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Mentre Donald Trump firma le nuove sanzioni contro Mosca varate dal Congresso ma non commenta in nessun modo, neanche via Twitter, il cambio di postura degli Usa verso Mosca, ci pensa il suo vice Mike Pence ad alzare i toni contro il Cremlino. In visita questa settimana nell’Europa orientale, con tappe in Estonia, Georgia e Montenegro, Pence ha scelto il registro della solidarietà transatlantica per ribadire che gli Stati Uniti sono in prima linea contro l’aggressività russa e che onoreranno gli impegni Nato in difesa degli alleati europei.

In Estonia, alla presenza dei leader estone, lettone e lituano, Pence ha sottolineato che l’America si sente vincolata all’articolo 5 del Trattato dell’Alleanza Atlantica, la famosa clausola secondo cui un attacco a un membro Nato è considerato come un atto di guerra contro tutti i contraenti del Patto. E non nasconde che il destinatario del messaggio è la Russia di Vladimir Putin, la cui interferenza nel conflitto in Ucraina è esplicitamente additata da Pence come esempio lampante dell’inaffidabilità del Cremlino e della minaccia che la Russia pone all’ordine mondiale, con particolare riguardo ai membri orientali della Nato come i tre piccoli paesi baltici. A conferma della natura del problema denunciato da Pence, due caccia russi si sono avvicinati pericolosamente allo spazio aereo estone, costringendo due F-18 spagnoli della Nato e altrettanti velivoli della Finlandia a decollare rapidamente e a ostacolare la minacciosa manovra.

In Georgia, Pence ha condannato la Russia per la guerra lampo del 2008 contro Tbilisi, cui è seguita un’occupazione permanente delle due regioni separatiste di Abkhazia e Ossezia del sud. Ha quindi elogiato la Georgia per il suo coraggio dinanzi alla sfida, esplicitando il parere favorevole degli Stati Uniti a un’ingresso del paese nella Nato. Pence ha quindi compiuto una visita ai soldati impegnati in un’esercitazione congiunta americana e georgiana, a sottolineare icasticamente l’appartenenza della Georgia all’orbita occidentale.

Non meno significativa è stata la successiva tappa di Pence in Montenegro, fresco di ingresso nella Nato. Qui il numero 2 degli Usa ha incontrato, oltre al capo di Stato della piccola repubblica adriatica, i leader delle nazioni dei Balcani occidentali: il primo ministro albanese, il presidente del consiglio dei ministri di Bosnia ed Erzegovina, il primo ministro croato, il presidente del Kosovo, il primo ministro macedone e colleghi di Slovenia e Serbia. A tutti ha riservato parole di encomio per gli sforzi fatti per contrastare le ingerenze russe e ha evidenziato come il destino di tutti i loro paesi sia in Europa – ergo, nella comunità transatlantica.

Un’offensiva a tutto campo dunque, quella di Pence, che lancia un segnale di fermezza da parte degli Stati Uniti nei confronti di un paese, la Russia, che – alla luce dei suoi comportamenti – non può che essere collocato nella categoria dei nemici strategici. È un messaggio, quello del vicepresidente, che serve a bilanciare le esitazioni di Trump circa il rapporto da nutrire con Mosca, che in campagna elettorale il tycoon aveva indicato come possibile partner in una vasta serie di dossier. Le mosse di Pence non serviranno a placare la stampa americana, che non vuole mollare il succoso osso del Russiagate, ma offrono senz’altro rassicurazioni a una serie di paesi che si sentono minacciati direttamente da Mosca e guardano con speranza al sostegno degli Usa.

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