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“Temo che l’Unione bancaria, nata con le più nobili intenzioni, sia fattore specifico di aumento dell’incertezza in Europa nel settore bancario”. L’allarme è stato lanciato negli scorsi giorni dal direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi (nella foto) a un convegno alla Camera. Queste parole fanno effetto considerando che l’obiettivo di partenza dell’Unione bancaria era l’esatto opposto, ovvero rafforzare il comparto. Ma qualcosa è andato storto rispetto al progetto originario. Rossi ha sottolineato in particolare che oggi lo schema unico di garanzia dei depositi è “politicamente paralizzato” e l’Unione bancaria rimane una “incompiuta”. Inoltre non sempre le misure approvate hanno prodotto benefici, come si è sperimentato nel caso del bail-in, che secondo Via Nazionale in certi casi può essere pericoloso per la stabilità finanziaria.

Secondo Rossi, “l’obiettivo della Banking Union si è un po’ perso, si è anche rovesciato”. Lo scopo principale era quello di spezzare il legame pericoloso tra Stati e banche, in modo da evitare che una crisi di fiducia su un Paese potesse colpire gli istituti nazionali. Tutte le banche avrebbero dovuto essere considerate europee e non più italiane, spagnole o tedesche. Così è partito il meccanismo di vigilanza unico, il primo pilastro dell’Unione bancaria. Poi però lo schema di risoluzione non è stato completato con un backstop comune e la garanzia Ue dei depositi è rimasta solo sulla carta.

Oggi la costruzione complessiva dell’Unione bancaria “è venuta meno alle sue ragioni d’essere originarie” fino ad “aumentare l’incertezza sui legami tra Stati sovrani e sistemi bancari”, ha fatto notare Rossi. Come noto, i Paesi del Nord Europa spingono per imporre requisiti di capitale alle banche che detengono titoli di Stato, mentre frenano sul completamento dell’Unione bancaria e sull’avvio della garanzia europea sui depositi.

Questo orientamento è stato messo nero su bianco nella bozza di relazione del Parlamento Ue sullo schema comune sui depositi, firmata dall’eurodeputata olandese Esther De Lange. Il rapporto ha rallentato i tempi di partenza della garanzia sui conti correnti e ne ha vincolato l’introduzione ad alcune condizioni, tra cui il riesame del trattamento regolamentare dei titoli di Stato nei bilanci bancari (si veda MF-Milano Finanza dell’11 novembre). Inoltre l’assicurazione sui depositi non sarebbe più completa ma ancora legata per metà ai fondi di tutela nazionali.

Roberto Gualtieri, presidente della commissione economica del Parlamento Ue, ha chiarito che la condizionalità sui bond sovrani è “politicamente inaccettabile e giuridicamente inammissibile” e che la bozza De Lange sarà emendata in molti punti. In ogni caso sarà difficile ottenere una maggioranza su un testo, considerando le aspre divergenze tra Paesi sulla materia. Per il via libera finale servirebbe, oltre all’ok di Strasburgo, anche quello degli Stati. Ma i lavori sono bloccati anche al Consiglio Ue, dato che i governi non hanno trovato alcuna intesa. È questa la paralisi di cui ha parlato ieri Rossi.

Il direttore generale di Bankitalia ha evidenziato anche le ragioni dello stallo. “I Paesi europei del Nord non si fidano più di quelli del Sud, che si sentono ingiustamente discriminati e reagiscono rigettando la colpa”. Così però “l’Unione Europea si sfascia”. Secondo Rossi, per “tornare a fare rivivere il progetto europeo è necessario che torni un po’ di fiducia tra gli Stati europei”.

(Articolo pubblicato su MF, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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