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Se siano una delizia non è noto. Di sicuro sono una croce. Le banche, o meglio il rapporto con alcune di loro, hanno segnato in maniera inequivocabile il percorso di Maria Elena Boschi a Palazzo Chigi, prima in veste di ministra delle Riforme ora in quella di sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio. A suggellare anni di polemiche, di accuse incrociate e di interviste al vetriolo – senza dimenticare la mozione di sfiducia individuale nel 2015 – ci ha pensato Ferruccio de Bortoli con il suo “Poteri forti (o quasi)”. L’ex direttore del Corriere della sera rivela che “l’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”. Neppure 70 parole che hanno scatenato un putiferio.

L’AMMISSIONE DI RENZI

Se in un primo momento però è passata la linea della smentita, o comunque si è tentato di gettare acqua sul fuoco, ci ha pensato Matteo Renzi a sparigliare con alcuni passaggi della sua ultima fatica letteraria “Avanti”. Il segretario Pd ha bollato le rivelazioni di de Bortoli come un “presunto scoop”. “Ma il dossier popolari, il dossier Etruria, erano sotto gli occhi di tutti: non c’era certo bisogno che lo dicessero Ghizzoni o Boschi. Eppure de Bortoli, in passato prudente su molte operazioni bancarie dei primi anni duemila, decide che l’incontro tra un ministro e l’ad di una delle principali banche del Paese, peraltro molto esposta sull’aumento di capitale di Vicenza (che Bankitalia aveva designato a salvatrice), sia la notizia intorno alla quale lanciare il proprio libro”. E ancora: “Chiedere a Ghizzoni di studiare il dossier Banca Etruria sarebbe stato come minimo ridondante visto che era un dossier che stavano studiando tutti”. Secondo Il Fatto quotidiano, un’uscita del genere da parte dell’ex presidente del Consiglio servirebbe a preparare il terreno in vista di una conferma dell’accaduto da parte di Ghizzoni davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche, che si dovrebbe insediare a settembre, o anche prima visto che i senatori di Idea Gaetano Quagliariello e Andrea Augello hanno chiesto che l’ex ad di Unicredit venga audito urgentemente in commissione Finanze al Senato.

BOSCHI E L’EMENDAMENTO CHE SALVA GLI AD DELLE VENETE

Peraltro, pare che l’interesse di Boschi per le banche non cessi. Secondo una ricostruzione di Repubblica, sembra infatti che la sottosegretaria abbia bloccato un emendamento al decreto che ha salvato Popolare di Vicenza e Veneto Banca, con l’acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo. Nella proposta di modifica si prevedeva un patto di manleva che salvaguardasse gli amministratori delle due banche – “salvo dolo o colpa grave” – per le delibere tra il 17 febbraio 2017, quando gli istituti chiesero accesso alla “ricapitalizzazione precauzionale” di Stato, e il 23 giugno, data della liquidazione coatta. L’ex ministra delle Riforme avrebbe agito così perché timorosa che la manleva potesse essere strumentalizzata, che potesse essere vista come un favore ai banchieri, durante la prossima campagna elettorale.

LA RICOSTRUZIONE DI “REPUBBLICA”

Tornando alle rivelazioni di de Bortoli, secondo un retroscena di Goffredo De Marchis di Repubblica le parole dell’ex direttore del Corriere della Sera hanno provocato più di una fibrillazione dalle parti di Palazzo Chigi che, pur facendo quadrato intorno a Boschi, la considera “a rischio”. Anche perché l’ex ministra ha sì sempre reagito alle accuse di un conflitto d’interessi tanto che a fine 2015 – rispondendo alla mozione di sfiducia individuale – ha garantito di non essersi mai occupata di banche ma di fatto non è proprio andata così. “La riforma delle popolari, i decreti, l’intervento sul credito cooperativo, il salvabanche – scrive ‘La Repubblica’ -. ‘La Boschi c’era quando si parlava di questa materia? Ma certo che c’era – ricorda Bruno Tabacci che partecipava ai vertici maggioranza-governo -. Come ministro dei Rapporti con il Parlamento, partecipava a tutte le riunioni’”. Peraltro, prosegue il quotidiano diretto da Mario Calabresi, “l’accusa di de Bortoli segna un salto di qualità. Per questo, accanto al pieno sostegno, condiviso da Renzi, i dubbi di Palazzo Chigi non mancano”. Senza contare che “se il problema c’è, non coinvolge solo la sottosegretaria. Investe il governo. E Renzi, ovviamente, perché la Boschi è uno dei simboli della rottamazione. Per tre anni è stata la vera numero due dell’esecutivo. Confermata, in ruolo chiave, anche da Gentiloni”.

