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Oggi 17 giugno Papa Francesco riceve in udienza privata, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il cancelliere tedesco Angela Merkel. È il quarto colloquio ufficiale, il sesto complessivamente. In passato altri incontri tra i due leader sono avvenuti, in successione: il 19 marzo 2013, subito dopo l’insediamento di Bergoglio; il 18 maggio 2014, in un lungo scambio di idee che anticipava la campagna elettorale della Merkel; il 21 febbraio 2105, giusto prima del G7 di Elmau, in Baviera; il 6 maggio 2016, data del conferimento a Bergoglio del premio Carlo Magno; e infine lo scorso 24 marzo, in occasione della celebrazione dei trattati di Roma, assieme a tutti gli altri leader europei.

I TEMI CONDIVISI IN PASSATO E QUELLI IN AGENDA
Nel primo colloquio del 2013 tra gli argomenti affrontati si inserivano l’Europa, la tutela dei diritti umani, la libertà religiosa, la persecuzione dei cristiani e la pace. Nell’incontro del 2015 si è invece parlato di povertà e di salute, toccando il tema della distribuzione di vaccini in Paesi in via di sviluppo. E poi diritti delle donne, ambiente, sfruttamento umano e infine l’allora delicata questione ucraina. In quest’ultima occasione invece l’incombenza principale è rappresentata dalle elezioni tedesche che si terranno in autunno, a cui Merkel si ricandiderà dopo il rafforzamento della tornata regionale di inizio maggio, puntando a una riconferma che ne rappresenterebbe il quarto mandato.

Ma alla luce del G7 di Taormina c’è un altro tema che sta emergendo con sempre più chiarezza, oltre alle questioni dell’ambiente e ai dissidi personali di Merkel con il presidente americano Donald Trump (dissapori condivisi da Bergoglio, a cui Trump assicurò in Vaticano di tenere in grande considerazione i temi ambientali, smentendosi nel giro di pochi giorni), che è quello del cosiddetto Piano Merkel per l’Africa. Tematica senza dubbio molto cara a Papa Francesco.

IL PIANO MERKEL PER L’AFRICA E LA SPONDA DI BERGOGLIO
Centrale per la leadership globale dell’Europa, e per quella europea della cancelliera, il Piano Merkel è il nome attribuito dal ministro tedesco per la cooperazione Gerd Müller a quello che altri giornalisti chiamano il “Piano Marshall per l’Africa”. Nome in realtà utilizzato per la prima volta dai presidenti della Costa d’Avorio Alassane Ouattara e del Niger Mahamadou Issoufou durante la conferenza sull’Africa organizzata a Berlino nel quadro della presidenza tedesca del G20, e che ha seguito l’incontro della cancelliera con i leader di 7 paesi africani.

E che consisterebbe in “una collaborazione più stretta tra le istituzioni presenti in Africa come il Fmi o la Banca mondiale” per “disegnare le riforme che creino un ambiente più favorevole agli investimenti”, secondo quanto riporta Repubblica. Un “boom dell’energia pulita” e di “sole e vento a buon mercato per far decollare il continente” africano, e che trova in Gentiloni “piena sintonia”. Si parla di un piano di investimenti di 40 miliardi, il cosiddetto External Investment Plan, che si andrebbe ad aggiungere ai vari fondi stanziati fino ad ora, dal Migration Compact al Fondo fiduciario d’emergenza di La Valletta, e il cui annuncio si attende per luglio, come segnalato dal viceministro degli esteri Mario Giro in un’intervista a Repubblica tv.

I PUNTI IN COMUNE TRA LA CANCELLIERA E PAPA FRANCESCO
Su questo tema la sponda di Bergoglio risulta, con ogni evidenza, fondamentale. Considerando per di più che in Messico fu addirittura la Merkel ad anticipare il papa sulla tematica migranti, quando nel 2015 disse che “tirare su pareti non risolverà il problema”, e dove Bergoglio un anno dopo recitò la più nota espressione “un politico che alza muri non è cristiano”.

Altro segno distintivo comune tra i due leader, un punto di partenza messo in luce dalla cancelliera tedesca dopo l’incontro del 2014 con il Papa, fu la condivisione dell’esperienza della dittatura, con la Merkel cresciuta nella Germania dell’est e Bergoglio trentenne nel regime militare peronista. È poi vero che Angela è figlia di un pastore luterano e che fu introdotta nella scena politica da Helmut Kohl (di ieri la notizia della sua morte) nel ’90 per riequilibrare un’amministrazione dominata dai cattolici, ma sono altrettanto note le posizioni di benevolenza di Francesco verso la figura di Lutero e a favore del dialogo con i luterani, testimoniate con le prese di posizione e con il viaggio apostolico a Lund. “Ecumenismo d’azione”, ricorda il vaticanista John Allen su Crux.

GLI INTERLOCUTORI DEL PAPA E IL CLIMA GEOPOLITICO INTERNAZIONALE 
Mentre infatti tra Giovanni Paolo II e Ronald Reagan la lotta da condividere riguardava la cortina di ferro, commenta Allen, per una serie di motivi analoghi è difficile che Francesco, il “papa della pace”, veda nel presidente russo Vladimir Putin il suo personale alleato. Né tantomeno, è questo è quantomeno desumibile dalle cronache che partono dalla campagna elettorale americana, in Donald Trump. E di conseguenza neppure con la cinese Xi Jinping, separati se non altro da un “gap culturale”. Quindi è inevitabile l’assonanza di Papa Francesco con chi, spiega Allen, viene descritto “il nuovo leader del mondo libero”, ovvero Angela Merkel.

Anche perché mai come in questo momento “è sembrato essere in gioco l’ordine futuro dell’Europa e del resto del mondo”, e ancor meno la responsabilità ricoperta in quest’ambito della Germania. Consegnata deliberatamente da Trump in conseguenza del suo slogan America First e della sua sottrazione in materia di ambiente. Senza pensare poi alla “paralisi politica” inglese della post-Brexit, e alla luce “dell’amorevole abbraccio” della cancelliera con Emmanuel Macron, in direzione di un asse franco-tedesco a cui “i mercati sembrerebbero suggerire l’idea di essere pronti a scommettere”, analizza ancora il vaticanista Allen. Aggiungendo infine a tutto questo i viaggi “di successo” del Papa in America Latina, “il cui sottotesto è che dopo l’infelicità causata dalle mosse degli Stati Uniti i latinoamericani non sono rimasti senza opzioni, sia sul fronte politico che in quello economico”

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