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Qual è la condotta parlamentare del M5S? Cosa votano e non votano deputati e senatori grillini? Com’è cambiato nell’arco di questi anni l’approccio dei pentastellati alla politica? A queste domande ha provato a rispondere lo studio realizzato da Fb Lab, il centro studi di Fb & Associati, la società di consulenza leader nelle attività di lobbying e advocacy fondata da Fabio Bistoncini. Il report mette in luce tre aspetti fondamentali: i sì che in un quarto dei casi il movimento di Beppe Grillo pronuncia in Parlamento (al pari degli altri partiti di opposizione), i cambiamenti intervenuti nelle sue scelte dopo l’avvento del cosiddetto direttorio e, su provvedimenti specifici, la collaborazione messa in campo con le altre forze politiche, Pd in testa.

IL VOTO IN AULA DEL M5S

Lo studio fotografa innanzitutto come e che cosa i parlamentari Cinquestelle hanno votato a tre anni abbondanti dall’inizio della legislatura. Com’è ovvio che sia visto che è all’opposizione il M5S nella maggior parte dei casi ha fatto registrare voti contrari. C’è però anche un movimento che a volte sa dire di sì: i voti favorevoli ammontano a circa il 25% del totale. Tuttavia, solo in un caso un disegno di legge proposto dai pentastellati è stato approvato dal Parlamento: si tratta del provvedimento che ha soppresso il limite della residenza in Italia per doversi sottoporre alle verifiche antimafia. Una misura condivisa da tutti e varata direttamente dalle Commissioni senza passare dall’Aula. In nessuna ipotesi, poi, il voto dei Cinquestelle è stato decisivo per approvare una legge: il loro sì dunque – quando c’è stato – si è sempre semplicemente sommato a quello degli altri.

IL M5S DOPO IL DIRETTORIO

Uno degli aspetti di maggior interesse è rappresentato dai cambiamenti che sono intervenuti nel comportamento parlamentare dei Cinquestelle dopo la creazione del direttorio formato da Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Il numero dei voti favorevoli ai vari provvedimenti in discussione alle Camera è diminuito di poco ma è aumentato il dato relativo all’astensione. Particolare – si sottolinea nello studio di Fb & Associati – solo a prima vista irrilevante, visto che questo strumento è tra quelli considerati a maggiore connotazione politica. A tal proposito, è esemplificativo quanto ha scritto sul Sole 24 Ore il professore di Sistema Politico Italiano della Luiss Roberto D’Alimonte: “Questo dato apparentemente poco significativo acquista invece rilievo se si tiene conto delle motivazioni che il M5S esprime in aula quando si astiene, sempre meno di merito e sempre più tecniche“. “Nel corso del tempo” – conclude D’Alimonte – “si nota come il movimento abbia acquisito una sempre maggiore padronanza dello strumento parlamentare“.

LA COLLABORAZIONE CON IL PD

Dall’avvento del direttorio è derivata poi l’ulteriore conseguenza di una crescente collaborazione legislativa tra M5S e Partito Democratico. Un comportamento che i pentastellati – sempre propensi a presentarsi come forza anti-sistema e anti-partiti – fanno di regola passare sotto silenzio, ma che sta comunque producendo qualche risultato. La Camera ha infatti approvato con il voto di entrambi i partiti una serie di provvedimenti adesso all’esame del Senato. Si tratta dei disegni di legge sugli orari di apertura degli esercizi commerciali, la class action, il reato di whistleblowing e le auto blu. Argomenti sui quali è stato possibile trovare un accordo.

LA MEDIAZIONE FALLITA

Vi sono poi alcuni casi nei quali la mediazione è stata tentata ma è poi fallita. Il più celebre fra tutti è il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, approvato mercoledì scorso in via definitiva dalla Camera, sul quale vi era stata una lunga fase di accordo prima della decisione dei grillini di fare retromarcia. Episodi simili sono rappresentati dal provvedimento sullo stop al finanziamento pubblico all’editoria e dal ddl sull’acqua pubblica. Ipotesi di collaborazione saltate per ragioni diverse, per una questione di distanza politica o per motivi di comunicazione. Scrive a questo riguardo il centro studi di Fb & Associati che – nel caso del finanziamento pubblico all’editoria – “l’intesa era del tutto impossibile, in quanto il testo grillino puntava ad una totale abolizione del finanziamento: il M5S si è quindi fatto volutamente respingere in aula il testo dagli altri partiti, per poter poi criticare la loro posizione sui mezzi di comunicazione“.

I CINQUESTELLE NELLE ISTITUZIONI

Infine, lo studio fa il punto sulla presenza dei Cinquestelle nelle istituzioni e sul numero di persone che il partito di Grillo ha fatto eleggere a tutti i livelli, dal Parlamento in giù. I pentastellati possono contare su 126 parlamentari, 98 consiglieri regionali e 17 eurodeputati. Secondo tutti i sondaggi, rappresentano oggi il secondo partito italiano con una percentuale di consensi oscillante tra il 25 e il 30%. Non guidano nessuna regione ma 15 comuni, tra cui i capoluoghi di provincia Livorno, Parma e Ragusa, amministrati rispettivamente da Filippo Nogarin, Federico Pizzarotti – almeno fin quando non verrà definitivamente esplulso da movimento (qui e qui gli ultimi articoli di Formiche.net sulla sua rottura con Grillo e Di Maio) e Federico Piccitto. Adesso puntano a conquistare Roma con la favorita Virginia Raggi, ma questa è una storia ancora tutta da scrivere.

Beppe Grillo e Luigi Di Maio

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