mentre è scontato che l’86 per cento degli elettori di Forza Italia e della Lega sia contrario, il sondaggio Ipsos indica nel 22 per cento i contrari tra gli elettori del Pd e nel 58 per cento tra quelli del M5s: nel primo caso significa che un quinto dell’elettorato democratico storce il muso, e non è poco; nel secondo si conferma l’anomalia dei Cinque stelle, una spaccatura che può comportare una perdita di voti per loro natura trasversali.

Quel sondaggio è una doccia fredda non solo per la politica, ma anche per chi deve gestire il fenomeno dell’immigrazione sui fronti dell’accoglienza e della sicurezza perché conferma che l’Italia si sta chiudendo a riccio e che, a fronte degli arrivi sempre più numerosi, non percepisce risultati concreti. Non c’è dubbio che scriverne è molto più facile che avere quelle responsabilità, eppure qualcosa di più si deve fare. Continua a essere poco comprensibile, per esempio, il passaggio del cosiddetto decreto Minniti sull’immigrazione che riguarda l’eventuale lavoro dei migranti che ritengono di avere diritto all’asilo: d’intesa con i Comuni, i prefetti devono promuovere “ogni iniziativa utile all’implementazione dell’impiego di richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali”. In sostanza, in attesa della concessione o meno dell’asilo pur con i tempi abbreviati previsti dalla stessa normativa, chi ne ha fatto richiesta può restare senza fare niente tutto il giorno perché il lavoro di aiuto ai Comuni (per esempio, pulire strade e giardini) può essere solo volontario. Non è comprensibile perché basterebbe leggere un paio di esemplari articoli del Corriere (questo e questo), già citati in passato da Formiche.net, per capire che l’italiano medio, anche il più democratico e animato dalle migliori intenzioni, si sta innervosendo.

L’altro aspetto riguarda direttamente la sicurezza legata all’immigrazione, tema esplosivo sul quale la prudenza delle forze dell’ordine è doverosa. La soluzione non è certo spazzare via con i blitz i mille luoghi di ritrovo o di accampamento improvvisato che si trovano dappertutto, ma forse va mandato un messaggio più forte ai clandestini e ai cittadini: più controlli, più arresti, più “bonifiche” d’intesa con le amministrazioni comunali che devono farsi carico di tante situazioni di difficoltà sociali. Aumentare la frequenza e l’incisività di questi controlli è essa stessa una scelta “politica” perché avrebbe conseguenze di vario tipo e quindi non può ricadere solo sulla figura del capo della Polizia. Ma qualcosa di più bisogna fare perché altrimenti il prossimo sondaggio racconterà un’Italia ancora più arrabbiata.

ballottaggi, MATTEO RENZI, Prometeia

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