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Rendere Napoli una città a spreco zero, diffondendo buone pratiche in tutta la città e attivando una rete di recupero delle eccedenze e di donazione a chi ha più bisogno. È questo l’obiettivo di un accordo congiunto firmato da Qui Foundation, onlus attiva dal 2007 nella raccolta del cibo invenduto, Anci, l’Associazione nazionali comuni italiani, e Università degli studi di Napoli Federico II. Ecco cosa prevede il progetto che punta a diventare un modello per tutto il territorio italiano.

I DATI SUGLI SPRECHI

Secondo i dati diffusi dalla Fao, 1/3 del cibo prodotto viene gettato via o disperso nella filiera. Solo in Italia si sprecano 76 kg di cibo a testa. Ogni anno vengono buttate 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti e il loro smaltimento costa all’ambiente 170 milioni di tonnellate di CO2, spreco d’acqua e impoverimento del suolo. La coltura del cibo sprecato occupa 14 milioni di km².

LA NORMATIVA

Anche a livello istituzionale sta seguendo il settore. Infatti, a proposta di legge antispreco presentata dalla deputata del Pd Maria Chiara Gadda e approvata a marzo scorso dalla Camera punta a sburocratizzare le procedure per la raccolta e la donazione non solo di cibo ma anche di farmaci. Il provvedimento, recante “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”, è ora al vaglio del Senato.
“La normativa anti spreco approvata dalla Camera è un grosso passo in avanti – commenta il segretario generale della Onlus QUI Foundation, Paolo Arrigoni (in foto) ma rimangono ampi margini di crescita. Auspichiamo maggiori incentivi fiscali e soprattutto la possibilità di applicare una riduzione della tariffa sui rifiuti proporzionale alla quantità di cibo donato”. Tra le disposizioni del progetto di legge vi è infatti la modifica alla legge 147/2013 che dà ai Comuni la possibilità di applicare un coefficiente di riduzione della tariffa della Tari (la tassa rifiuti) proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione.

IL PROGETTO IN PARTENZA A NAPOLI

L’iniziativa di Qui Foundation, Anci e Università Federico II mira a redistribuire pasti invenduti tra una rete di offerta qualificata e una rete di domanda per lo più legata al terzo settore. “Il progetto, che è in partenza nell’intera area del centro storico di Napoli, prevede la mappatura di ristoranti, bar, gastronomie e altri esercizi food che dispongono di un invenduto a fine giornata, e dell’organizzazione di una rete per il recupero e la ridistribuzione dei pasti eccedenti a chi ha più bisogno. A questo si affiancheranno anche azioni di sensibilizzazione rivolte a cittadini e venditori, volte alla prevenzione degli sprechi”, spiega Arrigoni.

“L’iniziativa mette per la prima volta in sinergia una onlus che da tempo si occupa del recupero di cibo invenduto, una realtà come Anci e una Università. L’idea è di elaborare, con il supporto accademico e scientifico del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Federico II, un modello virtuoso di ottimizzazione e valorizzazione delle risorse, esportabile poi – attraverso la rete e il sostegno di Anci – nelle altre città della Regione Campania, da integrare al progetto ambientale “Campania Differenziata”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e finalizzato a supportare i comuni campani nella gestione dei rifiuti urbani”, sottolinea il segretario generale della Onlus.
Da circa un anno QUI Foundation opera a Napoli con il supporto del Centro Servizi per il Volontariato di Napoli, per recuperare le eccedenze alimentari di ristoranti delle navi Tirrenia in arrivo al porto, nell’ambito del progetto antispreco “Pasto Buono”. Il progetto nasce dall’idea dell’imprenditore Gregorio Fogliani, presidente di QUI! Group, il cui core business sono i buoni pasto. Pasto Buono nell’ultimo anno ha permesso di recuperare 300mila pasti (raggiungendo gli 800mila dall’inizio dell’attività).

LA COLLABORAZIONE CON L’UNIVERSITÀ

Marco Musella, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche, spiega così il contributo dell’Università Federico II: “I nostri ricercatori si occuperanno dell’elaborazione di un modello che faciliti l’incontro tra la domanda e l’offerta di cibo. Calcoleremo scientificamente la quantità di cibo sprecato e al tempo stesso la quantità di cibo richiesta dalle strutture che offrono cibo gratis a persone in difficoltà. Stiamo costruendo gli strumenti, chiedendo a ristoratori, mense e centri sociali la disponibilità a collaborare mediante un questionario”, spiega Musella aggiungendo che “la previsione è che si stabilisca un sistema virtuoso che funga da imitazione in altri contesti”.
Rimettere in circolo il cibo invenduto oltre a fornire un servizio ai cittadini permetterà di risparmiare sui costi di smaltimento. “L’idea è quella di calcolare quanto il recupero del cibo permetta di far risparmiare in termini di energia connessa allo smaltimento”, spiega il docente.

IL CONTRIBUTO DI ANCI

Partendo da un progetto di assistenza ai comuni contro l’emergenza rifiuti in Campania l’Anci sta portando avanti insieme al partenariato di Qui Foundation e Università Federico II di Napoli, l’iniziativa pilota nel centro storico di Napoli. “Combattere lo spreco in un insieme di azioni integrate riducendo l’impronta ambientale” di un quartiere o di una intera città rende la comunità più “smart”, dichiara Antonella Galdi, vice segretario generale Anci.

“Ciò vuole essere esempio di circular economy, vuole sperimentare la sostenibilità nei comuni italiani partendo dall’innovazione sociale basandosi non solo sul concetto di solidarietà ma anche di intelligenza collettiva e di efficienza energetica, oltre che di attenzione alla qualità e alla responsabilità di impresa”, aggiunge Galdi.

Napoli testa il progetto contro lo spreco alimentare

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