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Quando mi sono accinto a scrivere poche righe su Lello Bozzo, strappato a noi tutti a solo 63 anni dopo almeno tre di difficile malattia, mi è venuto in mente il titolo di una commedia poco nota, ma molto bella, di Giuseppe Patroni Griffi In memoria di una Signora Amica: nel 1963 si raccontava, attraverso gli occhi di due giovani, la “signorilità” di chi era rimasto tale della Napoli del dopoguerra, era emigrato a Roma per poi tornare a Napoli nel 1950.

A differenza di altri che hanno scritto di Lello in questi giorni, non sono stato un suo collega, non abbiamo diviso scrivanie, non abbiamo fatto vita di redazione insieme. Venimmo presentati da Paolo Peluffo (allora a Il Messagero) quando io rappresentavo in Italia l’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Sarebbe dovuta essere una relazione professionale in cui avremmo potuto dialogare di politica del lavoro.

Ne nacque un’amicizia fatta di pranzi frequenti, nuotate in piscina, serate passate con le rispettive mogli a casa o dell’uno o dell’altro. Facevamo professioni differenti. Ed avevamo avuto percorsi differenti: alla sua costante presenza a Il Giornale (dove era stato assunto da Montanelli subito dopo avere completato una specializzazione in politiche europee a Parma) dall’inizio alla fine prematura della carriera, corrispondeva una mia vita professionale molto variegata tra due continenti. Non so se questa diversità fosse elemento di attrazione. Indubbiamente, mi colpì la signorilità, un po’ ligure ed un po’ sarda, da signore amico con radici salde nella borghesia del Regno di Sardegna. Sempre umile e sempre leale in un ambiente in cui si ha la brutta abitudine di pavoneggiarsi. Sempre pronto ad aiutare colleghi ed amici. Sempre acuto nelle riflessioni, che non erano mai battute ma, quando brevi, aforismi.

Vari colleghi hanno ricordato le sue grandi qualità di giornalista, il suo modo di fare “analisi di notizie” (un lavoro più difficile della stesura di un pastone o di un editoriale), il suo scansare opportunità di mettersi in vista (come andare in video od essere in prima pagina). Vorrei ricordare il contributo dato dal “signore amico” al Club dell’Economia ai cui lavori ha partecipato attivamente sino a quando la malattia glielo permise: è stato una vera fucina di idee e proposte, sempre pronunciate senza voler soverchiare quelle degli altri.

Ciao, Lello, di “signori amici” c’è tanto bisogno.

In memoria di un signore amico

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