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Golpe fallito o temeraria azione dimostrativa? A Tripoli Khalifa Ghweil – l’irriducibile autoproclamato ex capo ad interim del governo islamista di salvezza nazionale a suo tempo defenestrato dal “governo dell’Onu” di Fayez al-Serraj – ci riprova dopo pochi mesi. Ricordiamo infatti che già a metà ottobre, spalleggiato da un gruppo armato di oltranzisti fedeli, aveva fatto irruzione all’Hotel Rixos, sede del Consiglio di Stato. Questo Consiglio, è utile ricordarlo, altro non è che l’organo di governo collegiale presieduto dal primo ministro designato. L’azione era stata rapidamente costretta a rientrare dall’intervento delle milizie di Misurata. “Ghwell sarà arrestato”, aveva proclamato al-Serraj, annunciando qualche giorno dopo l’Istituzione di una propria Guardia Presidenziale.

Nulla di fatto, perché il golpista fai da te, dopo breve latitanza, rientrava in città, stabilendo la sua roccaforte in un quartiere ancora fuori dal controllo del governo. Libero di circolare, ma anche, evidentemente, di continuare le sue trame. Già questo, la dice lunga sull’attuale situazione di Tripoli. Ed eccolo infatti, occupare senza colpo ferire, con un “golpe fotocopia” della mossa precedente alcuni edifici di Ministeri chiave, quali la Difesa, la Giustizia e l’Economia. E’ presto per capire se Ghwell abbia rivisitato i suoi piani ed agito in modo dimostrativo solamente per riaffermare, nell’attuale lotta per il potere, la presenza sulla scena di se stesso e del proprio gruppo. Tutti gli attori in campo a Tripoli sono in qualche misura “islamisti”, anche al-Serraj, che non ha forze proprie efficaci, e le truppe di Misurata, amiche un po’ deluse e scontente. Poniamo che Ghwell, o altri, si mettano in grado di stringere patti proprio con loro, ed ecco che un prossimo disegno golpista potrebbe anche essere coronato da maggiore successo. Lo vedremo abbastanza presto.

A suo tempo il nostro governo, dopo una dichiarazione un po’ affrettata a sostegno del “governo di Tobruk”, il cui uomo forte era già il generale anti-islamista Khalifa Haftar, si era impegnato supportando il gruppo di Skhirat, che alla fine partoriva la soluzione attuale, unica riconosciuta dall’Onu. Al-Serraj, tuttavia, non è mai riuscito a decollare davvero e non ha mai avuto altro che il supporto “morale” dei propri promotori dell’Onu. L’Italia ha fatto più di altri, ma esponedosi con la consueta cautela. Secondo Kobler, il rappresentante del Segretario Generale in Libia, la popolarità del premier designato oggi è ai minimi storici persino nella città di Tripoli, ancora tormentata da problemi idrici, di energia elettrica e di ripresa occupazionale. L’Italia, che, fedele agli impegni presi in sede Onu, a differenza di altri ha puntato tutto su al-Serraj (reciprocità con Renzi, visita dei maggiorenti dell’Eni, incontro con il ministro Minniti, riapertura dell’ambasciata, tentativo di rispolverare l’accordo sui migranti e sulla ricostruzione) potrebbe ora trovarsi in crescenti difficoltà. Ma è stato e rimane, tuttavia, un tentativo intelligente e doveroso.

Se le quotazioni di al-Serray sono in calo, quelle del generale (anzi, “maresciallo”) Khalifa Haftar, stanno salendo a picco. E’ il frutto di una serie di mosse molto abili e spregiudicate, come la riconquista dei terminali petroliferi, l’aver lasciato i proventi del petrolio e del gas alla Banca Centrale libica e l’ostentato riavvicinamento alla Russia di Putin. Baldanzoso, dalle pagine del Corriere della Sera ci ha perfino (molto educatamente) rampognato per le scelte di campo “sbagliate”.

Cosi, nonostante tutta la nostra buona volontà, potrebbe accadere che la collaborazione con la Libia rischi ora una nuova fase di stallo.

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