Skip to main content

Le più sconvolte sono le élite. Per loro, veramente, l’elezione di Donald Trump è una novità e un segnale distruttivo. Élite sono: giornali-partito, capi-partito, circoli intellettuali, editorialisti, economisti di fama, conduttori di tv popolari, professori universitari, attori, guru, saggisti, opinion makers, lobbisti, capi sindacali, preti. Tutti coloro, insomma, che si interpretano mediatori del voto popolare. E che influenzano i partiti. Hanno toppato le previsioni. E soprattutto hanno toppato propositi e analisi. Per la stragrande maggioranza della gente, quello che chiamiamo popolo, non è cambiato molto: Trump come Obama. Si stenterà a trovare differenze evidenti.

Le élite sono come i partiti: continuano a immaginare di avere un potere di influenza. Non lo hanno più. Perché il sistema politico democratico va cambiando. E in America (che è sempre più avanti) è già cambiato: lì il popolo sapeva che demonizzare Trump era un giochetto degli intellettuali. Perchè con Trump o con Hillary (ma anche Sanders, non illudetevi voi di sinistra) non sarebbe cambiato nulla: nessuno sconvolgimento. Nei sistemi istituzionali moderni e nelle economie globalizzate di oggi il concetto di governo è cambiato: in Usa il presidente non è più il sovrano “democratico” di un tempo. La sua azione di governo è diventata, in realtà, largamente obbligata, condizionata e azionata da criteri di “forza maggiore”, molto automatica direi. Nessun presidente Usa può decidere, in realtà, prescindendo da altre istituzioni, che hanno altrettanto potere e che determinano l’agenda politica: il Congresso, la Banca centrale, il Pentagono, la Corte federale e perfino le istituzioni internazionali (Fmi, Wto, Nato) e, naturalmente le altre potenze (Cina e Russia) con le loro, altrettanto complesse, istituzioni. La politica di un presidente Usa è obbligata.

La gente sa che, in realtà, non può cambiare molto da Obama a Trump. E vota in modo libero. La gente sa che – come ha detto ieri sera Obama – “democratici e repubblicani sono solo personale politico che si avvicenda con un’unica ideologia, One Nation, la grandezza degli Usa”. Le élite, invece, perdono potere. Loro, per avere potere sui partiti (che, a loro volta, contano meno) sono portati ad esasperare le differenze tra i candidati, a radicalizzare le diversità, a traumatizzare col catastrofismo, a rappresentare la politica come “guerra civile”, a ragionare ancora in termini del passato (destra/sinistra, populisti/progressisti ecc). Le éelite eternizzano un cleavage ideologico che è, ormai, largamente finzione. La gente vota a prescindere dal cleavage, dalle linee di frattura ideologiche. E, perciò, a prescindere dalle élite cui continuano ad affidarsi i partiti perdenti. Quelli vincenti propongono, invece, agli elettori una leadership, scommettendo sulle sue qualità di convinzione, attrazione, suggestione. Esattamente l’opposto di quello che terrorizza la sedicente sinistra del No in Italia.

Noi avremo, il 4 dicembre, la possibilità singolare di votare tra i due modelli in competizione: il Sì è una porta verso la modernizzazione del sistema e verso il modello americano (che è il futuro), mentre il No è restare inchiodati nel sistema, ormai fossile, del potere politico debole e del potere delle élite. Un sistema, si badi bene, che non solo è vecchio. Ma è sempre meno in grado di governare le cose. Per questo la vittoria del No è, oggettivamente, reazionaria: ci consegna all’eternizzazione di istituzioni sempre meno dinamiche perché antiche, 100 anni dietro l’America.

È il contrario di ciò che dicono la minoranza Pd e Zagrebelsky: è nell’attuale sistema istituzionale che potrebbe avvenire una deriva autoritaria. È qui che un Trump potrebbe fare danni. Perché il sistema è fragile, non bilanciato, non equilibrato tra i poteri come negli Usa. Il bicameralismo perfetto è la rappresentazione massima di questa fragilità. Da noi la “deriva autoritaria” potrebbe essere prodotta dalla debolezza delle istituzioni. Da noi il governo debole fa sì che la scena delle decisioni che contano sia, al contrario dell’America, occupata solo da istituzioni non elettive. Rispetto al Congresso Usa e al Presidente Usa qui la politica eletta ha potere quasi zero. Zagrebelsky dice che è l’ideale. E vota No. Io dico che è il vero pericolo autoritario e di implosione del sistema. E voto Sì.

Il No vuole conservare un sistema pericoloso per la sua fragilità. Negli Usa il sistema è così forte che perfino un Trump può essere riassorbito e, come riconosce perfino Grillo, diventare “moderato” per forza maggiore e in una sola notte. Sublime. In Europa noi rischiamo di avere l’elettorato come in America (che vota senza seguire le élite e per i motivi più vari, interclassisti e a-ideologici) ,ma senza avere le difese del sistema americano (ad esempio un Congresso forte come una Camera unica).

