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Aleksandar Vučić, primo ministro uscente della Serbia, è stato confermato con il 67% dei voti alla guida del Paese balcanico. La vittoria del quarantaseienne conservatore riprova la volontà della popolazione serba di avvicinarsi all’Unione Europea. Ma i risultati elettorali mettono in evidenza anche una tendenza anti-Ue: la destra radicale russofila e nazionalpatriottica, guidata da Vojislav Seselj, è arrivata seconda, ha superato i socialisti alleati di Vučić e, dopo 8 anni, è tornata in parlamento. Il Paese balcanico sembra caratterizzato da due spinte: una europeista, seppur conservatrice, e una nazionalista, grata a Putin e in ascesa. Eppure per diversi analisti le due spinte non devono per forza collidere: il percorso di adesione all’Ue può e deve essere accompagnato dal mantenimento di “buoni rapporti” con la Russia.

VERSO L’EUROPA (CON LA RAGIONE)

Dal 2014, quando Vučić divenne premier con il 48% dei voti, il governo, accanto ai negoziati per l’adesione all’Ue, ha portato avanti una politica economica di forte austerità: privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, aumento delle tasse per combattere principalmente tre problemi. Primo: la disoccupazione è al 20% (maggiore tra i giovani). Secondo: il debito pubblico è pari al 73,6% del Pil – l’Europa impone il 60% -. Terzo: la burocrazia è asfittica e non incentiva gli investimenti. L’Italia, comunque, è il primo Paese investitore in Serbia, soprattutto grazie agli stabilimenti Fca.

Il negoziato di adesione all’Ue è legato a doppio filo ai risultati di queste politiche sostenute da Fmi e Bruxelles. E i primi dati positivi sono arrivati: il deficit statale del 2015 è stato circa la metà rispetto a quello del 2014 e alcuni mesi fa la Banca Mondiale ha stimato che nel 2016 il Pil della Serbia crescerà dell’1,5% (mentre per il 2015 si è registrata una crescita attorno allo 0,5%). Anche grazie a questi risultati, all’inizio del 2015 la Serbia ha chiesto e ottenuto un prestito di 1,2 miliardi di euro dal Fmi .

Ma gli investimenti che legano la Serbia al “blocco occidentale”, non sono finiti qui. Ha detto Michael Davenport, capo della delegazione Ue in Serbia: “La Serbia ha ricevuto più di 3 miliardi di euro in sovvenzioni da parte dell’Ue dal marzo 2001, momento in cui sono stati avviati i progetti dell’Ue nel paese. Da allora, l’Ue è diventata il partner e donatore più grande della Serbia, e questo è lo Stato che, rispetto a tutti gli altri paesi dei Balcani occidentali, riceve più aiuti finanziari da parte dell’Ue. Inoltre – ha continuato Davernport – l’Ue si è impegnata ad aiutare la Serbia ad aderire al blocco europeo attraverso vari programmi, fornendo così alla Serbia ulteriori 1,5 miliardi di euro nell’ambito dello strumento di assistenza preadesione (IPA) per il periodo 2014-2020”.

VERSO PUTIN (COL CUORE)

Ma se nasce un pro si sviluppa anche un contro. Se Vladimir Putin è visto con “sospetto e diffidenza” in diversi Paesi dell’ex blocco sovietico, la Serbia nutre invece grande ammirazione verso il leader russo, tanto che può essere considerato come il Paese più fedele a Mosca nei Balcani. Un esempio? Nel museo delle cere di Jagodina, accanto alle statue di Slobodan Milosevic e Josip Broz Tito, è stata posizionata anche quella di Putin “per il suo sostegno alla causa serba contro il Kosovo”. Il numero di visitatori è lievitato del 50%.

Ma il presidente della Federazione russa ha promesso una non ingerenza. A inizio aprile, infatti, i ministri degli Esteri russo e serbo si sono incontrati a Mosca e il padrone di casa, Sergei Lavrov, dichiarò che le trattative della Serbia con l’Ue “sono una scelta sovrana, nel modo più assoluto”, respingendo “la logica distruttiva che ha portato alla profonda crisi dello stato ucraino, quella dell’o noi o loro“. L’omologo serbo, Ivica Dacic, al margine dell’incontro, affermò: “Siamo un paese che, geograficamente e politicamente, è legato a questa parte (occidentale) dell’Europa, ma questo non può in alcun caso fare un torto alle nostre buone relazioni con la Russia”.

È come se i serbi guardino con la ragione all’Europa e con il cuore alla madre Russia. Da una parte la gente spera che l’entrata nell’Ue possa garantire un miglioramento della qualità di vita: “il salario medio lavorando 10 ore al giorno è di 400 euro, si può arrivare a 500 lavorandone 12 – afferma uno studente della capitale -. L’affitto di una casa a Belgrado è intorno ai 300 euro, i prezzi dei vestiti di marca sono pari a quelli degli altri Paesi europei, i beni alimentari subiscono rincari immotivati.” Dall’altra, però, si fanno sentire le affinità elettive delle due popolazioni. Sia la Russia che la Serbia sono paesi cristiani ortodossi e hanno in comune l’alfabeto cirillico, a differenza della maggior parte dei paesi slavi della regione. Ma lo Stato balcanico è legato al leader russo anche per gratitudine per la questione kosovara. “Putin non ci ha mai bombardati”, questo lo slogan usato dal partito radicale con riferimento alle bombe della Nato del ’99.

La vita politica di Vučić potrebbe essere l’emblema di questa trasformazione: da membro del partito radicale ad accanito europeista, pronto, quando serve, a volare a Mosca e sedere con Putin tra le sale del Cremlino.

I PAESI BALCANICI NELL’UE

Nel 2004 la Polonia è divenuta membro dell’Unione Europea. In 10 anni il Pil è raddoppiato (48,7%), il valore complessivo degli investimenti esteri, nel 2012, è stato stimato in circa 178 miliardi di euro (4 volte in più rispetto a quella del 2003) e con l’ingresso in Ue sono stati creati 2 milioni di nuovi posti di lavoro. Altri due Paesi che hanno fortemente beneficiato dell’entrata nell’Unione politica, sono stati Croazia e Slovenia, Stati membri rispettivamente dal 2013 e 2004: il Pil pro capite è aumentato tanto che Lubiana si sta avvicinando agli standard medi degli altri Paesi europei. Slovenia, Slovacchia, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria e Bulgaria sono già membri dell’Ue. Albania, Macedonia, Montenegro e Turchia sono attualmente i Paesi candidati in lizza. Bosnia-Erzegovina e Kosovo i Paesi “candidati potenziali”.

Che quella serba sia la terra dove Putin e l’Ue possano davvero coesistere?

Come sono andate le elezioni in Serbia

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