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Che la sinistra possa fare politiche di destra meglio della destra è storia nota, in Italia. Il caso forse più significativo fu il governo di Massimo D’Alema, leader post-comunista che appoggiò la guerra della Nato contro la Serbia. L’immigrazione, oggi, conferma la regola.

Il dato concreto è molto chiaro e semplice da comprendere. Gli italiani sono “contrari” all’ingresso delle persone che arrivano alle nostre frontiere e sulle nostre coste, almeno nella misura e nei modi in cui questo oggi avviene. Tale maggioranza diventa stragrande prevalenza man mano che si scende verso i ceti meno abbienti, che si sentono più direttamente intimoriti dall’impatto di questa moltitudine di persone, così povere e bisognose, su un paese dall’economia in crisi, dai servizi inefficienti, dal futuro politico e istituzionale incerto, dalla cultura indecisa.

Ultimo dei molti dati in tal senso, il sondaggio Repubblica-Demos che attesta la richiesta dell’83 per cento degli interpellati di rafforzare i controlli nell’area Schengen. Il premier, che queste cose le fiuta abilmente, pur non mettendo minimamente in discussione la politica di accoglienza è andato a muso duro contro Merkel e Hollande per il loro atteggiamento su “la questione migratoria e i rapporti con l’Africa”. Dopo lo “speriamo di avanzare insieme” coralmente pronunciato a Ventotene, a Bratislava l’intesa fra i tre è rapidamente naufragata. “Non sono soddisfatto delle conclusioni su crescita e migranti, non posso fare una conferenza stampa con loro” la frase con cui Renzi ha sancito il divorzio dal triangolo.

Qualche quadro del Pd assume atteggiamenti ben più decisi, come ha fatto senza troppe remore Simone Regazzoni, portavoce della candidata sconfitta da Giovanni Toti alle regionali liguri e astro nascente del partito: “In materia di migrazioni c’è bisogno di un cambio di passo”, ha detto. Un discorso per ora limitato a Genova, definita come “una città satura, dove la situazione è davvero al limite, dove il rischio di un forte dissenso sociale è più che concreto”, ma che ben vale come paradigma nazionale. Non a caso, Regazzoni ha incassato gli elogi di Forza nuova, che non paiono metterlo più di tanto in imbarazzo.

In effetti, se i maitre-à-penser progressisti facessero un giro nelle periferie urbane, anche solo virtuale, si renderebbero conto di come i gruppi dell’estrema destra, pur nella loro naiveté, raccolgano un ampio e profondo malcontento orfano di voce politica, che si traduce in consenso per chi non abbia fisime politicamente corrette. Uno dei pochi che lo fa è Massimo Cacciari, che nei giorni scorsi ha ricordato: “La gente sta male a 360 gradi” e “dietro la paura dell’immigrazione c’è il non governo dell’immigrazione”. L’ex sindaco può piacere o non, ma certo di politically correct non ha mai avuto nulla, nemmeno quando faceva il politico a tempo pieno.

Migranti, cambio di passo per il Pd?

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