Skip to main content

Facciamo progressi a Falluja, dice l’esercito iracheno. Il portavoce dei militari di Baghdad, il colonnello Mohammed Ibrahim, annuncia alla Cnn che il quartiere di al-Shuhada al-Thaniya, una piccola zona che si trova alla periferia sudest, è stato liberato; in realtà pare che gli uomini dello Stato islamico che controllano l’area fin dal gennaio del 2014 (quando ancora il gruppo si faceva chiamare solo Isis e il progetto califfale sarebbe stato proclamato sei mesi dopo) abbiano abbandonato le posizioni per arroccarsi verso il centro.

PERCHÉ FALLUJA

Quella della cittadina a 60 chilometri dalla capitale è un’offensiva importante che potrebbe avere serie conseguenze nell’evoluzione futura dell’Is e sulla stabilità dell’Iraq. La campagna è scattata due settimane fa perché le milizie sciite filo-iraniane che controllano in parte la politica a Baghdad hanno preferito dirigersi a Falluja piuttosto che a Mosul, come invece avrebbero voluto gli americani. Il motivo è che dalla città più orientale dell’Anbar, la provincia sunnita che va dalla Siria alla capitale irachena, partono gli attentatori che colpiscono Baghdad: c’è una striscia di attacchi enorme, che ha come obiettivo i civili dei quartieri sciiti, e che i partiti al potere vogliono bloccare. A Washington sta bene, per adesso, perché se è complicato andare a riprendersi Falluja, salire al nord al confine col Kurdistan, al di là dei proclama, pare al momento un’impresa quasi impossibile (e infatti Daniele Raineri del Foglio, che ha passato una decina di giorni tra Sinjar e Tel Afar, l’outskirt allargato di Mosul, le aree a maggiore concentrazione di baghdadisti, dice che lassù è tutto praticamente fermo).

CHI COMBATTE E CHI DIRIGE LE OPERAZIONI

A Falluja ci sono invece trenta mila soldati iracheni, divisi in modo non equo tra militari regolari, la percentuale minore, e miliziani dei partiti religiosi. Le immagini segnano il corso dei tempi: in una di queste, ripresa in una dei centri di comando dell’operazione, ci sono Jamal Ebrahimi (aka Abu Mahdi al-Muhandis), già capo della della Kata’ib Hezbollah  e ora guida del Popular Mobilization Forces, ossia l’ombrello operativo che coordina le principali milizie sciite irachene, e Qassem Suleimani, generale della Corpo delle guardie della rivoluzione iraniani, ossia l’ombrello ideologico, economico, logistico, militare, delle milizie sciite nel mondo. Sono entrambi designati come terroristi dal governo americano, il primo per collegamenti con gli attacchi terroristici in Kuwait il 12 dicembre del 1983 e per quelli contro gli americani ai tempi dell’occupazione post-2003, Qassem invece ha un executive order da diversi anni per varie ragioni, essenzialmente legate alle attività non proprio integerrime dei Guardiani iraniani, di cui è capo dell’unità d’élite (la Quds Force). I due comandanti sono i referenti massimi delle forze di terra che stanno combattendo a Falluja, e di fatto contano tanto quanto gli ufficiali iracheni. Dall’aria i soldati sono invece seguiti dai raid della Coalizione guidata dagli Stati Uniti, che a tutti gli effetti forniscono copertura aerea a elementi indicati nelle liste dei terroristi, ma è la pragmatica della guerra.

LA SITUAZIONE UMANITARIA

La presenza di queste unità ideologiche e settarie, è però un motivo di complicazione dello scenario. La paura è che poi finiscano per vendicarsi contro i sunniti che hanno appoggiato il Califfo, e che si passi da un’oppressione a un’altra. Per questo probabilmente i passaggi finali dell’operazione di riconquista saranno affidati soltanto all’esercito regolare e alle unità scelte della polizia (come fatto a Ramadi, qualche decina di chilometri più a ovest), che in teoria dovrebbero essere più laiche, anche se in passato non ha mancato di macchiarsi di soprusi nei confronti delle minoranze. La situazione è già molto critica: la popolazione cerca di fuggire perché non c’è più acqua e cibo, ma gli uomini dello Stato islamico vogliono tenere i civili in città per complicare le operazioni degli assedianti; ne nascono campi minati che circondano il perimetro, cecchini che sparano a chi fugge, scudi umani. Ci sarebbero cinquantamila persone ancora (la BBC, citando l’Onu, dice 90 mila), forse qualche migliaio in meno, perché alcuni sono riusciti a fuggire, molti attraverso l’Eufrate (ci sono stati anche incidenti, con gommoni rovesciati e morti). C’è almeno una denuncia per crimini di guerra: secondo le Nazioni Unite segni di percosse sarebbero stati trovati addosso a 600 persone, quasi tutti sunniti, liberate dai sobborghi di Saqlawiya e al-Karmah. A compiere le sevizie sarebbero stati i miliziani sciiti. Ci sono già 40 gradi: per sopravvivere si mangia il cibo per gli animali, datteri scaduti e si beve acqua dalle pozze (che però “è contaminata dalle carcasse degli animali”) ha spiegato al Corriere della Sera Karl Schembri, responsabile della Norwegian Refugee Council, “una delle poche ong presenti nell’area”.

