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Hillary Clinton consolida la legittimazione della sua nomination a candidata democratica vincendo le primarie in California, New Jersey, New Mexico e South Dakota, mentre il suo rivale Bernie Sanders suggella la sua eccezionale campagna con successi nel Nord Dakota e Montana.

Subito dopo la chiusura dei seggi nel New Jersey, e mentre ancora si votava in California, l’ex first lady, sicura di avere avuto la maggioranza assoluta dei delegati alla convention democratica di fine luglio a Filadelfia, pronunciava il discorso della vittoria che l’era rimasto in gola otto anni or sono, quando, esattamente il 7 giugno, aveva ceduto le armi all’allora senatore Barack Obama.

Cosa che Sanders non ha ancora fatto nei suoi confronti. Ma, secondo fonti di stampa, il senatore s’appresta a congedare almeno la metà dello staff della sua campagna: un segnale inequivocabile di smantellamento. In termini di delegati, l’ex first lady ha un vantaggio di circa 500 sul senatore del Vermont, senza contare i Super Delegati.

Il presidente Obama s’è congratulato con la Clinton e Sanders per la loro campagna e dovrebbe incontrare Sanders forse già domani: il presidente è al lavoro per l’unità dei democratici contro Trump.

Le primarie democratiche per la nomination alla Casa Bianca si sono di fatto chiuse con l’ultimo ed ennesimo Super Martedì, con i voti in California (475 delegati senza contare i Super Delegati), Montana (21), New Mexico (34), North Dakota (caucus, 18), South Dakota (20) e New Jersey (126).

Le primarie democratiche si concluderanno formalmente a Washington D.C. martedì prossimo, 14 giugno.

L’ex segretario di Stato, prima donna degli Stati Uniti a conquistare la nomination presidenziale, ha detto, nel suo discorso, con accanto il marito Bill, d’avere infranto il soffitto di cristallo che si frapponeva tra le donne e la nomination, s’è congratulata con Sanders per la sua campagna e ha affermato di volere battere l’avversario repubblicano Donald Trump, che fa leva “sulla paura”.

Trump, intanto, ormai certo da tempo della nomination, attaccava la Clinton sui soliti fronti, la accusava di avere usato il Dipartimento di Stato come un bancomat per la sua Fondazione e prometteva nuove rivelazioni nei suoi confronti nei prossimi giorni. In campo repubblicano, questo Super Martedì era senza storie, essendo il magnate l’unico candidato. Le bordate di Trump contro un giudice d’origine messicana che sta conducendo indagini a San Diego sulla Trump University hanno però aperte nuove crepe, negli ultimi giorni, nel fronte conservatore, dove molti ne denunciano l’impronta razzista.

Una sconfitta nel Golden State, lo stato più popoloso e ricco dell’Unione e uno dei più influenti al mondo nel campo culturale e dell’innovazione (tra Hollywood e Silicon Valley), sarebbe stato un segno di debolezza e di friabilità della candidatura dell’ex first lady, mentre il largo successo le ridà fiducia e slancio.

Dal punto di vista demografico, la California non ha un gruppo etnico maggioritario dominante: il 38,6  per cento degli abitanti ha origini latinoamericane, il 14,4 per cento ha origini asiatiche, il 6,5 per cento sono neri, mentre i bianchi sono scesi dal 78 per cento nel 1970 al 38,5 per cento nel 2014.

Il New Jersey è invece il quarto più piccolo Stato dell’Unione, ma è anche quello in assoluto più densamente popolato e uno dei più multietnici, con forti tradizioni industriali e manifatturiere.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)

Così Hillary Clinton ha vinto nell'ultimo Super Martedì

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