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Tutti la vogliono, ma in fondo a credere che sarà approvata davvero sono in pochissimi. Il dibattito sulla necessità di una legge che regolamenti nel nostro Paese l’attività di lobbying si regge ormai su questo paradosso: a parole non c’è quasi persona che non la invochi ma chissà perché – alla fine, nella pratica – non si riesce mai a raggiungere questo approdo. Uno scarto tra dichiarazioni pubbliche e risultati concreti che i partecipanti al dibattito organizzato dal Club delle Relazioni Esterne e dall’associazione La Scossa non hanno potuto fare a meno di sottolineare.

L’IRONIA DI PETRILLO

Alla Luiss – per parlare dell’argomento – c’erano professori universitari, esperti e, soprattutto, esponenti politici. Diversamente dal solito, nessuno se la sente di lanciarsi in professioni di ottimismo: un po’ perché i margini per esserlo sembrano esauriti e un po’ perché a svolgere l’intervento introduttivo è il professore di Tecniche e teorie del lobbying della Luiss Pier Luigi Petrillo, da anni in prima linea nel chiedere una disciplina. Petrillo ha eliminato subito qualsiasi velo di ipocrisia: “Nella storia della Repubblica ci sono stati 59 disegni di legge per regolamentare il fenomeno ma nessuno si è trasformato in legge. Al sessantesimo organizzeremo una bella festa“. Il professore ha poi ironizzato sulla frequenza ciclica con cui i grandi media tornano ad occuparsi del tema: “Con i miei studenti abbiamo stimato che ogni tre mesi e sei giorni l’argomento torna d’attualità sui mezzi di comunicazione. A metà luglio ne parleremo ancora“.

IL “NUOVO” LOBBYING SECONDO COMIN

Rilievi ai quali non si è sottratto neppure Gianluca Comin, fondatore della società di comunicazione e consulenza strategica Comin and Partners: “Da direttore delle Relazioni esterne dell’Enel ho seguito l’approvazione della legge sulle lobby in Cile“. In Italia, invece, stiamo ancora aspettando ed il rischio – a questo punto – è anche quello di consegnare al Paese una legge già vecchia in partenza. Comin lo dice senza mezzi termini quando evidenzia quanto quest’attività stia cambiando con la rivoluzione in corso nel mondo della comunicazione: “Mobilitare, coinvolgere e rendere gli stakeholder partecipi della campagna di lobby cambia il modo di fare lobby“. I parlamentari ne devono tenere conto perché, altrimenti, si finirebbe con l’approvare “una legge che regola la locomotiva a vapore mentre fuori dal palazzo c’è l’alta velocità“.

LOBBY E POLITICA SECONDO SUIGO

Il problema, comunque, sembra che per il momento non si ponga: nonostante il proposito sbandierato più volte, non è alle viste un disegno di legge sulle lobby che sembra possa essere approvato realmente dal Parlamento in tempi rapidi. “Serve una politica forte per arrivare alla regolamentazione“, commenta il presidente de La Scossa Michelangelo Suigo, per il quale troppo spesso la politica ha scelto di nascondersi dietro fantomatiche lobby, parafulmine perfetto da chiamare in causa per giustificare una decisione o una mancata decisione.

LA REGOLAMENTAZIONE SECONDO CONFINDUSTRIA

E poi – laddove ci si incamminasse veramente verso una legge – bisognerebbe comunque fare i conti con tutte quelle realtà, come sindacati ed associazioni di rappresentanza delle imprese, che tradizionalmente fanno lobbying nel nostro Paese, pur venendo chiamata la loro attività in modo diverso: anche in questo caso favorevoli a parole ma con dei distinguo. “Non sono contraria che venga disciplinata in Italia l’attività di lobbiyng“, ha spiegato il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci. Viale dell’Astronomia ha però chiesto e ottenuto di essere esclusa dall’applicazione della “regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi” della Camera, varata a fine aprile dalla Giunta per il regolamento di Montecitorio su iniziativa del presidente del Gruppo Misto Pino Pisicchio e considerata dai più irrilevante dal punto di vista giuridico. Trattamento differenziato ovviamente giustificato, secondo Panucci: “Confindustria, al pari delle altre associazioni, è diversa: è uno strumento di rappresentanza collettivo che media tra interessi di più imprese. Un soggetto collettivo che non rappresenta interessi particolari“.

LA PAROLA AI POLITICI

In questo contesto, gli esponenti politici presenti al dibattito – tra i più sensibili al tema – si sono dichiarati tutti favorevoli ad una legge, come d’altronde era naturale attendersi. “Di fronte alla proliferazione delle materie di intervento parlamentare, la rappresentanza degli interessi è anche uno strumento utile a deputati e senatori“, ha osservato il deputato dell’Ala verdiniana Ignazio Abrignani. Gli ha fatto eco Sergio Boccadutri, deputato e responsabile innovazione del Pd: “La rappresentanza e la contrapposizione degli interessi sono l’essenza della politica e della democrazia“. Il collega di partito e senatore Raffaele Ranucci è così convinto della necessità di una legge da aver firmato personalmente uno dei 59 ddl sulla regolamentazione dell’attività di lobby presentati in Parlamento negli ultimi 40 anni. L’eventuale disciplina – ha avvertito però l’avvocato e deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto – non potrà prescindere da come viene amministrata la giustizia, a suo modo di vedere la vera malata cronaca d’Italia. Patologia cui anche il Parlamento ha prestato il fianco con le sue leggi, una delle quali – molto dibattuta e contestata ultimamente – è rappresentata dal traffico di influenze illecite (qui l’approfondimento di Formiche.net). “Una norma imperscrutabile che necessita di uno studio psicologico“, ironizza Sisto.

Petrillo

Chi tifa (e chi no) per una legge di regolamentazione delle lobby

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