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È sorprendente quanto la politica europea sia incapace di cogliere i problemi delle persone. Tutti i parametri economici indicano che nell’Unione dei ventotto (con Gran Bretagna tuttora dentro) soltanto un Paese sorrida, la Germania. Uno su ventotto. Ma di elezione in elezione la beata solitudine di Frau Merkel suscita solo ondate di populismo d’ogni lingua e latitudine. Se i cittadini perdono potere d’acquisto e posti di lavoro, se la gente non vede premiati i propri sacrifici e trema per il futuro dei propri figli, è grottesco dire che la ricetta per cambiare sia tirare ancor più la cinghia. Le grandi strategie di politica finanziaria si fanno a pancia piena, non quando milioni di persone vivono in crisi permanente. La stabilità dei conti non può prevalere sull’instabilità degli stipendi e la precarietà del lavoro. La Borsa di Francoforte non viene prima della borsa della spesa.

Per questo l’obiettivo dell’Italia all’Eurogruppo di Bratislava dev’essere allo stesso tempo rigoroso e pragmatico: ottenere flessibilità, nient’altro che flessibilità, tutta la flessibilità. Senza farsi scoraggiare da chi, come il commissario Pierre Moscovici, già avverte che il nostro Paese avrebbe goduto di molta elasticità e che “deve rispettare le regole”. Il solito e noioso ritornello, perché da tempo siamo gli ultimi mohicani: noi continuiamo a rispettare tutto il rispettabile, quasi che l’intero peso dell’Europa dovesse ricadere sulle nostre spalle, mentre gli altri non si fanno troppi scrupoli a forzare conteggi e parametri nel loro interesse. L’esempio più irritante è fresco ed eloquente: la Gran Bretagna ci ha dato il benservito, ma deciderà lei quando, come e dove comunicarcelo. Scelta in linea col proprio interesse, non però con quello del rimanente popolo europeo. Eppure, nessuno dice al Paese di Mrs May di “rispettare le regole”, così come nessuno ricorda alla nazione di Frau Merkel -o alla Repubblica di Hollande– d’averle platealmente ignorate in passato.

È ora di non avere più complessi europeistici, facendo valere il ruolo fondatore e la forza economica dell’Italia per ottenere non favori -come altri hanno ottenuto-, ma l’opportunità di poter finanziare investimenti. Per creare e dare lavoro, facendo ripartire consumi e fiducia. Non è più il tempo per l’Eurogruppo dei ragionieri. Renzi sia consapevole che l’Italia può sfidare quest’Europa dei paraocchi, che avanza solo pretese nei confronti dell’Italia.

Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com

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