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Bpvi e Veneto Banca chiudono con riserva la partita con gli azionisti. Dopo due proroghe, la scorsa settimana l’offerta di transazione con i piccoli soci si è conclusa con il 71,9% delle adesioni per Vicenza e il 73% per Montebelluna. Anche se la soglia minima inizialmente fissata dai vertici era l’80%, la transazione potrebbe comunque avere efficacia e permettere così ai due istituti di neutralizzare il rischio di contenzioso. La decisione comunque sarà presa soltanto giovedì 13 aprile quando, a valle degli approfondimenti legali, il consiglio di amministrazione scioglierà la riserva sull’efficacia della transazione. Bisogna infatti verificare che i soci aderenti abbiano effettivamente i requisiti richiesti dal regolamento e quantificare il rischio di contenzioso residuo. Al di là di questi passaggi, al vertice delle due banche c’è comunque fiducia sul fatto che l’ostacolo sia ormai stato aggirato.

Già la scorsa settimana peraltro erano arrivate adesioni importanti, cioè quelle delle fondazioni Roi e Cariprato che rappresentano circa il 3% della platea complessiva e che avrebbero innescato un effetto trascinamento nei giorni successivi. Tanto più che il lavoro delle due reti commerciali ha proceduto a ritmi serrati fino all’ultimo minuto utile. Altro dato significativo degli ultimi giorni riguarda i soci irrintracciabili: il loro numero si sarebbe infatti ridotto in misura significativa. Non si può comunque escludere che nelle ultime ore abbia avuto un certo effetto la decisione del giudice Massimo Vaccari del Tribunale di Verona, che ha dato ragione a una cliente di Bpvi, garantendogli il ristoro del capitale investito.

Archiviato il problema della transazione, i due istituti potranno concentrarsi sul delicato processo di salvataggio che appare ancora in alto mare. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, domani Viola dovrebbe volare a Francoforte per un incontro con i vertici della Vigilanza Bce a valle del quale, venerdì, è previsto un cda di Bpvi. Molti i temi sul tavolo anche se il più caldo è il raggiungimento dei requisiti per l’ammissione alla ricapitalizzazione precauzionale. La disciplina europea (la direttiva Brrd) prevede che alla procedura siano ammessi solo istituti solvibili, cioè in linea con i requisiti patrimoniali minimi. Per i due istituti veneti la soglia risulterà particolarmente impegnativa anche perché nelle ultime settimane la Bce ha chiesto di non presentare un piano industriale unico per la combined entity che deriverà dalla fusione, ma due piani separati e stand alone. Anche in questo nuovo scenario i vertici sono fiduciosi di raggiungere il requisito di solvibilità, ma la Vigilanza non si è ancora ufficialmente espressa sul tema. Di certo il confronto con la Bce sarà decisivo per definire il fabbisogno patrimoniale delle banche e dunque l’impegno richiesto ai privati e al Tesoro.

Tenendo comunque presente che la Brrd vieta di coprire perdite pregresse o previste con capitali pubblici. L’articolo 32 della direttiva prevede infatti che la ricapitalizzazione precauzionale non sia utilizzata «per compensare le perdite che l’ente ha accusato o rischia di accusare nel prossimo futuro» e debba invece limitarsi a «far fronte alle carenze di capitale stabilite nelle prove di stress». In buona sostanza, per coprire le perdite derivanti dalla svalutazione dei crediti, le banche non potranno beneficiare l’intervento pubblico ma dovranno ricorrere al patrimonio netto e alle risorse derivanti da operazioni di liability management.

Intanto ieri sono stati presentati i risultati di bilancio 2016 della Popolare di Vicenza. L’istituto presieduto da Giovanni Mion ha registrato una perdita di 1,9 miliardi rispetto al rosso di 1,4 miliardi nel 2015. Il risultato netto, spiega una nota, è penalizzato «soprattutto dell’evoluzione del credito deteriorato e dell’ulteriore innalzamento dei livelli di copertura, anche in seguito al recepimento delle differenze valutative emerse delle verifiche ispettive condotte dalla Bce sul rischio di credito nel corso del 2016 e ad inizio 2017».

Pesano l’ulteriore «rilevante riduzione delle masse intermediate», «gli impatti economico patrimoniali connessi alla decisione assunta il 4 agosto 2016 da parte di Cattolica Assicurazioni  di recedere dall’accordo di partnership» e gli «ulteriori accantonamenti a fondi rischi e oneri principalmente riconducibili ai reclami e alla litigation sulle azioni Bpvi e al costo dell’offerta transattiva agli azionisti». Le rettifiche e gli accantonamenti sono stati pari a 1,7 miliardi, anche se rispetto al 2015 c’è un calo del 26,6% (-19,2% a 1,07 miliardi le rettifiche sui crediti). Nel corso dell’anno Bpvi ha visto uscire più di 3 miliardi dai conti dei clienti, con una raccolta diretta scesa del 14,4% a 18,8 miliardi mentre la raccolta totale ha registrato una flessione di quasi 10 miliardi (-14,2%) a 52,9 miliardi.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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