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Nel palmarès della Cina mancavano sono le Autostrade made in italy. Ma con la cessione del 5% di Atlantia, il gruppo che controlla Autostrade per l’Italia a Silk Road Fund, un fondo d’investimento statale, il governo di Pechino ha messo le mani anche su questa infrastruttura. Autostrade per l’Italia è infatti il maggiore gestore autostradale del nostro territorio ed ha in concessione oltre 3.000 chilometri, la metà dei quali a pedaggio. Nel 2016 ha ottenuto 3,8 miliardi di euro di ricavi operativi e sta attuando un programma di potenziamento di 1100 chilometri, con un investimento di circa 25 miliardi di euro.

Ai cinesi tutto questo interessa, ma più che altro il loro obiettivo primario è importare il know how italiano nel loro programma infrastrutturale più ambizioso degli ultimi anni: Belt and Road Initiative, una vera e propria road map per migliorare i trasporti e la cooperazione economica nell’Eurasia, sull’antica Via della Seta, per la quale dispongono di un fondo complessivo di 40 miliardi di dollari. L’investimento di Silk è stato pianificato, come ha ricordato il quotidiano finanziario South China Morning Post perché l’obiettivo del fondo d’investimento statale è quello di allargare il proprio business con partecipazioni nelle principali società europee, tra cui, quindi, anche Atlantia.

Creato nel dicembre del 2014 il Silk Road Fund è una sorta di portaerei finanziaria del presidente Xi Jinping perché mette insieme il China Investment Corporation, il fondo sovrano cinese, e le due banche di sviluppo: Export-Import Bank of China e China Development Bank, e serve per le interrelazioni dell’economia cinese con il resto del mondo soprattutto nei settori delle infrastrutture, dell’energia, dell’industrializzazione e della cooperazione finanziaria.

Pechino mira in particolare a creare un legame tra il Fondo Europeo per gli Investimenti e il programma della Via della Seta lanciato proprio dal presidente Xi tre anni fa. Un programma che sta talmente a cuore al presidente cinese che il 14 e 15 maggio a Pechino vi sarà un summit internazionale che metterà insieme 28 tra capi di stato e di governo (per l’Italia ci sarà il nostro premier Paolo Gentiloni) e circa 1200 delegati provenienti da 110 Paesi, tra cui imprenditori, funzionari, finanziatori e rappresentanti di oltre 60 organizzazioni internazionali. L’idea di creare un forum ad hoc per la cooperazione lungo l’antica via della Seta nasce anche dal successo dei due precedenti summit organizzati dalla Cina: il vertice dei leader dei Paesi Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) di novembre 2014 e il G20 di Hangzhou dello scorso settembre che hanno contribuito a creare un’immagine più moderna della Cina sul palcoscenico internazionale.

A differenza dell’Aiib – la Banca multilaterale per gli investimenti infrastrutturali da 50 miliardi di dollari nata su impulso del governo cinese come raccontato da Formiche.net – il Silk Fund ha il compito di far fruttare gli investimenti e, quindi, a sua volta effettua investimenti in private equity e apre le porte del capitale alle aziende che vogliono entrare nel Fondo. E non è la prima volta che si affaccia in Italia. Basta ricordare nel 2015 l’operazione Pirelli: oltre a Chemchina Corporation, la più grande azienda chimica cinese, c’era anche il Silk Road Fund nell’investimento che ha fatto diventare cinese la società guidata da Marco Tronchetti Provera.

La grande novità, inoltre, rispetto ai paradigmi del partito comunista cinese è che il fondo Silk ha come amministratore delegato una donna, Jin Qi, manager con idee d’espansione molto vicine al presidente cinese Xi: non a caso è stata l’Africa in questi anni il continente su cui ha intensificato i rapporti basta ricordare il progetto per la costruzione in Kenya di una tratta ferroviaria super veloce che collega Nairobi con Mombasa. Ma non solo. Sempre la Qi è artefice degli accordi per costruire infrastrutture in Pakistan nel 2015, in Kazakistan e in Russia dove con una partecipazione del 10% il fondo Silk è entrato nel progetto Yamal LNG (Liquefied Natural Gas) che prevede l’investimento di 27 miliardi di dollari utili per sfruttare le risorse di gas naturale presenti nella Siberia nord occidentale. Operazione, tra l’altro a cui partecipa anche la nostra Sace con un investimento di 400 milioni di euro.

Se miss Qi è la donna che tesse i rapporti con le imprese, di certo l’immagine ufficiale del fondo è quella del presidente Wang Yanzhi, il vero volto del governo cinese all’estero, a cui spettano invece gli incontri più istituzionali. Studi americani, prima all’Università Johns Hopkins di Baltimora nel Maryland, poi un Master in Economia internazionale a Washington nella prestigiosa Paul Nitze School, il sessantunenne mister Wang è stato scelto proprio per la sua immagine di uomo impegnato nella finanza. Prima di questo ruolo, è stato assistente del Governatore della Banca Centrale cinese, Vice Direttore Generale dell’Ufficio per la lotta contro il riciclaggio presso la Banca Popolare Cinese e Direttore Generale del Centro di Monitoraggio e Analisi Antifurto.  È lui ad incontrare i primi ministri, l’ultimo è stato quello dell’Uzbekistan Rustam Asimov, con l’obiettivo di preparare gli accordi per le successive visite di stato del presidente Xi Jinping.

Adesso l’investimento in Atlantia per circa 740 milioni di euro, che verrà concluso entro la fine di luglio, apre prospettive interessanti anche per rafforzare eventualmente la presenza in Italia e non solo.

Silk, chi sono e cosa fanno i cinesi guidati da miss Qi entrati in Autostrade

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