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Dopo i risultati del referendum di domenica, nella maggioranza (ma anche nella minoranza) del Pd bisognerà conservare i nervi saldi e lucidità di analisi e di comportamenti politici.

Renzi ha annunciato le dimissioni e nel momento in cui scriviamo si accinge a presiedere il Consiglio dei Ministri che dovrebbe ufficializzarle per poi presentarle al Capo dello Stato, il quale ha già avuto modo di ricordare che vi sono impegni e scadenze che le Istituzioni devono rispettare. Il riferimento fin troppo chiaro è alla legge di bilancio che deve essere ancora approvata dal Senato entro il 31 dicembre, se non si vuole andare all’esercizio provvisorio.

Ma non vi è solo la legge di bilancio da approvare. Vi è sul tappeto una rilevante quantità di provvedimenti già assunti da attuare, proseguire e completare nell’interesse del Paese. Si pensi, solo per citarne alcuni, alla riforma della Pubblica amministrazione, ai Patti con le regioni del Sud e con le Città metropolitane, ai provvedimenti in materia di infrastrutture che il ministro Delrio deve proporre al governo con il DPP-Documento pluriennale di pianificazione di cui al D.lvo 228/2111 entro i primi mesi del prossimo anno, all’avvio della ricostruzione nelle zone terremotate, ove si è ancora in una situazione di emergenza, alla delicata definizione della vendita del gruppo Ilva. Per non parlare delle numerose vertenze aziendali aperte presso il ministero dello Sviluppo economico e gestite dalla vice ministra Teresa Bellanova e dal direttore della task force dello stesso ministero dott. Castano.

Allora, tutto questo si interrompe? Si blocca? O si rallenta? Il Paese, è appena il caso di sottolinearlo, ha bisogno di un governo nella pienezza dei suoi poteri, e non solo di un esecutivo che si impegni a far approvare in Parlamento una nuova legge elettorale, portando poi l’Italia ad elezioni anticipate.

Sull’attuazione degli impegni prima richiamati, inoltre, bisognerebbe ascoltare anche l’opinione dei partiti alleati del Pd, ovvero Ncd, Scelta civica e Udc ed anche il gruppo di Ala, così come sarebbe necessario consultare rapidamente sindacati, Confindustria, Abi, e altre associazioni di categoria. Insomma, nessuno si illuda che servano alla crescita del Paese solo affrettate scorciatoie elettorali, che rischierebbero peraltro di svolgersi in una situazione di piena ingovernabilità, con tutti i rischi intuibili.

Non ce lo possiamo permettere. Non se lo può permettere il Paese con la seconda manifattura europea. Se ne facciano tutti una ragione.

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