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Gli ostacoli, forse insormontabili, sono sorti proprio alla fine, quando dopo più di mille anni sembrava che il Concilio delle chiese ortodosse (in programma per oggi) si sarebbe ufficialmente tenuto nonostante le tensioni. Invece, nelle ultime settimane, alcune chiese autocefale hanno posto diversi problemi annunciando di non voler più recarsi a Creta per il Concilio. “Eppure tutto sembrava muoversi nel verso giusto”, scriveva qualche giorno fa Sandro Magister: “A fine gennaio i capi delle quattordici chiese ortodosse di tradizione bizantina, riunitisi in Svizzera, avevano preso gli ultimi accordi”. Cinque, poi, erano stati i documenti da portare a Creta sui quali era stato ottenuto il via libera unanime delle delegazioni (a eccezione di quello riguardo il matrimonio). Poi, ecco le divergenze. Non solo quello tra il Patriarcato di Antiochia e di Gerusalemme – dovuto a questioni locali – ma soprattutto quello sollevato dal Patriarcato di Bulgaria sul documento che regola i rapporti tra le chiese ortodosse e il resto del mondo cristiano.

IL PUNTO DEL CONTENDERE

Il punto centrale è che per Sofia non esistono altre chiese al di fuori di quella ortodossa. Ergo, quella cattolica è eretica. Dialogare, di conseguenza, è impossibile: a meno che Roma (è il sottinteso) non professi obbedienza alla fede ortodossa. Il Patriarcato di Bulgaria ha chiarito che se non fossero stati chiariti i punti contesi, non si sarebbe presentato a Creta. Un bel problema, essendo richiesta l’unanimità per le deliberazioni conciliati. Ma a complicare ulteriormente il tutto ci ha pensato il Patriarcato di Mosca, che ha chiesto ufficialmente il rinvio dell’assise, considerate le difficoltà emerse.

IL DISEGNO DI BARTOLOMEO I

Ha scritto lo storico Andrea Riccardi sul Corriere della Sera che “non è solo un fatto ecclesiastico, ma un passaggio della faticosa ristrutturazione dei mondi religiosi nella globalizzazione. Le religioni, contraddittoriamente, si rilanciano o divengono fondamentaliste o si chiudono”. Quel che è certo, ha aggiunto Riccardi, è che “il disegno di Bartolomeo I (Patriarca di Costantinopoli, ndr), preoccupato di un’ortodossia chiusa in orizzonti nazionali e tradizionali, non comunicativa, sembra in difficoltà”.

IL RUOLO DI MOSCA

Il dubbio è che dietro lo stallo ci sia Mosca, lacerata al suo interno dopo l’incontro tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco, “criticato da monaci e vescovi”. Un Patriarcato, quello di Mosca, “che oggi ha varie difficoltà interne”. La chiesa russa all’estero “ha criticato il Concilio. Il tradizionalismo ha costretto il patriarca ad attendere molto per incontrare il Papa. Kirill – spiega Riccardi – nonostante il suo prestigio, si misura oggi con problemi interni”.

IL GIOCO DI VLADIMIR PUTIN

Che la questione sia anche politica lo spiegava Alberto Melloni, in un commento apparso domenica scorsa su Repubblica: “Vladimir Putin deve decidere che parte vuole avere nella chiesa: lunedì mattina il sinodo della chiesa russa deve decidere se aderire alla richiesta di rinvio del Concilio panortodosso o se dare il via libera al Concilio che per la prima volta dopo oltre dodici secoli vede riuniti tutti i patriarchi della ortodossia e per la prima volta da sempre vede sedere a quel tavolo conciliare, rigorosamente rotondo, anche il patriarca di Mosca e di tutte le Russie”. A quanto pare, la scelta è stata compiuta, e non va nella direzione di favorire l’assise.

Cosa c'è dietro il no di Mosca al Concilio delle chiese ortodosse

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