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Ormai ne siamo consapevoli. La quota di trasferimenti dal bilancio dello Stato all’INPS è in crescendo da anni. Nel 2015, lo Stato, infatti, ha versato nelle casse dell’Ente di Previdenza circa 101 miliardi rispetto agli 80 del 2009. Il tutto per contribuire a una spesa complessiva del nostro Ente Previdenziale pubblico di circa 270 miliardi di euro nel 2015. Una somma comprensiva sia dell’assistenza (ad esempio le pensioni di reversibilità o la cassa integrazione) che delle pensioni vere e proprie il cui importo complessivo è di circa 193 miliardi di euro, di cui 172 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali.

Già così possiamo capire una cosa semplice, molto semplice, da scuola elementare potremmo dire. Spesa totale 270. Spesa per assistenza 77. Spesa per pensioni 193. Copertura delle gestioni previdenziali 172. Differenza annua a carico della fiscalità generale (le tasse) 101 miliardi di euro. Differenza sulle pensioni tra quanto si incassa e quanto di paga 21 miliardi di euro. Una cifra tale che non cambierebbe molto se fosse di 2 o 4 miliardi in più o in meno, perché comunque sarebbe un’enormità rispetto a cifre come i 280 milioni dei vitalizi dei parlamentari o alle coperture ipotizzate sulle pensioni di reversibilità generate dalle unioni civili di cui tanto si parla.

Ma da cosa deriva questa ammanco? Deriva, ancora una volta, dalle perdite che tutte le gestioni previdenziali (escluse la gestione dei dipendenti e la gestione separata) generano annualmente. Un dato confermato anche dall’INPS quando ci dice che i 173 miliardi di euro erogati nel 2015 non comprendono i trattamenti ex INPDAP (i dipendenti pubblici) ed ex ENPALS (i lavoratori dello spettacolo).

Ecco, intanto, da dove dipende una parte importante del buco. Sappiamo, quasi certamente, che lo Stato non pagava i contributi previdenziali dei dipendenti pubblici prima del 1994 (anno di creazione dell’INPDAP). Ma la domanda è: adesso finalmente li paga? E se li paga perché, guarda caso, le statistiche dell’INPS non li considerano?

Volete una risposta (quasi) definitiva? Negli estratti previdenziali dell’INPS, i contributi per i dipendenti pubblici non ci sono. Non ci credete? Metto a disposizione di chi volesse consultarlo il mio personale estratto conto INPS (sono stato un funzionario pubblico) così potrete controllarne l’effettiva presenza. Gli altri contributi ci sono tutti. L’INPDAP, no.

In sintesi. Lo Stato non versa i contributi. L’abbiamo già detto anche qui, l’evasione previdenziale è una componente importante del “nero” del Paese. Ma quello che è paradossale è che sia proprio lo Stato il primo evasore contributivo, e poco conta se si tratta di mera politica di bilancio. Partita di giro, dicono. Certo, lo potrebbe dire anche il privato. Te li verso solo quando il lavoratore va via (come un tempo il TFR). Ma intanto chi paga le pensioni in un sistema a ripartizione come il nostro?

L’INPDAP, poi, è solo la punta dell’iceberg tutto negativo dell’INPS. A parte la gestione dei dipendenti che, agli ultimi dati, è più o meno a pareggio, tutte le altre gestioni sono in perdita, fatta eccezione per la Gestione Separata che a fine 2015 contava circa 110miliardi di patrimonio, con un flusso attivo annuo di circa 9 miliardi di euro.

Tanti soldi, certo. Ma dove vanno a finire? Sempre secondo l’Inps, l’assegno medio mensile dei soggetti iscritti alla Gestione Separata durante tutto il 2015 è stato pari a circa 161 euro. La stessa INPS ci dice che le pensioni erogate nello stesso periodo sono state poco meno di 6 mila.

Ecco che entra ancora una volta in gioco la matematica elementare. 6000 pensioni per 161 euro per 13 mensilità uguale meno di 13 milioni di euro. E dunque: importo a patrimonio della Gestione Separata 110 miliardi di euro circa. Importo totale di pensioni pagate nell’anno 2015 circa 13 milioni di euro. Patrimonio netto dell’INPS a fine 2015 circa 1,8 miliardi di euro. Differenza, meno 108 miliardi di euro a carico della Gestione Separata. Come dire che, se per ipotesi, non esistesse la Gestione Separata, il contributo a carico di tutti noi contribuenti potrebbe essere più del doppio. Se non fosse così non si capirebbe dove finiscono i soldi.

Insomma, le professioni a partita Iva contribuiscono a compensare le gestioni in perdita, e quindi le pensioni di tutti gli altri, artigiani, commercianti e, soprattutto, statali. La Gestione Separata è la “gallina dalle uova d’oro” dell’INPS perché per ora paga poche pensioni e di piccole dimensioni.

Ma non sarà così per sempre.

Tutta la verità che nessuno ha mai detto sulle pensioni di oggi e di domani

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