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LA PRIMA IPOTESI

La prima è quella che implica per le due venete una soluzione di sistema. In parole povere, quegli 1,25 miliardi di capitali privati occorrenti perché possa scattare il salvataggio con denaro pubblico (previa conversione delle obbligazioni subordinate in azioni), sarebbero messi dalle altre banche, e quindi in primis da Intesa Sanpaolo e Unicredit e a seguire dagli istituti più piccoli. Qui però sorgono le prime difficoltà. In primo luogo perché le due maggiori banche italiane, e soprattutto Unicredit, oggi guidata dal francese Jean Pierre Mustier, hanno domandato alcune condizioni per cacciare il grano. Tra queste, che l’intervento sia risolutivo e che cioè tra un anno non si sia punto e a capo (da ricordare che l’anno scorso le due venete sono state ricapitalizzate per 2,5 miliardi in totali, sborsati dal fondo Atlante, ora azionista quasi totalitario di entrambe).

ADESIONI E DEFEZIONI

In seconda battuta, poche banche avrebbero mostrato interesse a intervenire in favore delle venete. Per esempio, il 12 giugno, Giuseppe Castagna, numero uno di Banco Bpm, si è chiamato fuori affermando: “In questo momento stiamo risolvendo i compiti a casa nostra. Francamente non ne so niente, non ci hanno mai convocati”. Anche Ubi e Mps, impegnate rispettivamente nell’aumento di capitale e nella ricapitalizzazione precauzionale, avrebbero accolto la proposta del governo con freddezza. Al contrario, sarebbero apparse favorevoli a un intervento di sistema Banca Mediolanum, Unipol Banca e Poste Italiane.

LA SECONDA POSSIBILITA’

Dal momento che la soluzione di sistema non sembra facilmente praticabile, si sta facendo strada un’altra ipotesi, anticipata da Business Insider Italia e rilanciata dal Corriere del Veneto: che per le due banche venete intervenga la sola Intesa Sanpaolo. Come contropartita, il governo Gentiloni offrirebbe un irrobustimento del fondo esuberi bancario. Non è ancora chiaro, tuttavia, se l’intervento di Intesa sia propedeutico a quello statale, nella cornice della ricapitalizzazione precauzionale, o se invece possa avvenire tramite una vera e propria acquisizione, in scia a quanto di recente accaduto in Spagna con il Santander che ha rilevato il Banco Popular.

IL PROVVEDIMENTO

Nel frattempo, in attesa che il quadro sulle venete si faccia più chiaro, il Consiglio dei ministri di venerdì sera ha varato un decreto d’urgenza per congelare per sei mesi il pagamento dell’obbligazione subordinata di Veneto Banca da 150 milioni nominali, di cui 85 ancora in circolazione, in scadenza mercoledì. Il rimborso sarebbe suonato un po’ come una contraddizione nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale, che presuppone la conversione dei bond subordinati in azioni (burden sharing). Il decreto solleva i consigli di amministrazione delle banche dai rischi legali per non aver messo i creditori tutti sullo stesso piano.

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