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Ho molto apprezzato, nei giorni scorsi, l’articolo su Formiche.net del dottor Alfredo Ferrante (dirigente della P.A., che non conosco) che riassume alcune perplessità sugli effetti della Riforma Madia della P.A., effetti che il governo (nei mesi passati) ed il CdM di giovedì’ 25 agosto ha colpevolmente trascurato, almeno per quanto ci è dato di conoscere.

Ancora una volta, a noi, comuni cittadini, non è stata concessa la grazia di conoscere nel dettaglio il testo in questione, ma le informazioni diffuse alla stampa (si veda ad esempio anche il puntuale articolo di Domenico Cacopardo, Italia Oggi, 26/08/16) ci hanno confermato le perplessità che abbiamo sempre avuto nei confronti della legge 124/2015 e dei suoi, più o meno ritardati, decreti attuativi.

Non si tratta di pregiudizi, ma di valutazioni legate al lavoro dirigenziale da noi svolto in uno specifico ambito della P.A., quello sanitario.

Di questo vogliamo infatti scrivere. Il “misterioso” decreto legislativo attuativo della riforma della dirigenza della P.A. riprende il dettato della legge, istituendo un nuovo sistema (organico?) della dirigenza pubblica, costituito dai 3 ruoli: dirigenti statali, regionali e locali.

Nei fatti, si punta a realizzare concretamente il recente accordo tra Aran e confederazioni sindacali in tema di aree/comparti contrattuali, ridotte – come si sa- da 11 a 4 (Stato, Regioni, E.locali, Formazione di ogni ordine e grado) cui si aggiunge la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

ACCESSO ALLA DIRIGENZA
Avverrebbe attraverso una selezione, si tratti di corso-concorso o di concorso. Ossia attraverso una selezione ed una valutazione del merito. Principio giustissimo, da applicare nella realtà. Non è chiaro, ad oggi, se il corso-concorso porti ad una idoneità, con possibilità di chiamata discrezionale e con un incarico triennale da funzionario (prima di una assunzione come dirigente) e se il concorso porti invece i vincitori ad assumere una immediata funzione dirigenziale (4 anni + una possibile proroga di 2). Per costoro, al termine dei primi 4 anni, solo una valutazione positiva porterebbe ad una conferma dell’incarico dirigenziale.
In caso contrario decadrebbero da dirigenti, assumendo la veste di funzionari, quindi con demansionamento funzionale e di stipendio.

Un problema, su tutti: se l’interpretazione è corretta, c’è da chiedersi quale sarà la sorte di tutti i medici dipenndenti del Servizio Sanitario Nazionale, tutti assunti come dirigenti indipendentemente dalle funzioni individualmente svolte.

Non è un problema di poco conto, perché – ora che il comparto sanitario è totalmente affidato alle Regioni – l’applicazione indiscriminata del decreto 25 agosto porterebbe ad un caos gestionale-burocratico-amministrativo micidiale, con possibile retrocessione normativa e finanziaria, ogni 4 anni, di almeno 10.000 unità mediche, tenuto conto non solo della percentuale di valutazioni negative ma anche del progressivo cambiamento (in pejus) del SSN, conseguente alle pesanti riorganizzazioni regionali ed alla riduzione del fondo sanitario nazionale (FSN).
Vi immaginate, voi, quale potrebbe essere il destino di un reparto specialistico ospedaliero, il cui primario (ora Direttore di Unità operativa complessa=UOC) potrebbe essere cambiato ogni 4 anni, sulla base di valutazioni “politiche” e non tecniche?

Mi si potrebbe dire: “Ma la riforma della dirigenza della P.A. non si applica alla sanità pubblica….“. Se fosse cosi’ (ma leggeremo il testo definitivo del provvedimento) questo vorrebbe dire che i dirigenti della sanità sono una categoria speciale, per cui all’interno dell’unico comparto Regionale si creerebbe una dicotomia tra i dirigenti sanitari e tutti gli altri dirigenti (amministrativi e tecnici), pur operanti in sanità od operanti nelle strutture regionali non sanitarie.

