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Ne parlammo, su Formiche.net, circa un anno fa. Allora solo pochi barracuda-esperti in Italia sapevano di cosa si trattasse: un astuto sotterfugio per effettuare (in silenzio) un trasferimento di sovranità dagli Stati nazionali all’Unione Europea veniva fatto quasi in sordina, senza farsi notare, e utilizzando, come grimaldello, la politica e i negoziati commerciali internazionali. Il Trattato di Roma (e i trattati e accordi intergovernativi che si sono succeduti negli ultimi sessant’anni) affidano alla Commissione europea il compito delle trattative commerciali internazionali. Un’esigenza, in effetti, essenziale per negoziare riduzioni di dazi e aperture di contingenti quando i “padri fondatori” dell’Unione Europea volevano creare un mercato comune (con dazi e contingenti uniformi alla frontiera), diventato poi un mercato unico. In effetti, la Commissione esercitava una funzione di coordinamento e di portavoce.

Ricordo ai tempi del Kennedy Round degli anni Sessanta lunghe riunioni a Ginevra in quello che veniva chiamato il “bunker” per armonizzare le posizioni degli Stati membri di quella che allora si chiamava la Comunità economica europea in modo che il delegato (un dirigente della Commissione) le portasse al tavolo delle trattative. Allora una volta giunti a un accordo tecnico su un punto specifico, la soluzione veniva riportata, per una verifica al tavolo dei rappresentanti degli Stati membri. Arrivati al risultato complessivo la ratifica era compito, come sempre e ovunque, dei Parlamenti nazionali.

La prassi è stata mantenuta nei successivi negoziati multilaterali in sede Gatt prima e Wto successivamente. Terminata la fase dei negoziati “mondialistici”, è iniziata quella dei grandi negoziati per creare mercati comuni attraverso il Pacifico, nonché di movimenti di capitali, di investimenti e altro (in fase di una ratifica che non si presenta semplice) e attraverso l’Atlantico (per ora sospeso sine die).

È stata mutata, una prima volta, in seguito a insistenti pressioni della Commissione (basate sull’argomento che dopo l’ampliamento nel 2004 dell’Ue il numero dei Parlamenti era anch’esso aumentato e, quindi, la procedura delle ratifiche dei Parlamenti nazionali sarebbe stata troppo lunga e pesante). Inoltre – argomentò la Commissione – si trattava di un “emendamento puramente tecnico” relativo ai Trips (aspetti del commercio internazionale della proprietà intellettuale). Il Consiglio Ue dei ministri del Commercio internazionale cedette (nonostante alti dirigenti dei ministeri, esperti nella materia, avessero parere differente). E gli emendamenti entrarono in vigore senza neanche il vaglio, e la ratifica, del Parlamento europeo.

Il problema si è ripresentato al momento del negoziato (per ora sospeso) del trattato su commercio, investimenti e quant’altro attraverso l’Atlantico. Ancora una volta pressioni dalla Commissione per evitare ratifiche nazionali (non solo contravvenendo il Trattato fondatore dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), ma effettuando, in sordina e in modo surrettizio, un vero e proprio trasferimento di sovranità. L’Italia non ha preso posizione ufficiale in materia, anche se ci sono state dichiarazioni del ministro Calenda sostanzialmente in supporto della posizione della Commissione e sulla sponda opposta esposti alla Procura e pareri giuridici dell’ufficio legale dell’Omc.

Circa un mese fa, si sono mossi un centinaio di economisti e giuristi con la “Dichiarazione di Namur” che si può firmare online. Alcuni nomi: Thomas Piketty, Philippe Maystadt, Carlos Closa Montera, Laszlo Andor. In essa si lamenta sia l’opacità delle procedure negoziali della Commissione sia il nuovo tentativo di trasferire la funzione di ratifica dei trattati dai Parlamenti nazionali alle autorità europee.

Mentre la “Dichiarazione” è stata oggetto di vivace dibattito sulla stampa dei Paesi europei, in Italia non se ne è quasi parlato perché – dicono alcuni – non si voleva disturbare la tentata trattativa renziana sulla flessibilità.

A questo punto, pare evidente che c’è un chiaro scollamento: o si modificano i trattati europei (trasferendo sovranità alla Commissione) o si modifica il Trattato Omc. Altrimenti si resta in una grande confusione propedeutica a vertenze legali.

C’è un punto, però, preliminare: perché in Italia non se parla? Non si apre un vero dibattito con giuristi ed economisti, propedeutico a un dialogo tra forze politiche? Il problema è di grande rilievo. Discuterne unicamente nei felpati corridoi dei ministeri non fa bene agli europeisti e soprattutto alla democrazia.

pnr, def, Giuseppe Pennisi, europa. unione europea

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