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Dopo il Libro Bianco della Commissione Juncker sull’Europa, un Libro Bianco talmente bianco che deve essere stato utilizzato per testare il funzionamento di qualche nuovo additivo chimico sbiancante (davvero moto efficace, complimenti), finalmente abbiamo un altro prodotto dello sforzo intellettuale di questi ultimi tempi per salvare l’Europa dal rischio di disgregazione verso cui sta precipitando.

Qualcuno deve aver segnalato al M5S che la battaglia politica nei prossimi mesi si giocherà (anche) sull’Unione Europea: su quali idee si hanno di Europa, su come si intendono imbastire i rapporti con i partner europei, su quale concezione dell’integrazione europea s’intenda portare avanti.

Perché i cittadini sono si stufi di questa Europa intergovernativa e incapace di agire; ma non sono affatto contro l’integrazione europea. Molti di essi, come hanno dimostrato le manifestazioni di piazza del 25 marzo, vorrebbero semplicemente che l’Europa fosse in grado di fornire delle risposte. E quindi sono sempre meno favorevoli a slogan che indicano semplicisticamente nell’uscita dall’euro la fine di tutte le sciagure. Il M5S l’ha capito. Tanto che ultimamente, su questo argomento, i toni si sono fatti più sfumati. Ma siccome una gran parte del proprio elettorato ragiona con la pancia, o con la testa di qualcun altro, i rigurgiti nazional-sovranisti, una volta instillati, risultano duri a morire.

E che s’inventano allora i geni della politica a cinque stelle? Scrivono quello che è stato pomposamente e indebitamente definito Libro a 5 Stelle dei Cittadini per l’Europa (Link). In realtà, un documento di 5 (cinque, esatto; d’altronde… è un numero magico) pagine di testo!

Vabbè: quello che conta sono i contenuti. Giusto; ma qui il problema diventa ancora più serio, perché i contenuti sono al limite della farsa. Qualche esempio: “Il mercato unico non viene smantellato, ma riformato, tenendo conto delle esigenze dei cittadini.” Ma che significa? O il mercato unico viene tutelato, garantendo l’accesso di tutti i cittadini (europei) a tutti i prodotti, senza distorsioni tariffarie o di altra natura (questo significa “mercato unico”), oppure di fatto intendiamo smantellarlo.

“Vogliamo regole e controlli chiari che tengano in considerazione le esigenze locali e che vedano un’applicazione attenta, così da evitare la creazione di sacche di concorrenza sleale.” Quale sarebbe la “concorrenza sleale”? Il fatto che in Romania producano uno stesso bene italiano ma a costi inferiori? Sarebbe questa la concorrenza sleale? E quali sarebbero le “esigenze locali”? Si mettono dazi all’importazione di biancheria intima bulgara perchè altrimenti a Prato non riescono più a vendere nemmeno una mutanda?

“Ogni decisione di politica commerciale, lesiva degli interessi delle piccole e medie imprese, dev’essere abbandonata: bisogna intervenire per salvaguardare le eccellenze del Made-In dagli effetti negativi derivanti dall’importazione”. Bene. Quindi rialziamo dazi e tariffe per difendere le nostre produzioni? Alla faccia della difesa del mercato unico! E poi, ci possiamo anche difendere dagli “effetti negativi delle importazioni” ma se all’estero qualcuno se ne accorge, è probabile che ci farà scontare anche gli “effetti positivi delle importazioni”, alle quali il nostro sistema produttivo è strettamente legato, visto che siamo un’economia di trasformazione.

E queste affermazioni stanno solo nella prima parte della prima pagina!

Più interessante, va detto, sono le poche righe sull’Unione Economica e Monetaria. Nella quale, al di là di qualche affermazione discutibile, traspaiono anche molte idee sensate (addirittura!). Ad esempio, indicare obiettivi non solo monetari ma anche relativi alla “lotta alla disoccupazione, alla povertà, alle diseguaglianze”; definire “meccanismi di governance economica realmente sostenibili e solidali, in grado di dare un vero sostegno ai cittadini”. Ottime anche le indicazioni contro la concorrenza fiscale in Europa, che altera la concorrenza. Qualche sciocchezza la troviamo di nuovo sull’unione bancaria, ma tutto sommato tollerabile.

Bene anche (a tratti) i paragrafetti sulla politica dell’immigrazione e sulla politica estera e di sicurezza: “L’esercito europeo dovrebbe essere finalizzato a razionalizzare la spesa per la difesa, eliminando sprechi e doppioni per reinvestire i risparmi nel sociale, rifiutando la logica della corsa agli armamenti.” Salvo poi invocare come unica missione quella di peacekeeping… e si sa bene che il peacekeeping è possibile solo se sei militarmente credibile e pronto ad utilizzare la forza delle armi. Ma vabbè… lasciamo qualche illusione ai pacifisti.

Purtroppo, la vera caida l’abbiamo nelle ultime dieci righe del “libro”, quelle in cui si chiede la “riduzione sostanziale del budget europeo”! Questo, ovviamente, nonostante si invochi, nel frattempo: “Una larga fetta del budget europeo dovrà essere dedicato alla questione sociale [ottimo!], ad esempio proponendo un reddito di cittadinanza europeo”… E qui è difficile non scoppiare a ridere…

Come sia possibile conciliare la riduzione del bilancio UE con l’attivazione di un reddito di cittadinanza lo sanno solo Grillo & Co. E se lo dicessero pure a noi comuni mortali, come finanziare con meno del 1% del Pil europeo (l’attuale bilancio UE, da “ridurre sostanzialmente”, però) un reddito di cittadinanza che non assomigli ad una presa per i fondelli per i cittadini europei, sarebbe carino. Perchè anche impiegando tutto il bialncio UE (ma va ridotto, ricordate?) per il reddito di cittadinanza, otteniamo, a spanne, un reddito annuo di meno di 300€ a cittadino, ossia la sostanziosa cifra di (quasi) 25€ al mese!

Insomma, tanto per cambiare, il M5S non ce la fa proprio ad abbandonare un atteggiamento populista, nella speranza di raccattare consensi tra chi non ha tempo e voglia di mettere in moto la testa su cosa effettivamente significhino le affermazioni di Grillo & Co.

E pensare che non si riesce a trovare uno straccio di partito da poter votare, anche solo per protesta verso il fallimento plateale dei partiti tradizionali e che ci sarebbe uno spazio politico enorme da occupare, se solo si avesse la capacità e la voglia di fare proposte serie. Sembra quasi che la classe politica di questo paese si sia messa tutta d’accordo per lasciare il cittadino-elettore di fronte ad alternative tutte ugualmente impossibili. E quindi, in ultima analisi, a costringerlo ad andare al mare, o in montagna, o al lago; ovunque piuttosto che recarsi alle urne per fare il proprio inutile dovere civico, lasciando che la casta (politicamente comprendente l’intero arco parlamentare) gestisca indisturbata il potere.

Mala tempora currunt.

Mala tempora currunt

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