Con ovvio caos, procedurale, normativo, amministrativo e tabellare/stipendiale.
Vedremo quello che succederà. Prima o poi ci sarà un rinnovo dei contratti pubblici, se questo governo riterrà di rispettare la sentenza della Corte Costituzionale dell’anno scorso.

COMMISSIONI DI COORDINAMENTO DEL SISTEMA

Saranno una per ruolo (Stato, Regioni, Enti locali, Scuola), composte da 9 membri e dovranno definire i criteri generali per il conferimento/revoca degli incarichi dirigenziali. Ci si chiede da chi saranno composte e se i componenti saranno disposti a lavorare a tempo pieno. Ancora, la Commissione del comparto statale dovrebbe essere costituita da altissimi funzionari statali (Ragioniere generale dello Stato, Capi dipartimento ministeriali etc) che, fino ad ora, svolgevano compiti ben diversi. Li trascureranno?

VALUTAZIONE DEL DIRIGENTE

La valutazione del dirigente, lo sappiamo bene, costituisce da sempre un problema, non solo tecnico ma politico-gestionale.
Dice il decreto che la valutazione negativa del dirigente può anche essere basata sulle lamentele dell’utenza. Principio teoricamente giusto. Ma ritorniamo alla sanità.
I medici saranno colpevolizzati per le liste di attesa, per il contenzioso giudiziario (fasullo o reale), per il fatto che la medicina non è una scienza esatta e che anche il rispetto delle fantomatiche linee guida non garantisce il risultato?
Saranno penalizzati per una organizzazione del SSN arretrata di almeno 30 anni rispetto alle esigenze reali dei cittadini? Saranno in balia della politica e delle scelte sempre più discrezionali (perché mai pagate, se errate) da parte dei politici regionali e di chi sottofinanzia il SSN?
Ovvia, la morale. Una valutazione affidata alle “utenze”, ovvero ai malati od ai loro familiari, avrà un effetto perverso sul SSN, esponenziale rispetto a quello che fa attivare “all’utenza” migliaia di cause professionali, il 97% delle quali risulta poi “irrazionale”.

PRECARIZZAZIONE DELLA DIRIGENZA PUBBLICA

Quanto sopra ricordato porta ad una sola certezza. Dopo aver precarizzato il mondo del lavoro privato, si è ora completato il disegno della precarizzazione della dirigenza pubblica.
La selezione e la conferma del personale dirigenziale pubblico diviene piu’ trasparente e piu’ equa solo in teoria.
Nei fatti, invece, si creerà – in tutta la P.A.- uno stato d’ansia generale, perche’ la mancata stabilità del livello dirigenziale e del posto (ovvero della funzione) provocherà, ben prima della conclusione dell’incarico quadriennale, centinaia di migliaia di domande di mobilità e di partecipazioni a bandi pubblici, con riduzione dell’efficienza delle strutture di lavoro, con la perdita dello “spirito di gruppo” e con la ricerca perpetua di sponsors politici.
Insomma, una “giostra impazzita” (Ferrante), difficilissima da gestire. Nuovo caos, che si aggiungerà a quello prodotto dalla Gelmini nella scuola. Cui prodest?

NON SI PRECARIZZA LA POLITICA

Una cosa è certa. Il Governo Renzi, che ha precarizzato il lavoro e che ora precarizza la dirigenza pubblica, non ha di certo precarizzato la politica. Si pensi solo alla nuova composizione del Senato, che garantirà seggi senatoriali ed immunità ad un centinaio di consiglieri regionali e di sindaci, scelti – come senatori – dai politici e non dai cittadini

Ancora una volta abbiamo a che fare con una riforma (quella Madia) concepita male e che rischia di produrre danni irreparabili, in ognuno dei 4 comparti pubblici. A titolo V° vigente ed anche a titolo V° modificato.
No, non è cosi’ che vanno fatte le riforme. Chi rottama per rottamare, senza saperne gli effetti reali, è o incapace o e’ in malafede. Tertium non datur!

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