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Avanti tutta verso la costituzione della capogruppo, senza ricapitalizzazione e con un orecchio agli scricchiolii delle popolari venete. Per Iccrea è tempo di bilanci dopo 15 mesi (la riforma del credito cooperativo è di aprile 2016) passati a tessere le fila del progetto alternativo e, forse, antagonista a quello di Cassa centrale (qui il focus di pochi giorni fa di Formiche.net). Ieri mattina il presidente Giulio Magagni e il direttore generale Leonardo Rubattu hanno incontrato la stampa a Roma per tirare un po’ di somme sul progetto che punta a creare il terzo gruppo bancario italiano per sportelli. Partendo da alcuni punti fermi.

NESSUNA RICAPITALIZZAZIONE

Pochi giorni fa era circolata la notizia di una possibile ricapitalizzazione del gruppo romano, corroborata da uno studio della Bocconi che aveva avanzato l’ipotesi di un aumento da 1,8 miliardi di euro. Scenario che Iccrea aveva respinto a stretto giro in una nota e che oggi il management, incalzato da Formiche.net, è tornato a smentire. “No, non ci sarà nessuna ricapitalizzazione, questo deve essere chiaro”, ha ribattuto Magagni. Anche Rubattu ha chiarito come “la pulizia in casa l’abbiamo fatta, in termini di interventi di efficientamento siamo assolutamente a posto”. Poi, una stilettata a Cassa centrale che invece l’aumento (da 700 milioni scarsi) l’ha dovuto fare. “La vera differenza tra noi e Trento è che Iccrea ha sempre avuto le carte in regola per sostenere un tale sforzo”, ha rivendicato Magagni.

TUTTE LE BCC CHE ANDRANNO CON ICCREA

Venendo ai numeri, ad oggi sono complessivamente 162 le Bcc aderenti a Iccrea (110 quelle che hanno scelto Trento) per un totale di 10,5 miliardi di euro in fondi propri (il 57% dei fondi del Credito Cooperativo) e 125,7 miliardi di euro di attivi (il 60% del totale del sistema). In termini di sportelli, si tratta di 2.593 sportelli, che costituiscono il 60% delle filiali Bcc presenti in Italia.

PIU’ NORD CHE SUD

Colpisce come il gruppo bancario romano-centrico, dotato di un patrimonio superiore agli 1,7 miliardi, (Ccb dovrebbe fermarsi a 1,1-1,2 miliardi, una volta collocato l’intero aumento), ha fatto colpo soprattutto al Nord. Dalle slide diffuse a margine della conferenza stampa, il 55% degli sportelli di Bcc aderenti a Iccrea è al Settentrione, mentre il 29% al Centro e solo un esiguo 16% al Sud Italia. Dunque, 58 banche al Nord, 50 al Centro e 54 al Meridione.

LA SORPRESA VENETO, LA DELUSIONE PUGLIA

Guardando alle singole regioni, per stessa ammissione del dg Rubattu, “c’è stata una grande sorpresa in Veneto (qui le anticipazioni di Formiche.net sulle Bcc venete che hanno scelto Iccrea, ndr) ma una certa delusione in Puglia, dove ci aspettavamo di più”. In effetti, a leggere i numeri nel feudo della Cassa, il Veneto, Iccrea si è aggiudicata 15 Bcc per un totale di 376 sportelli, il 68% del totale regionale, mentre tra Puglia e Basilicata gli sportelli conquistati sono stati 94, il 61%. Molto bene poi la Sicilia (133 sportelli, il 76% del totale regionale) il Lazio (241 sportelli, il 77% del totale regionale) e la Toscana (230 sportelli, il 76% del totale regionale), nonostante sia in ballo ancora Chiantibanca, una delle maggiori Bcc toscane, che non ha ancora fatto la sua scelta.

PRONTI PER IL 2018 (E NIENTE BORSA)

Poi c’è il discorso tempistica. Il management Iccrea ha assicurato di essere “pronto entro metà 2018“. Per quella data, il gruppo punta insomma a diventare operativo. Entro il quarto trimestre di quest’anno poi, Iccrea dovrà spedire a Bankitalia e Bce l’intero planning, al fine di valutarne attentamente la sostenibilità e rilasciare l’autorizzazione a procedere, che in ogni caso dovrà pervenire entro il 30 aprile 2018. Ma l’esame di Francoforte, non preoccupa. Le Bcc che aderiscono al progetto di Iccrea  hanno “fondi propri e patrimonializzazione alta e confortevole, e quindi siamo tranquilli sull’Aqr (asset quality review, ndr) della Bce”, ha precisato il dg. Rubattu ha poi aggiunto che “la spa può andare a cercare capitali sul mercato, come previsto dalla legge, ma non ne avrà bisogno. Come non avrà necessità di quotarsi in Borsa per finanziarsi”. Lo stesso dg ha poi rivelato come nel primo trimestre 2017 Iccrea abbia raggiunto un utile netto di 11 milioni.

REBUS AZIONI? 

C’è poi un’altra questione, passata un po’ in sordina. Molte Bcc aderenti a Cassa centrale hanno in pancia azioni Iccrea (il 22,7% del capitale). Che succede se qualche banca le rivuole indietro? Rubattu ha chiarito subito due punti. “Punto primo, ad oggi non ci è pervenuta nessuna richiesta di recesso”. Ma non basta perché il rischio è dietro l’angolo. “Eventuali smobilizzi di quote di capitale dovrebbe necessariamente ottenere il benestare del consiglio di amministrazione. E poi tali quote di capitale sono investite in attività della banca”, dunque, nessun buy-back (riacquisto di azioni altrui) e nessun diritto di recesso ai soci “proprio per non creare  scompiglio nell’azionariato”. Conclusione: “Quel capitale è li’ e ci  resta”.

QUELLE SIRENE VENETE

Capitolo conclusivo e fuori dalla questione Bcc. Le banche venete, ovvero Popolare di Vicenza e Veneto Banca, i cui destini sono ancora tutti da scrivere. Iccrea vuole crescere in quella regione, e un eventuale crack dei due istituti potrebbe scombussolare i piani  Magagni ha ammesso di essere stato avvicinato dal Tesoro per valutare l’interesse al salvataggio. Ma da qui a partecipare, la strada è lunga. “Per ora solo un’interlocuzione. Se ci chiamano  ascolteremo, non costa nulla”. Il direttore generale Rubattu aggiunge: “siamo molto sensibili all’evoluzione delle  popolari venete che hanno la nostra stessa vocazione. Siamo  aperti a valutarla quando ci sarà chiarezza sulle  condizioni”. Un nì.

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