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Dall’Europa si continua ad attendere il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, procedura che presuppone l’ingresso dello Stato nel capitale. In questo clima di attesa che prosegue ormai da un po’, è evidente che ci sia qualcuno in Europa che preferirebbe che i due istituti di credito italiani prendessero la via del bail-in, ossia della messa in risoluzione con le nuove regole che implicano una partecipazione alle perdite da parte di azionisti, obbligazionisti e correntisti con più di 100 mila euro (la ricapitalizzazione precauzionale invece presuppone “solo” il burden sharing, ovvero la penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati).

IL NODO DEI CREDITI DETERIORATI

A riferire in maniera abbastanza chiara di queste spinte “pro bail-in” è Fabio Bogo, vicedirettore di Repubblica, in un articolo del 14 aprile: “Sempre in Europa c’è chi ha una percezione eccessiva dei crediti deteriorati del nostro sistema bancario. Nelle trattative – racconta chi assiste ai dibattiti sul tema a Bruxelles – ci sono i tecnici, i politici e quelli in malafede. E c’è chi sostiene che all’Italia sulle banche andrebbe impartita una lezione alla Lehman Brothers, l’istituto Usa all’origine della crisi finanziaria del 2008”. Chi sostiene questa tesi ritiene che l’Europa voglia mandare un segnale forte all’Italia sulle due banche venete, mentre per Monte dei Paschi di Siena pare (dopo comunque tutta una serie di difficoltà) che si possa ricorrere alla ricapitalizzazione precauzionale, facendo così ricorso al denaro pubblico.

LA BATTAGLIA

Aggiunge Bogo su Repubblica: “Il ministro Padoan ha duellato con l’olandese Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, frenandone le velleità, ed ha dialogato con il suo omologo tedesco Schaeuble, spiegando che lasciar fallire Popolare Vicenza e Veneto Banca significava chiudere il credito di una zona più grande e ricca dell’intero Belgio. Alla fine lo hanno capito”. È davvero così? A giorni si saprà il verdetto dell’Europa. Da Vicenza e Montebelluna sperano comunque che si faccia in fretta, perché le due banche, anche alla luce della recente forte uscita di liquidità, hanno disperato bisogno delle risorse dell’aumento di capitale. A riguardo, la Bce ha individuato un fabbisogno complessivo per i due gruppi, che puntano a fondersi, pari a 6,4 miliardi, cifra che dovrebbe tenere conto degli 1,2 miliardi di obbligazioni subordinate che, nell’ambito della sperata ricapitalizzazione precauzionale, dovrebbero essere convertiti in azioni.

TAGLI PER I DIRIGENTI

Nel frattempo, secondo indiscrezioni, subito dopo la pausa di Pasqua, potrebbero essere recapitate le lettere di licenziamento per una manciata di altissimi dirigenti del gruppo Popolare di Vicenza, nell’ambito della procedura di ristrutturazione aziendale. L’obiettivo è quindi principalmente quello del taglio dei costi. In una seconda fase, poi, un secondo gruppo di dirigenti, questa volta più corposo, sarà oggetto invece di trattativa sindacale: sempre nell’ambito della ristrutturazione, per circa 250 posizioni partirà il negoziato per ridurre il costo del lavoro. “Secondo le attese – scrive Vittoria Puledda su Repubblica – grosso modo il 40% di quei dirigenti riceverà una proposta di demansionamento/riduzione dello stipendio (grosso modo il 30%).

Del resto i conti della banca, in attesa della ricapitalizzazione precauzionale e poi della fusione con Veneto banca, sono insostenibili: il cost/income sfiora il 100%. Il doppio della media nazionale”. Più in generale, secondo indiscrezioni, la Bce e l’Antitrust Ue (Commissione europea) chiederanno alle banche venete risparmi per il 30 per cento. “Significa che, al di là degli esuberi ufficiali dichiarati – scrive Eleonora Vallin sul Mattino di Padova – bisognerà lavorare su altre leve per riportare le banche a indici ragionevoli di efficienza, a iniziare dalla partita straordinaria sostenuta nel 2016 per le consulenze”.

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