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Da quando le azioni sono sospese dalla Borsa (da fine dicembre), l’attenzione mediatica è calata sul Monte dei Paschi di Siena. Questo però non significa che non si muova nulla. Anzi, la trattativa in corso con l’Europa, che peraltro si snoda parallela a quella sui conti pubblici italiani, finalizzata all’approvazione del complicato piano di salvataggio della banca va avanti non senza problemi.

TRATTATIVA IN SALITA

“Più proseguono i contatti fra Roma e Bruxelles – scrivevano in un articolo sul Corriere della Sera del 18 febbraio Federico Fubini e Fabrizio Massaro – più diventa chiaro che il via libera europeo alla nazionalizzazione del Monte dei Paschi non sarà un pranzo di gala. Né, a quanto pare, arriverà necessariamente entro il mese prossimo come i negoziatori si erano ripromessi a dicembre scorso. Resta infatti molto da discutere, anche perché la Commissione europea è orientata a chiedere modifiche al dispositivo proposto dal governo all’intervento pubblico nella banca di Siena”.

I PASSAGGI

Ricordiamo i principali passaggi del salvataggio di Stato: il Tesoro, con un aumento di capitale da 6,6 miliardi, è destinato a diventare primo azionista dell’istituto guidato da Marco Morelli (nella foto), dopo il burden sharing, ossia dopo la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate. Quando queste ultime si trovano in mano a piccoli risparmiatori, è previsto il rimborso in obbligazioni tradizionali, finanziato dallo Stato, al 100% del valore nominale (titoli cosiddetti Tier 2), mentre in caso di grandi investitori la conversione in azioni è stata fissata al 75% (Tier 1). Perciò il fabbisogno di risorse del Monte individuato dalla Bce in 8,8 miliardi sarà colmato per 6,6 miliardi dallo Stato e per il resto con la conversione in azioni degli obbligazionisti-fondi.

I PRINCIPALI NODI

È evidente fin da subito che è praticamente impossibile suddividere gli investitori in base allo strumento detenuto in portafoglio. In altri termini, sottolinea il Corriere della Sera, “ci sono famiglie che hanno in portafoglio anche Tier 1 e investitori istituzionali che, nel frattempo, hanno rastrellato i Tier 2”. Soprattutto, però, per la Commissione Ue, la penalizzazione per gli investitori istituzionali e gli azionisti non è sufficiente. “Ciò – spiegano Fubini e Massaro – trasferirebbe sui contribuenti un po’ più dell’onere di sostenere Mps, tutelando un po’ di più operatori che invece conoscevano i rischi del loro investimento. A Bruxelles si teme insomma che l’Italia finisca per premiare investitori professionali che hanno scommesso solo sulla disponibilità dello Stato a farsi carico delle perdite del Monte dei Paschi”. Supponiamo, per esempio, che alcuni investitori abbiano comprato i bond più a rischio a un prezzo attorno al 50% del valore nominale, poche settimane prima che fosse loro promesso uno scambio in azioni al 75%: poiché la situazione difficile di Mps era ben nota, è verosimile che tale mossa sia stata per lo più speculativa. E’ quindi giusto che ora questi investitori guadagnino dalla differenza esistente tra il 50 e il 75% del valore nominale degli strumenti finanziari o, peggio ancora, da quella tra il 50 e il 100%? Per l’Europa no. Da qui la necessità di rivedere alcuni punti del salvataggio così come è stato approvato dal Governo Gentiloni.

IL PREZZO

Ma c’è anche un problema di prezzo delle nuove azioni Mps che saranno sottoscritte dallo Stato. “La legge – scrivono Fubini e Massaro – fissa un ingresso a sconto, differente per il Tesoro (al 25%) rispetto a quello degli obbligazionisti (al 15%). Il principio è che più è alto lo sconto, più i vecchi azionisti (tra cui lo stesso Tesoro, già al 2% della banca, ndr) vengono penalizzati proprio perché la loro quota viene diluita nel nuovo capitale della banca. Ma neanche questi numeri potrebbero bastare a Bruxelles. Il nodo del prezzo, secondo alcune fonti italiane, sarebbe tuttavia più formale che sostanziale”, a causa della mole dell’aumento di capitale, che porterebbe a una maxi diluizione per tutti, compreso il Tesoro stesso.

L’OPERAZIONE SULLE SOFFERENZE

Insieme con la trattative con l’Europa per il via libera al salvataggio, ha ripreso quota l’operazione di cessione delle sofferenze di Mps. Nel vecchio piano “di mercato” poi fallito facendo emergere la necessità di un salvataggio pubblico, si prevedeva la cessione di sofferenze per un valore originario di poco più di 27 miliardi di euro. Una parte di questi crediti sarebbe dovuta finire al fondo Atlante a un prezzo in area 30 centesimi per ogni euro si sofferenze. Ma l’operazione è saltata ed è verosimile che un eventuale compratore oggi offra molto meno dei 30 centesimi di Atlante (sul mercato i prezzi dei crediti deteriorati sono inferiori; nei peggiori dei casi non arrivano a 20 centesimi). Senza contare che è possibile che in questi ultimi mesi le sofferenze di Mps siano ulteriormente aumentate.

mps marco morelli

Tutte le incognite di Mps su burden sharing e prezzo delle nuove azioni

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