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Disinformazione, fake news e manipolazione digitale. Sono queste le nuove minacce alla stabilità sociale e politica dei nostri giorni. Attività di propaganda e diffusione di informazioni false sono sempre esistite, ma oggi il digitale dà a queste strategie una forza d’azione senza precedenti. Se n’è parlato molto durante le presidenziali negli Stati Uniti, con la Russia scesa in campo per favorire il candidato repubblicano. Se ne sta parlando in questi giorni per il timore che anche la Francia possa trovarsi nella stessa situazione. E ieri in un articolo del Guardian si parlava di un attacco hacker russo contro Paolo Gentiloni e la Farnesina.

Due giorni fa al Centro Studi Americani si è parlato di questi temi con Maksymilian Czuperski, direttore del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council. Nel corso dell’incontro è stata data dimostrazione pratica di fact checking, tecniche utilizzate per verificare la veridicità di un post o di un’affermazione politica attraverso il ricorso a open source e geolocalizzazione permessa dai dati satellitari.

Ecco la conversazione di Formiche.net con Maksymilian Czuperski.

Perché la Russia usa propaganda e fake news?

Per rispondere a questa domanda, uno degli eventi-chiave da considerare è la rivoluzione pacifica che ha preso corpo nel 2014 in Ucraina, quando il Paese ha iniziato a guardare all’Europa come opzione concreta e realizzabile per avere maggiore prosperità e per ragioni democratiche, con la Polonia a giocare il ruolo di Paese ispiratore. A mio avviso non è stata una grande sorpresa vedere così tante persone normali dare corpo a una rivoluzione di queste dimensioni. E non dimentichiamo che tra loro c’erano anche tanti giornalisti come Mustafa Nayyem, colui che pubblicò il post Facebook per incoraggiare la popolazione a radunarsi in piazza Maidan.

Perché Mosca ha reagito?

La reazione della Russia – violazione del diritto internazionale e dei confini – è derivata non tanto dal fatto che l’Ucraina si stesse muovendo verso l’Europa, quanto dalle conseguenze che un Paese più liberale, prospero e democratico avrebbero avuto sulla leadership russa. Nel Paese di Putin vive una forte disparità economica, con una piccolissima parte della società che detiene la maggior parte della ricchezza. Ogni tipo di movimento alternativo e tentativi di modificare gli assetti governativi rappresentano una minaccia per questa parte del Paese. Tecniche ibride di contrasto come la propaganda sono quindi state utilizzate per tenere l’Ucraina in una situazione di instabilità, così come per provare che il progetto europeo non funziona.

Si tratta quindi di preservazione della leadership? Un po’ come quanto accaduto durante le presidenziali negli Stati Uniti?

Sì. E non solo. Fonti di intelligence francese hanno appena rivelato che una simile forma di interferenza potrebbe essere in corso in Francia per favorire la candidata Marine Le Pen a discapito di Emmanuel Macron. Si tratta di un modo per distrarre dalle questioni interne, costruire un nemico esterno e dire così ai propri cittadini che gli altri sistemi non funzionano e che l’unico da seguire è il sistema russo.

La Russia è l’unico Paese a utilizzare queste forme di disinformazione?

Non si può affermare con certezza. Ogni Paese ha i propri interessi e i propri modi di agire, ma si può certamente dire che questa è la prima volta che un Paese segnali in modo chiaro la minaccia e il rischio di influenze esterne che muovono su piani digitali. La prima volta che un governo usa la disinformazione digitale per creare confusione.

Siamo pronti per affrontare questa minaccia?

No, siamo molto lontani dall’avere una risposta certa e ci muoviamo molto lentamente. La nostra società sta perdendo molta fiducia nelle proprie istituzioni democratiche perché non abbiamo seguito questi trend evolutivi. Ristabilire la situazione e cercare di arginare i pericoli è una responsabilità delle istituzioni, ma anche di ogni singolo cittadino. Chiunque nella propria cerchia di conoscenze sia in grado di individuare fake news (magari postate dai propri amici, anche inconsapevolmente), ha un obbligo morale di chiedere e ragionare, per riflettere insieme su ciò che è sbagliato e ciò che è giusto. Dobbiamo aumentare la nostra sensibilità digitale nei confronti di tutto quello che leggiamo e vediamo.

Quindi è una questione di educazione sociale?

Sì, questo è assolutamente il primo obiettivo.

Con l’accesso alle open source ognuno di noi ha degli strumenti per indagare. Questo significa che l’intelligence sta perdendo campo?

No, assolutamente no perché le open source si muovono su piani differenti rispetto all’intelligence. Open source è uno strumento a disposizione di tutti per portare avanti attività di fact checking. Si tratta di settori che non possono essere messi in comparazione.

La relazione tra Paesi amici come Stati Uniti ed Europa è importante per affrontare questa nuova minaccia?

Assolutamente sì. Siamo una comunità basata su valori. E’ nel nostro interesse pensare in modo più critico al modo in cui affrontare e reagire a queste minacce. Non solo tra cittadini ma tra Paesi. Bisogna sedersi a un tavolo e ragionare insieme, proprio come accade in una famiglia.

Fake news e disinformazione russa. Parla Czuperski (Atlantic Council)

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