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Ridurre l’uso dei voucher è nell’interesse di chi sostiene il Jobs Act. Il Jobs Act è nato per dare stabilità incentivando i contratti a tempo indeterminato e non certo per assistere alla frammentazione del lavoro con i voucher (che sono stati introdotti nel 2008 ben prima del Jobs Act). Il Jobs Act ha introdotto il divieto di usare i voucher negli appalti e la tracciabilità (ovvero la comunicazione 60 minuti prima dell’inizio della prestazione). Ora bisogna restringere ulteriormente l’uso dei voucher e purtroppo bisognerà farlo senza aspettare davvero i risultati della tracciabilità introdotta di recente: a fine gennaio avremo infatti solo un indizio dei risultati della tracciabilità basati solo sui voucher di dicembre 2016 (solo i voucher venduti e non quelli riscossi). A maggior ragione bisogna farlo in modo informato ed intelligente.

Le misure che potrebbero essere prese ai fini di restringere il campo dei voucher potrebbero essere in ordine di severità:

1) Restringere i limiti di 7.000 euro per lavoratore (e 2.000 euro per committente verso un singolo lavoratore, quest’ultimo vincolo è quello più efficace): potrebbe essere un segnale ma servirebbe a poco perché abbiamo visto il 93% dei voucheristi sta già sotto i 2.000 euro di voucher all’anno.

2) Agire amministrativamente per ridurre il periodo di validità dei voucher (ora un anno) e la possibilità di rimborso per quelli non utilizzati a 6 mesi. Inserire inoltre il sistema di tracciabilità direttamente nel sistema online INPS di attivazione del voucher in modo da rendere la tracciabilità più efficace. Questa soluzione potrebbe essere molto efficace nonostante sia politicamente poco attraente perché troppo blanda(!)

3) Vietarne l’uso nel settore pubblico e nella stessa azienda dove il prestatore ha un altro contratto precedente. Questi casi segnalano l’abuso di un datore che paga un lavoratore in parte con un contratto e in parte con voucher per risparmiare.

4) Vietarne l’uso in edilizia dove c’è effettivamente l’odiosa pratica di comprare il voucher per avere la copertura INAIL nel caso di incidenti. Il voucher si compra come il biglietto del tram e si tiene in tasca finché non sale il controllore. Se arriva un’ispezione o c’è un incidente si attiva il voucher e c’è la copertura INAIL. Questa pratica dovrebbe già essere impedita dalla tracciabilità, vietarne l’uso in toto in edilizia (che comunque conta solo per meno del 3% dei committenti di voucher) potrebbe avere l’effetto negativo di far tornare nel nero molto di quel lavoro che comunque oggi per effetto del voucher, e comunque per un periodo limitato di ore (massimo 2000 euro l’anno), è coperto da assicurazione INAIL. In edilizia i peggiori abusi avvengono con la falsa partita IVA non con il voucher.

5) Vietarne l’uso (o contingentarne l’uso) in qualunque impresa (o solo nelle società di capitali). Questa limitazione però colpirebbe i 600.000 prestatori che fanno un lavoro per altre imprese e non per il loro datore di lavoro principale (molto spesso genuino lavoro accessorio che però almeno in parte sarebbe riassorbito nel lavoro intermittente).

6) Vietarne l’uso anche nel turismo e nel commercio (dove vengono venduti la maggior parte dei voucher, circa il 50%) quindi tornare al solo utilizzo originario nel lavoro domestico e agricoltura. In questi settori gli abusi più comuni sono di “integrare” il contratto a tempo determinato, il part time o il lavoro stagionale con una aggiunta di voucher in modo da risparmiare sul costo del contratto. Questi abusi potrebbero essere in gran parte evitati impedendo l’utilizzo di voucher nella stessa azienda dove hai un contratto precedente (ma non completamente se invece di assumere un lavoratore full time per 20.000 euro annui ne assumi dieci a voucher per 2.000 euro ciascuno).

7) Vietarne l’uso a tutti coloro che non siano studenti, pensionati o disoccupati indennizzati.

La mia propensione va per le soluzioni dalla 1) alla 4) inclusa. Anche se nell’edilizia ci sono pro e contro l’abolizione del voucher, le aziende edili sane sono contrarie al loro utilizzo e quindi sarei per abolirli.

Vorrei sottolineare infine che vietare l’uso tout court dei voucher allo stato delle cose vorrebbe dire lasciare completamente privo di regolazione una fetta molto ampia del mercato del lavoro (i dati stessi sui voucher ce lo mostrano quanto ampia), una fetta che in altri paesi è coperta da contratti al salario minimo legale o dai mini-jobs. Eventualmente entrambi il salario minimo e i minijobs sarebbero da valutare in sostituzione dei voucher.

Sostenere invece che i CCNL coprono tutto vorrebbe dire passare da un estremo all’altro: l’Italia rimarrebbe l’unico paese europeo (insieme ai paesi nordici che hanno però forme di reddito di cittadinanza) senza un salario minimo legale né un incentivo all’emersione del lavoro nero.

(post tratto dal profilo Facebook di Marco Leonardi)

Perché rottamare i voucher aumenterebbe il lavoro nero

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