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Dismissioni, esuberi, ricapitalizzazione e recupero di clienti che hanno abbandonato le banche venete. Non mancano toste tappe per Popolare di Vicenza e Veneto Banca che ieri comunque hanno centrato un obiettivo da tempo inseguito: mandare in porto l’operazione di rimborso dei vecchi soci per evitare cause legali che potevano mettere a rischio l’esistenza stessa degli istituti di crediti. Ecco cosa è successo e quali sono i prossimi passi da affrontare da parte dei due istituti di crediti, che attendono con una certa impazienza che il Tesoro si adoperi a Bruxelles per difendere attese e interessi delle due banche (che dal ministero dell’Economia si aspettavano peraltro una maggiore vicinanza sull’operazione rimborso con appelli-dichiarazioni per i risparmiatori che non sono arrivati, hanno borbottato ai vertici dei due istituti, secondo le indiscrezioni di Formiche.net).

OPERAZIONE RIMBORSO

Fabrizio Viola, Cristiano Carrus, Gianni Mion, Massimo Lanza — rispettivamente amministratori delegati e presidenti di Popolare di Vicenza e Veneto Banca — ringraziano i 120 mila soci che hanno accettato un rimborso del 15% su quanto investito — e perso — nelle due banche, scrive oggi il Corriere della Sera. Rispettivamente sono 54 mila soci di Veneto Banca, pari al 67,6% del capitale, cui entro il 19 aprile vanno 248,5 milioni, e 66.770 soci della Popolare di Vicenza, pari al 68,7% del capitale, che avranno 192,8 milioni. “È anche grazie al loro gesto di fiducia che i due istituti hanno potuto fare il primo passo per accedere agli aiuti di Stato. Ma non è ancora finita”, scrive Fabrizio Massaro del Corsera.

LE PAROLE DI VIOLA

Ma le tensioni non sono finite. Saranno necessari “sacrifici” — ha sottolineato Viola — anche da parte degli undicimila bancari dei due istituti, destinati alla fusione come unica via per sopravvivere. Il fabbisogno stimato dalla Bce è di 6,4 miliardi di euro. Ma il via libera da parte della commissione di Bruxelles alla “ricapitalizzazione precauzionale” non è scontato. Il tema della “accessibilità” è ancora aperto: “È come un esame orale”, ci vorranno settimane di trattative, anche se “vedo le autorità impegnate a trovare soluzioni”, ha detto Viola, già alla testa di Mps, da dove è stato silurato per opera del governo.

IL NODO ESUBERI

Quali sono le soluzioni alle quali ha accennato il capo azienda? Una buona parte di queste soluzioni verteranno sui risparmi di costi. Viola non è entrato nei numeri — si parla anche di 4 mila esuberi, comprese le dismissioni, scrive il Corriere della Sera — ma ha sottolineato che “il cost/income è pari al 100%: ridurre in modo significativo i costi è un obbligo morale. L’obiettivo è di non fare macelleria sociale ma di usare tutti gli strumenti a disposizione anche dal governo per non avere ricadute sul territorio”, ha detto. “Nessuno vuole mandare a casa la gente ma dobbiamo essere consapevoli che la situazione è molto molto molto grave”.

LE PREOCCUPAZIONI

Il business delle due banche, si legge sul Sole 24 Ore, “mostra segni di cedimento strutturale imponente”. A spiegarlo è Fabio Pavesi, il quale evidenzia che “l’operatività fa acqua da tutte le parti” e “il dato più eclatante è la caduta rovinosa dei ricavi nel 2016”. A questo si aggiungono i costi operativi fuori controllo, che per Vicenza secondo i dati riportati dal quotidiano finanziario equivalgono al 95% del totale dei ricavi, mentre per Veneto Banca valgono addirittura il 120% di essi.

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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ecco i prossimi ostacoli di Viola dopo l'operazione-rimborso

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