Per cui: da noi il sistema è così debole che perfino un Di Maio o un clown possono combinare sfracelli. Il pericolo si evita non esorcizzando Grillo o Di Maio. Ma cambiando il sistema. Il goal è il sistema americano: lì gli sfracelli e la “deriva autoritaria” sono interdetti per principio, per forza propria del sistema. E il sistema americano è il futuro.

Nel nostro continente – cari amici del No – il problema è che c’è la “talpa che scava sotto il corpo della vecchia Europa”, come scriveva Marx nel Manifesto. Ma non è il comunismo. È l’America. È quello il “de te fabula narratur” che Bersani ricordava l’altra sera. Per esorcizzare il futuro. Ma il futuro arriva. E allora attrezziamoci per non soccombere. Copiamo un po’ di America. Prima che sia troppo tardi e arrivi un clown ad affossarci.

Ecco le élite sconfitte da Trump (e quelle da sconfiggere in Italia)

Le più sconvolte sono le élite. Per loro, veramente, l’elezione di Donald Trump è una novità e un segnale distruttivo. Élite sono: giornali-partito, capi-partito, circoli intellettuali, editorialisti, economisti di fama, conduttori di tv popolari, professori universitari, attori, guru, saggisti, opinion makers, lobbisti, capi sindacali, preti. Tutti coloro, insomma, che si interpretano mediatori del voto popolare. E che influenzano i partiti. Hanno…

Le 12 incognite sulle idee programmatiche di Donald Trump

Se Hillary piange, forse ora Donald ha smesso di ridere. Il 20 gennaio 2017 le promesse elettorali del neo-presidente inizieranno a scontrarsi con la realtà dei fatti. Per la prima volta dal 1928 i Repubblicani hanno fatto tombola e ora hanno la Casa Bianca, la maggioranza in Senato e alla Casa dei Rappresentanti, la maggior parte dei Governatori e la…

Cosa succederà in Siria e Iraq dopo la sconfitta dell'Isis

Le forze di sicurezza dell’Iraq, le "aquile d’oro", sono entrate a fondo nell’area di Mosul Est, mentre le stesse forze dell’Iraq sciita e i guerrieri curdi Peshmerga operano sia a Est sia, soprattutto, a Sud dell’area periferica di quella città. Le azioni di entrambi i corpi operano dopo che il contro-terrorismo iraqeno e la Nona divisione delle forze dell’Iraq stanno…

Deutsche Bank

Ecco cosa pensa la Deutsche Bank di Donald Trump

Le politiche promesse da Donald Trump durante la campagna presidenziale avranno un peso nella già difficile prospettiva della zona euro. Inizialmente la sua vittoria influenzerà l’area attraverso il canale finanziario, ma non c’è da aspettarsi un impatto significativo, almeno nel breve termine. Rimane una notevole incertezza su quali politiche porterà avanti, data la carenza di dettagli forniti durante la campagna…

metalmeccanici

Metalmeccanici, a che punto è il rinnovo del contratto

Passo dopo passo stiamo completando il percorso verso il rinnovo del Ccnl dei metalmeccanici. Abbiamo ormai condiviso una importante serie di testi che costituiranno l’asse portante della nuova struttura contrattuale. Manca ancora la voce del salario, ma confidiamo di affrontarla a breve con la controparte imprenditoriale giungendo ad una soluzione che soddisfi lavoratori ed imprese. La discussione è a buon…

Stephen Bannon - Youtube

Stephen Bannon, ecco pensieri ed estremismi del super consigliere di Trump alla Casa Bianca

Con la nomina di Stephen Bannon e Reince Priebus nel gabinetto della Casa Bianca, parte la nuova amministrazione del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. I due sono stati gli uomini di fiducia di Trump durante la campagna elettorale. Il conservatore repubblicano Preibus (qui il ritratto di Formiche.net), sarà il presidente del gabinetto, mentre Bannon è stato nominato capo…

Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps. Cosa fa il governo per il fondo esuberi delle banche

È una partita tutta da giocare e che durerà anni. Il numero preciso di esuberi nel settore bancario italiano è difficile da stabilire ma i sindacati concordano nell’ipotizzare una cifra che può arrivare intorno a 50mila. La metà di quelli paventati dal Fondo monetario internazionale a inizio ottobre, un terzo di quelli annunciati dal presidente del Consiglio Matteo Renzi al…

Come spiegano i miei amici americani il trionfo di Donald Trump

Dopo la sorprendente vittoria di Trump e il mio primo commento – che qui ripeto: sì, sono più divertito che preoccupato, anche se è la prima volta dal 1928 che presidente (e che presidente), senato, camera e corte suprema sono dello stesso colore e l’esperienza di quegli anni non conforta – e visto che stiamo (ancora) leggendo e ascoltando dai…

×

Iscriviti alla newsletter