IL SUMMIT A CASA BOSCHI

Del resto, che Boschi potesse essere “toccata” dalle questioni paterne lo dimostra il summit nella villa del padre a Laterina, in provincia di Arezzo, di cui dà conto Il Fatto quotidiano. Un sabato di marzo del 2014 si incontrano in casa di Pier Luigi Boschi, consigliere di amministrazione di Banca Etruria, Flavio Trina, presidente di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, amministratore delegato, e Giuseppe Fornasari, presidente di Banca Etruria. Fornasari e Trinca, ex deputati democristiani, non intendono partecipare a una rimpatriata scudocrociata bensì parlare con Maria Elena “che da pochi giorni è entrata nel nuovo governo Renzi come ministro delle Riforme, coronando la scalata al potere condotta accanto al suo leader. I tre visitatori vanno speranzosi, guardando alla giovane ministra come alla protettrice dei banchieri disperati. Lei ascolta, loro le spiegano le amarezze che li accomunano”. Amarezze che portano in quella dritta e ampia strada romana che si chiama Via Nazionale e dove ha sede la Banca d’Italia. La Vigilanza di Palazzo Koch da alcuni mesi ha infatti acceso un faro sia su Etruria sia su Veneto Banca. “Le vostre banche sono scassate assai, dovete al più presto trovarvi un ‘partner di elevato standing’, cioè una banca più grande e più sana che vi assorba e vi salvi. Identico il sottotesto, esplicitato a quattr’occhi dal severo capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo: consegnatevi alla Popolare di Vicenza di Gianni Zonin” il messaggio chiaro e conciso della Banca nazionale come riportato dal “Fatto”. I due istituti di credito però non vogliono, sia perché sono entrambe Popolari il che vuol dire convincere circa 150 mila soci a “consegnarsi senza condizioni al rivale Zonin” sia perché Trinca e Fornasari ritengono che Popolare Vicenza “sia messa peggio delle loro”. “La missione di cui il padre – organizzando l’incontro – la invita di fatto a farsi carico è di mettere a disposizione di Etruria e di Veneto Banca ‘lo spirto guerrier’ del nuovo governo per rintuzzare l’aggressività di Palazzo Koch”. Quello che poi è accaduto è noto: “Etruria sarà la più maltrattata da Bankitalia nei mesi turbolenti delle crisi bancarie. Visco subisce il no a Zonin e va in pressing sugli aretini perché si trovino un compratore” che però non verrà trovato. Il 9 febbraio 2015 il governatore Ignazio Visco firma il commissariamento di Etruria.

LA NOTIZIA DI DE PAOLINI

Sulla controversa questione si registra anche l’intervento di Osvaldo De Paolini che getta acqua sul fuoco. Scrive sul “Messaggero”: “Naturalmente nessuno ipotizza pressioni, tanto che la valutazione avviata dai collaboratori di Ghizzoni sui numeri della vecchia Banca Etruria si concluse di lì a poche settimane con un nulla di fatto. In altre parole, valutato che non vi erano le condizioni, Ghizzoni comunicò alla Boschi l’impossibilità per Unicredit di fare una qualunque proposta. Dunque, anche accusare maliziosamente di tentativo di moral suasion appare del tutto improprio”.

BOSCHI E LE BANCHE POPOLARI

Nei suoi anni al governo, la strada di Maria Elena Boschi si è incrociata anche con quella della riforma delle Banche Popolari. Come ha ricordato Formiche.net a marzo scorso – quando era in corso la battaglia per le primarie Pd – già a novembre 2016 la nostra testata “ha raccontato di un emendamento sulle popolari saltato improvvisamente. In Parlamento maggioranza e opposizioni avevano raggiunto un accordo per inserire alcune modifiche al decreto fiscale riguardanti le banche. Nello specifico, sarebbe passata la norma sul fondo di risoluzione per il salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara – che consentiva di ‘spalmare’ su più anni il conguaglio finale per il salvataggio delle quattro banche – e in cambio si sarebbe tornati indietro sulla soglia degli attivi delle popolari, riportandola a quota 30 miliardi. Ma dopo conciliaboli e riunioni tecniche fra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, esponenti del ministero dei Rapporti con il Parlamento allora retto da Maria Elena Boschi, uomini del Tesoro e delle commissioni parlamentari competenti l’intesa è saltata”. Sulla questione degli attivi delle popolari a 8 miliardi c’è sempre stata una forte opposizione del collega di partito Francesco Boccia, secondo il quale la novità ha penalizzato la Popolare di Bari. Il presidente della commissione Finanze della Camera da tempo nutre il dubbio che la riforma delle popolari sia stata scritta a Palazzo Chigi” e nell’intervista a Formiche.net di marzo aveva puntualizzato: “Non c’era e non c’è mai stato un problema Popolare di Bari, che aveva i suoi 77 mila azionisti come principali controllori. Semplicemente l’istituto pugliese doveva digerire l’acquisizione di Tercas in più anni. Acquisizione che, grazie alla riforma voluta da Renzi, è diventata un’indigestione”. Proprio in quei giorni peraltro la riforma delle Popolari aveva innescato un botta e risposta fra Renzi e Boccia e un commento critico dell’allora candidato alla guida del Nazareno e governatore pugliese Michele Emiliano. “Non vedo l’ora che parta questa commissione d’inchiesta sulle banche. Per mesi è sembrato che il problema fosse solo di due-tre banchette toscane (abbastanza chiaro il riferimento a Banca Etruria, ndr). Ma quanto sarà affascinante e appassionante poter discutere delle banche pugliesi, della Banca Popolare di Bari, della 121” aveva detto l’ex presidente del Consiglio durante la direzione Pd. “Indipendentemente dalla simpatia o meno che ha Renzi verso i management di alcune popolari rispetto ad altre, tutte oggi si trovano in queste condizioni a causa del suo decreto sulla cosiddetta riforma delle popolari” aveva replicato Boccia ospite della trasmissione “Omnibus” su La7. Infine, una notazione senza tanti fronzoli da parte di Emiliano: “Trovo strano che Renzi si accanisca sulla Popolare di Bari, l’unica banca di livello rimasta nella Regione”.

Popolare Vicenza, Unicredit, Banca Etruria e non solo, come si è mossa Maria Elena Boschi?

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