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“Sono molto orgoglioso e onorato di avere K.T. McFarland come membro del National Security Team, lei ci aiuterà [nel] #MAGA” ha scritto su Twitter il Consigliere per la sicurezza nazionale americano Michael Flynn a proposito dell’annuncio sul nome della sua vice (i due il 18 novembre sono usciti insieme da uno degli ascensori della Trump Tower). Il processo di composizione delle alte cariche dell’Amministrazione di Donald Trump procede verso il #MAGA (l’hashtag è l’acronimo del motto trumpiano “Make America Great Again), e si arricchisce di un altro nome, quello di Kathleen TroiaK.T.McFarland, che andrà a ricoprire per nomina diretta senza passaggio per il Senato uno dei ruoli chiave della West Wing, lo snodo nel meccanismo che sovrappone spesso la politica estera e di difesa americana: “Il luogo in cui le cattive idee muoiono, e dove si premia la capacità di analisi”, ha detto al New York Times Peter Feaver, che ha ricoperto l’incarico per l’Amministrazione-Bush.

LE CRITICHE A OBAMA

Aide per tre diversi inquilini repubblicani della Casa Bianca (fresca laureata dalla George Washington University e collaboratrice di Henry Kissinger), analista di fama, host di programma tematici sulla Fox, per cui è anche opinionista dal 2010. È nel board della Jamestown Foundation e membro del Council on Foreign Relations, il noto think tank newyorkese diretto da Richard Haass, uno degli intellettuali esperti di politica estera più stimati da Trump. McFarland, che ha fatto parte del team che ha preparato Trump per i dibattiti elettorali televisivi, è stata negli anni passati molto critica per l’approccio dell’attuale presidente Barack Obama nella lotta al terrorismo, con una visione praticamente allineata a quella del suo futuro capo, Flynn: bisogna fare di più, perché la minaccia è enorme, “il presidente ha messo la testa sotto la sabbia e ora ci troviamo davanti a due americani che hanno perso la testa” (la dichiarazione, del settembre 2014, ha valore letterale, e si riferisce alle brutali esecuzioni di James Foley e di Steven Sotloff), e si dovrebbe “abbandonare la correttezza politica e mettere al sicuro i confini”, e ancora, “il presidente ha giocato molto a golf, ma ha badato poco alla difesa degli Stati Uniti”. “Una dei più esperti conoscitori della politica estera e di sicurezza nazionale del nostro Paese, informata e saggia” l’ha definita l’ex senatore Joseph Lieberman, falco democratico poi diventato indipendente, ed ex compagno di Yale del marito di KT, il banchiere Alan McFarland, capo della banca di investimenti McFarland Dewey & Co. (nel board anche Robert Bernhard, ultimo dei discendenti, da parte di madre, della Lehman Brothers).

LA POLITICA, LE VISIONI

Della sessantacinquenne di Madison, Wisconsin (uno degli Stati contestati fino all’ultimo e che ha permesso la vittoria elettorale di Trump) si conoscono anche alcune visioni politiche di più ampio raggio, per esempio è una sostenitrice della necessità che gli Stati Uniti diventino un leader globale per la produzione/vendita di energia; gli incentivi e gli aiuti alle società energetiche americane dovrebbe arrivare anche dalla linea che terrà il nuovo segretario al Commercio Wilbur Ross. Sprazzi anche di carriera politica diretta: nel 2006 è stata in corsa per il posto da rappresentante al Senato per lo stato di New York, sconfitta da Hillary Clinton. Tutto il pensiero politico di McFarland è espresso in un fondo pre-elettorale e pro-Trump scritto sul sito di Fox News due settimane fa: riassunto in un frase, “nessuno pensa che la politica estera americana negli ultimi quindici anni sia stato un successo”. Ancora: “Invece di distruggere e sconfiggere i movimenti islamici radicali, li abbiamo visti espandersi in più luoghi e con una maggiore resistenza rispetto a prima. Si sono diffusi in tutta la civiltà occidentale, e ora anche nella nostra patria”. Poi su Mosca, con una linea più dura di Trump: “La Russia ha riavviato la guerra fredda e si sta spingendo contro di noi e i nostri alleati in Europa del Nord, Europa centrale e Medio Oriente”. Dura con Teheran: “Abbiamo dato all’Iran tutto ciò che voleva e più con un accordo nucleare, sperando che ci avrebbe fatto guadagnare un nuovo e accogliente l’Iran, invece i loro canti ‘Morte all’America’ ​​sono cresciuti più forte di prima”. E infine Pechino: “La Cina si sta espandendo nel Mar Cinese Meridionale e rivendica una delle principali vie commerciali di tutto il mondo come un lago interno cinese”: “Solo uno dei candidati può cogliere questo unico momento storico per rendere l’America Great Again”.

VECCHIE (NUOVE?) STORIE

McFarland fu coinvolta in uno scoop fatto dal giornalista Bob Woodward del Washington Post nel 2012: per mano del presidente della Fox Roger Ailes, in combutta con Rupert Murdoch, lei avrebbe consegnato brevi manu un messaggio al generale David Petraeus direttamente nell’ufficio del comandante a Kabul, Afghanistan. Era il 2011, la missiva conteneva un invito che più o meno poteva suonare così: Generale, pretenda di essere nominato Capo delle Forze Armate (anche se era in predicato per guidare la Cia), oppure si dimetta e corra per la presidenza, abbiamo già tutto pronto per una campagna di finanziamento. In un pezzo scritto sempre su Fox News poco tempo dopo l’incontro McFarland sosteneva che Obama aveva fatto una scelta saggia, con senso polemico, a “parcheggiare un potenziale rivale in un luogo dove non sarà né visto né sentito per i prossimi 18 mesi”, riferendosi alla nomina di Petraeus a direttore dell’intelligence, che per lei era stata una mossa politica finalizzata a impedire che il generale avesse la possibilità di ricevere ancora più consenso nazionale, per esempio diventando capo della forze armate (Joint Chief of Staff lo chiamano in America). Consenso che poi sarebbe stato la base politico-elettorale per una sua candidatura tra i repubblicani per il quadriennio 2012-2016. Ancora su Fox News, McFarland spiegò al momento dello scoop del WaPo il suo incontro con Petraeus, che formalmente aveva un’intervista come ragione, sostenendo che le richieste di Ailes, che lui stesso aveva ammesso, erano uno scherzo, che lei e il generale l’avevano presa come una provocazione e anzi si erano divertiti e contestando come Woodward aveva ottenuto le informazioni – a quei tempi, però, che Ailes “volesse nominare un presidente” non era un segreto. Parallelamente all’incarico affidato a McFarland, il nome di Petraeus sta nuovamente tornando di moda adesso, perché è stato più volte evocato per il dipartimento della Difesa: la guida del Pentagono, insieme alla segreteria di stato, sono le due importantissime sedie lasciate ancora vuote da Trump. Una potrebbe essere occupata proprio dalla star dei generali-politici americani, lo stratega che aveva represso al Qaeda in Iraq, uno dei militari più amati dagli americani.

(Foto: Gage Skidmore, Flickr, KT McFarland al CPAC2016)

McFarland, cosa pensa la vice consigliere per la Sicurezza nazionale Usa di Isis, Russia, Iran e Cina

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