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Lo stesso mercoledì, si è tenuto a Roma, organizzato dalla Fondazione Einaudi, un convegno (con una bella relazione introduttiva di Lorenzo Infantino) che commemorava l’economista torinese Sergio Ricossa recentemente scomparso. Naturalmente, i due eventi non sono legati se non idealmente, perché Ricossa sarebbe stato certamente d’accordo con  quanto detto dalla Vestager, ma avrebbe sollevato dubbi sul fatto che a preservare la  competizione debba essere un’autorità pubblica.

L’economista torinese, infatti, aveva sviluppato una teoria dell’imprenditore sulla falsariga degli insegnamenti della scuola austriaca di economia (i cui principali esponenti sono Hayek e Mises) che giudicava con scetticismo l’intervento del governo anche quando effettuato a fin di bene, per proteggere il mercato. La base del ragionamento di Ricossa parte dalla divisione filosofica tra “perfettisti” e “imperfettisti”. I primi pensano che si possa raggiungere la Città di Dio in terra, sia essa la società comunista marxiana o una teocrazia o una economia semi-statica  di gente civilizzata che! guidata da civil servant illuminati,  ha bisogni spirituali e non volgari (più o meno la concezione di Keynes). Gli imperfettisti, invece, pensano che la società non abbia uno scopo finale ma sia la somma di fini individuali che si possono realizzare in una condizione di libertà . Non ci sono pianificatori che possono prevedere dove e come si evolverà l’umanità e nemmeno l’economia. Sotto quest’ultimo profilo, anche il concetto di “equilibrio” neoclassico, vale a dire la situazione in cui domanda e offerta combaciano in un contesto di concorrenza perfetta raggiungendo un prezzo per l’appunto “di equilibrio”, non è realistico.

L’economia progredisce proprio perché sconvolge in continuazione gli equilibri presistenti. Ciò che era ottimo vent’anni fa non lo è più ora, nuovi bisogni emergono e nuovi prodotti, prima nemmeno immaginati, invadono prepotentemente il mercato. E chi rende possibile questo incessante progresso? L’imprenditore, figura che assomma in sé la distruzione creatrice Schumpeteriana, che attraverso nuove tecnologie rende obsoleto il sistema di produzione precedente, e l’intuito e la fantasia teorizzata da un altro economista “austriaco”, Kirzner. L’imprenditore si accorge prima degli altri che un nuovo servizio o una nuova merce potrebbe soddisfare un’esigenza non ancora espressa. Si pensi ad AirBnb. Le case vuote esistevano, i turisti e gli uomini d’affari pure, internet anche, eppure c’è voluto l’intuito di qualcuno per mettere insieme le tre cose e creare un servizio popolarissimo e in continua espansione.

Tuttavia, secondo Ricossa non bisogna dimenticare che chi vince nel gioco concorrenziale è qualcuno che lo fa per diventare temporaneamente un monopolista. Se però sussistono condizioni per le quali non ci sono barriere normative in un contesto di piena libertà di impresa, questo non deve spaventare: prima o poi la fantasia di qualche innovatore renderà il prodotto del monopolista obsoleto ed in ogni caso la semplice minaccia farà sì che l’operatore dominante non ne approfitti troppo (o, come dice Ricossa, “non dorma sugli allori”) pena l’ingresso di un concorrente che gli soffi quote di mercato.

Questa visione, astrattamente coerente, deve essere temperata dalla constatazione che nell’economia reale non può esserci l’equilibrio neoclassico, ma nemmeno una completa assenza di vincoli legislativi (ad esempio, la protezione della proprietà intellettuale, per altri versi utile) che non consolidino le posizioni di monopolio. Posizioni che il monopolista tenderà a trincerare facendo un uso anche politico del suo sovraprofitto, cercando di influenzare il regolatore e il legislatore. Ed in più esiste il fattore tempo: persino l’Impero Romano crollò, ma non possiamo aspettare l’arrivo di Odoacre ogni volta
che si crea un monopolio.

Il contenzioso Google-Commissione UE è destinato a durare a lungo e può darsi che il colosso di Mountain View abbia abusato della sua posizione dominante. Ma gli ammonimenti di Ricossa rimangono validi e ci aiutano a mantenere il giusto scetticismo nei confronti di chiunque pretenda di rendere qualcosa di umano perfetto. Fosse anche il mercato.

Alessandro De Nicola
adenicola@adamsmith.it

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