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Forse ieri per la prima volta si è avuta la rappresentazione plastica dell’effetto della legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta. La piazza della manifestazione “Italia sovrana” a Roma era una piazza di destra, con movimenti provenienti un po’ da tutta Italia sotto la regia di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. Con ospite d’onore Matteo Salvini. Ebbene in quella piazza sono sfilati pure gente come Mario Mauro, Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella, Giulio Tremonti, l’ex ministro Antonio Guidi. Personaggi di centrodestra, certo, ma non lepenisti e trumpisti puri, come Giorgia e Matteo, che non fanno altro che osannare l’amico Donald e il compagno Vladimir. Eppure eccoli qua, tutti a sfilare sotto i vessilli dell’estrema destra. Perché il premio di maggioranza al 40% e il divieto di formare coalizioni prima del voto obbliga le forze politiche a unirsi in listoni unici. “Se non lo facessimo sarebbe come correre i cento metri partendo dieci lunghezze in più rispetto agli avversari: Pd e 5 Stelle correrebbero per vincere e noi per partecipare. Non possiamo concedere questo vantaggio. Dobbiamo per forza lavorare a un’unica lista di centrodestra e noi siamo qui per questo”, spiega Gaetano Quagliariello mentre percorre quel chilometro e mezzo che da piazza della Repubblica arriva a piazza San Silvestro, meta del corteo da dove parlerà dal palco insieme agli altri.

Il problema, per loro, è convincere Silvio Berlusconi, che ancora nicchia. Come traspare in un’intervista al Foglio di un paio di giorni fa, il leader di Forza Italia in una lista unica insieme a Salvini e Meloni sarebbe parecchio a disagio, al contrario di Giovanni Toti, ormai più salviniano che berlusconiano, e infatti accolto da molti applausi (al contrario di Renato Brunetta che invece è stato fischiato). “La concezione politica di Marine Le Pen è comunque distante dalla mia”, ha detto il Cavaliere al Foglio. Oggi però in un’intervista al Messaggero Berlusconi corregge un po’ la rotta. “Sento parlare di possibili alleanze tra noi e Renzi dopo il voto, ma sono solo fantasie. Forza Italia andrà alle elezioni coalizzata con Lega e Fdi”, dice il Cav. Al corteo di ieri, però, l’ex premier all’ultimo momento ha stoppato Paolo Romani, che era atteso ma poi non è andato. Un segnale. Degli azzurri, invece, oltre a Toti e Brunetta, c’erano Daniela Santanché e Altero Matteoli. “Sono qui perché questo centrodestra è l’unica alleanza possibile, non ci sono alternative”, osserva l’ex An. Il problema, però, come raccontano diverse fonti, è che Berlusconi con Salvini non vuole avere niente a che fare: primo, perché il leader leghista lo vuole rottamare ed essere lui il leader del centrodestra; in secondo luogo al Cav non ha affatto gradito alcuni attacchi alla famiglia e all’azienda (Salvini non l’ha difeso sulla scalata a Mediaset di Vivendi). E l’attacco di Bossi a Salvini nell’ultimo consiglio federale non è arrivato a caso. Salvini, però, tira dritto per la sua strada. “Non si può correre dentro una coalizione pensando a tradirla il giorno dopo le elezioni”, ha detto ieri Salvini. Che da una parte bastona il Cavaliere, facendo saltare le alleanze nei comuni veneti al voto per le amministrative la prossima primavera, dall’altra lo difende sul nuovo rinvio a giudizio: “Questo nuovo processo sulle olgettine è uno scandalo: i magistrati lavorassero di più e andassero ad arrestare i mafiosi!”. Tattiche.

La piazza, intanto, snocciola i suoi slogan. Il più gettonato è “Gentiloni, fuori dai c….”, ma va forte anche “Boldrini a lavorareeee….” e “Alfano come Badogliooo”. I vessilli sono quelli della destra, molti dal Veneto. Manca però Casa Pound, che con Lega e Fdi ha rotto un anno fa. Giulio Tremonti, a bordo palco, sembra divertirsi molto: il suo libro, Mundus Furiosus, da questa parti va fortissimo. “Prima gli italiani” è il titolo dell’iniziativa che vuole restituire sovranità all’Italia. Come? Uscendo dall’euro, tornando a stampare una propria moneta e ponendo freno all’immigrazione incontrollata “voluta dalla sinistra per abbassare il valore della manodopera nostrana così da fare un favore al grande capitale” (tesi by Giorgia Meloni, che auspica “un italico blocco navale al largo delle coste libiche”). E il voto? “Subito, naturalmente, con qualsiasi legge elettorale. Basta con i governi non eletti, il popolo è stanco, andiamo al più presto alle urne”, dice Salvini. “La data non m’interessa, si può anche aspettare, mi preme di più che all’appuntamento ci presenteremo uniti”, osserva Toti. Sfumature diverse. Parla pure un rappresentante del Family Day (non è Gandolfini) e sono ovazioni. Nel retropalco s’intravedono Eugenia Roccella, Adolfo Urso, Barbara Saltamartini e l’ex ministro degli Esteri finiano con breve cotta per Monti, Giulio Terzi di Sant’Agata. Tutti insieme appassionatamente a lavorare al grande listone sovranista in salsa trumpiana.

Matteo Salvini

Ecco chi lavora in Italia al listone sovranista in salsa trumpiana

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