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Balzano agli occhi, nella composizione delle liste elettorali per le europee, le candidature cosiddette civiche del generale Roberto Vannacci per la Lega e dell’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio per il Partito democratico. Due candidature per allodole, nel senso che esercitano un forte richiamo su una quota specifica dell’elettorato ed è con tutta evidenza questa la ragione per cui sono stati candidati: portare voti. Voti che altrimenti, si teme, sarebbero stati dispersi.

Tutto legittimo, naturalmente, se non fosse che entrambi i candidati simboleggiano una linea politica diametralmente opposta a quella perseguita dai partiti che li hanno, strumentalmente, messi in lista. Dei due, il caso oggettivamente più clamoroso è quello di Tarquinio. Professionista specchiato, persona perbene, ma indiscutibilmente simbolo della contrarietà ad armare la resistenza ucraina. È per questo che la segretaria dem Elly Schlein l’ha candidato. Se negli ultimi mesi della propria direzione del giornale della Conferenza episcopale Italia, Avvenire, Tarquinio non si fosse caratterizzato per una ferma contrarietà alla linea della Nato in Ucraina, di sicuro nessuno avrebbe pensato a lui come a un candidato degno di una ribalta elettorale. Peccato solo che, sia pure con mali di pancia diffusi e una certa ambiguità di fondo da parte della stessa segretaria, a Bruxelles come a Roma il Partito democratico abbia sempre votato a favore dell’invio di armi al popolo ucraino.

Più sfumata, ma non meno sostanziale, l’incongruenza della candidatura di Vannacci con la Lega. Nel suo primo libro, “Il mondo a contrario”, il generale esprime serie riserve sul ruolo dell’Alleanza atlantica e si abbandona a considerazioni a dir poco positive sulla qualità della democrazia russa. Opinioni legittime, ma difficilmente conciliabili con la divisa che veste e con la pratica politica del partito che lo ha candidato. È noto che, sulla scia di Fausto Bertinotti, Matteo Salvini imposti il proprio ruolo di segretario della Lega e, anche se nessuno lo ricorda, di vicepresidente del Consiglio, sul doppio, ed evidentemente contraddittorio, canone del governo e dell’opposizione. Detta in sintesi brutale: parla in favore di Vladimir Putin, ma vota in favore della Nato. Candidare Vannacci è un modo per sperare di mobilitare un elettorato che, dovesse giudicare sulla base dei comportamenti concreti del partito, voterebbe altri o si asterrebbe.

Vista da fuori, si tratta di segni di debolezza. Scelte che denunciano un’evidente fragilità delle leadership dei due partiti in questione.

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