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La nuova Costituzione delineata dalla riforma BoschiRenzi o lo status quo. E’ questo il bivio di fronte a cui si troveranno a scegliere gli italiani nel referendum confermativo del 4 dicembre. Se voteranno Sì, cambieranno le regole del gioco ed entrerà in vigore il nuoto testo costituzionale. Se, al contrario, voteranno No, tutto rimarrà così com’è.

LA SCELTA REFERENDARIA SECONDO CECCANTI

Secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti è in questo senso che bisogna guardare all’appuntamento referendario. In questa intervista video rilasciata a Formiche.net il professore ordinario dell’università La Sapienza ha sottolineato come – nell’eventualità che la riforma venga bocciata – non ne esista subito dopo un’altra già pronta. L’unica conseguenza diretta sarebbe, dunque, il mantenimento in vita dell’assetto vigente, con tutti i suoi malfunzionamenti. “Chi vota No“, ha affermato Ceccanti “dovrebbe pertanto riuscire a dimostrare che questa riforma determina un peggioramento dell’attuale sistema costituzionale“. “Ma per me è una cosa impossibile“, ha detto.

LA NUOVA COSTITUZIONE E LA DEMOCRAZIA

Nel corso della conversazione Ceccanti è intervenuto anche a proposito di uno dei più tipici argomenti utilizzati dai fautori del No: il rischio di degenerazioni antidemocratiche che il nuovo testo costituzionale secondo loro comporterebbe. Teoria che ovviamente il costituzionalista – tra i grandi sostenitori del Sì – rifiuta in blocco. Ma c’è di più: Ceccanti è, infatti,  convinto che a danneggiare la qualità della vita democratica non siano le previsioni della riforma, ma alcune regole costituzionali ancora oggi in vigore. Sono due, in particolare, gli aspetti ai quali si riferisce: innanzitutto la difficoltà di formare un governo a ogni inizio legislatura “visto che le due Camere – spesso e volentieri – non riescono a esprimere la stessa maggioranza“. E poi “l’alta conflittualità tra Stato e Regioni“, che impedisce di capire con certezza “chi sia competente sulle varie materie“.

LA COSTITUZIONE RIFORMATA E I TERRITORI

Altra questione sollevata dal fronte del No è la supposta contraddizione di cui la nuova Costituzione sarebbe portatrice nei confronti delle regioni. Da un lato, infatti, sarebbero penalizzate con la ri-attribuzione allo Stato di materie che ad oggi – in virtù della riforma del Titolo V del 2001 – sono di competenza regionale. Dall’altro, invece, sarebbero favoriti dal diritto di avere – all’interno di una delle due Camere parlamentari, il Senato – esponenti politici che sono di loro diretta rappresentanza. Nessuna incoerenza – ha commentato Ceccanti – ma, anzi, una soluzione in linea con la giurisprudenza di questi anni della Consulta: “Con le sue pronunce la Corte Costituzionale è andata nella direzione di favorire lo Stato perché ha ritenuto gli elenchi di competenze scritte nel 2001 troppo generosi nei confronti delle Regioni“. Si spiega in questo senso, quindi, la scelta fatta con la riforma: da una parte ricondurre allo Stato funzioni di cui in passato era stato spogliato a favore delle Regioni e, dall’altra, riconoscere il loro ruolo attraverso la previsione costituzionale di una camera rappresentativa dei territori: “Gli elenchi meno generosi sono compensati dalla presenza dei rappresentanti delle Regioni all’interno del Senato“.

La versione integrale della video-intervista a Stefano Ceccanti è visionabile a questo link. 

Perché la nuova Costituzione è meglio dello status quo. Parla il prof Ceccanti

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