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“Come agnelli in mezzo ai lupi ora io vi mando…”; o quasi. Insieme a una massiccia propaganda d’immagine del team, sin dalle prime battute del suo mandato alla guida della Commissione europea, Jean-Claude Juncker ha chiesto a tutti gli altri ventisette componenti dell’esecutivo comunitario di tornare periodicamente “a casa”, nei Paesi membri di provenienza, o comunque di viaggiare in lungo e in largo nel territorio dell’Unione. Un modo per intavolare un serrato e, nelle speranze, costruttivo dialogo con i cittadini d’Europa, per ascoltare le idee e le istanze del corpo democratico dell’Ue e parlare delle priorità in agenda, comunicando senza intermediazioni l’azione di Bruxelles.

E così, dopo il debutto milanese – lo scorso anno insieme a Martin Schulz, a pochi giorni dall’apertura di Expo – per la festa dell’Europa 2016, Federica Mogherini torna nella Roma che l’ha vista debuttare come ministro degli Esteri appena sei mesi della nomina alla guida della diplomazia Ue. Prima di volare a Parigi per un summit sulla Siria, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e vicepresidente della Commissione celebra i 76 anni dalla dichiarazione di Robert Schuman da cui tutto ebbe inizio, con una tappa italiana del “Dialogo sull’Europa” ospitato all’Auditorium Parco della Musica, insieme al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Un dialogo serrato tra i due esponenti politici della sinistra italiana e con il pubblico, fra cui tantissimi studenti in rappresentanza delle scuole romane e dell’associazionismo giovanile.

In platea anche il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, la vicepresidente della Camera, Marina Sereni, e una pattuglia di federalisti, giovani e meno giovani, capitanati dal presidente del consiglio italiano del Movimento europeo, Pier Virgilio Dastoli.

L’ex capo dello Stato si rivolge affettuosamente alla Mogherini chiamandola solo per nome, chiede di incoraggiarla e di riconoscerne gli sforzi nel dotare l’Ue di una politica estera comune; e le concede pure di essere la voce diplomatica nella coppia, facendo sue, invece, le risposte più forti e i toni più duri.

“Lo stato di salute dell’Unione europea è quello di un paziente con l’esaurimento nervoso – scandisce così Napolitano, iniziando a gamba tesa l’incontro moderato dal direttore de La Stampa Maurizio Molinari -: è sovraccarica di tensione e ha al suo interno molti motivi di divisione e di allarme”. Assist alla Mogherini, che ne approfitta per chiarire che “l’Ue ha problemi di nervi ma non di salute. Ce lo ha ricordato un non europeo, Barack Obama, in visita a Londra e ad Hannover: gli Stati Uniti e il mondo interno hanno bisogno di un’Europa forte e consapevole della grandezza della sua storia. Eppure noi spesso dimentichiamo chi siamo”. Un coro di sostenitori americani del progetto Ue a cui si è unito anche Papa Francesco, che ha da poco ricevuto il premio Carlo Magno dai leader delle istituzioni Ue, accompagnati da Matteo Renzi e da Angela Merkel.

Riconoscimenti e apprezzamenti che forse latitano, però, nella base. E così, dagli interventi in sala si intercetta il potenziale dell’Ue agli occhi dei suoi cittadini, dall’impatto locale dei fondi europei che possono rivelarsi la chiave per rimetter su il cinema nel paese natale di Vittorio De Sica, all’Erasmus e alle altre opportunità che disseminano i giovani, studenti e non, in giro per l’Europa: “Il modo migliore di diventare naturalmente europei”, nelle parole di Napolitano. “Ma non facciamo ancora abbastanza, se il bilancio dell’Unione corrisponde a meno dell’1% del Pil europeo”, continua l’ex inquilino del Quirinale, che idealmente raduna gli studenti delle scuole romane intorno alla fiamma ardente del focolare europeista, raccontando loro come è nata l’Ue, ripercorrendone le tappe – da Ventotene alla dichiarazione Schuman, sino alla firma dei Trattati di Roma -, ricostruendo cosa c’era prima e come Parigi e Berlino si siano rese protagoniste di una distensione epocale.

E il presidente emerito non le manda a dire a quanti, nel concerto europeo, frenano l’integrazione, con resistenze e muri più o meno visibili: “Non è pensabile che un piccolo Paese come l’Ungheria possa pensare di fare da sé. È un imbroglio, una mistificazione. Vogliamo e abbiamo bisogno di un’Europa politica, e non solo un’unione di mercati”. Davanti a sovranità e sovranismi revanscisti, l’Alto rappresentante dismette i guanti di velluto: “Gli Stati membri si dividono fra quelli piccoli e quelli che non si sono ancora resi conto di esserlo; il nostro peso nel mondo è strettamente legato al nostro essere europei, ed è questo l’unico modo che hanno i cittadini per riconquistare la sovranità perduta”, rintuzza la Mogherini, che pure evidenzia il fondamentale apporto “delle diplomazie nazionali nel tracciare la politica estera dell’Ue”. Napolitano rispolvera l’antico dilemma di Henry Kissinger nell’individuazione di un interlocutore unico in Europa, e l’Alto rappresentante si affida all’ironia: “Che il mio titolo (lo stesso che Kissinger sperava di vedere scritto da qualche parte, ndr) prenda quattro righe è un chiaro segno che i problemi riguardano gli Stati membri più che i loro cittadini. Ma anche quei Paesi che hanno dimostrato le maggiori resistenze a lavorare insieme, poi nella quotidianità hanno provato il contrario. Appena un anno fa – prosegue il racconto del capo della diplomazia di Bruxelles – al largo di Lampedusa c’erano soltanto navi italiane ad occuparsi di salvataggi in mare e di contrasto ai trafficanti di uomini. Oggi, nel Mediterraneo e nel canale di Sicilia, si vedono in azione, invece, le bandiere di 24 Stati dell’Ue”.

La solidarietà è la chiave di lettura dell’Unione, secondo la Mogherini, che assicura d’impegnarsi “per applicare quei tanti articoli dei Trattati sinora mai utilizzati”, come accaduto con la clausola europea di difesa collettiva, attivata dopo gli attacchi terroristici di Parigi; “è arrivato il momento per chi riveste ruoli di responsabilità a livello nazionale di indicare nell’Ue la strada per risolvere problemi anche nazionali, anche dei cittadini”.

Solidarietà e integrazione, aggiunge Napolitano, tirando in ballo la questione migranti alle porte d’Europa. “Che senso ha lottare contro l’immigrazione illegale quando non ci sono canali di immigrazione regolare? Nel nordest d’Italia non avremmo avuto una crescita superiore al resto del Paese senza l’apporto degli immigrati, che dobbiamo ringraziare”. I neonazionalismi sono invece “un fenomeno tribale e illusorio che non porta da nessuna parte”.

Parole dette a Roma, ma in filo diretto con Londra.

Tutto quello che dicono Mogherini e Napolitano sull'Europa

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