L’ingresso dei soldati è rallentato dalla presenza dei civili dietro ai quali si nascondono i baghdadisti e dalle tante trappole esplosive che rendono infernale il percorso verso le vie interne: tutto questo non fa che aumentare la crisi umanitaria prodotta dall’assedio. La fuga, che sarebbe già di per sé una soluzione rischiosa tanto quanto restare, è resa ancora più un azzardo dalla presenza fuori città dei miliziani sciiti, che potrebbero compiere vendette settarie.

(Foto: un’immagine dal reportage di Jonathan Bale, inviato della BBC, civili che fuggono attraverso l’Eufrate)

Falluja, dove la guerra allo Stato islamico diventa un inferno per i civili

Facciamo progressi a Falluja, dice l'esercito iracheno. Il portavoce dei militari di Baghdad, il colonnello Mohammed Ibrahim, annuncia alla Cnn che il quartiere di al-Shuhada al-Thaniya, una piccola zona che si trova alla periferia sudest, è stato liberato; in realtà pare che gli uomini dello Stato islamico che controllano l'area fin dal gennaio del 2014 (quando ancora il gruppo si faceva…

Claudio Spinaci

Non sparate sull'oro nero. L'appello dell'Unione petrolifera

A quasi due mesi dal referendum sulle trivelle, l'Unione Petrolifera torna a parlare di oro nero durante la presentazione dell'assemblea annuale, dal titolo "Facciamo muovere l'Italia", che si tenuta mercoledì scorso sulla terrazza del Radisson Blu Hotel a Roma. I punti toccati sono stati tre: quanto conta il settore petrolifero per l'Italia, come viene (e dovrebbe) essere visto e per quanto…

Vi spiego io come si rottama Renzi. Parla Mastella

Clemente Mastella è molto indaffarato. Tra una decina di giorni si contenderà la carica di sindaco di Benevento con Raffaele Del Vecchio. A dividerli 169 voti: 33,66 per cento per l’ex ministro, 33,23 per il vicesindaco uscente della giunta di centrosinistra che ha governato la città. "Mi davano terzo e invece sono primo. Una grande soddisfazione, ma la partita è…

Come si muove l’Antitrust sull’ecommerce pirata

Nei giorni scorsi la Commissione Eu ha annunciato un pacchetto con le proposte sul commercio elettronico, un mercato sempre più rilevante ma dove si annida anche un’ampia offerta di prodotti contraffatti. Secondo recenti dati Ocse, la contraffazione ha un volume relativo alle sole merci scambiate nel mondo pari a 500 miliardi di euro nel solo 2014. Il Made in Italy,…

Fabio Rampelli e Giorgia Meloni

Perché non seguiamo Salvini su Raggi a Roma. Parla Rampelli (Fratelli d'Italia)

A differenza di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, Fratelli d’Italia non darà né a Roma né altrove indicazioni di voto per il Movimento Cinque Stelle. Parla, anche del futuro del centrodestra (la cui leadership “va scelta attraverso le primarie”), con Formiche.net il capogruppo di Fratelli d'Italia  a Montecitorio, Fabio Rampelli. Dopo aver “lisciato” (come ha detto Giorgia Meloni) il…

Tutti i dettagli sull'attentato che ha colpito Tel–Aviv

Da sempre ritenuta un'oasi felice, in un Medio-Oriente dilaniato da conflitti che attraversano trasversalmente l'intera regione, anche a Tel-Aviv il terrorismo è tornato a colpire. Mercoledì sera un attentato ha causato la morte di quattro israeliani e il ferimento di altri sedici. Il primo ministro Benjamin Netanyahu non ha esitato a prendere provvedimenti, seguito dal nuovo ministro della difesa, Avigdor…

La borghesia è scomparsa

Tutti a dire che il m5s prende i voti del terzo stato. Tutti a dire che Demagistris a Napoli prende i voti perché ha saputo comunicare distanza dalle élites. Il fatto è che oggi è scomparsa la borghesia. Ne rimane, forse, giusto un po’ a Milano dove, infatti, si scontrano due profili di interessi: quelli rappresentati da Sala e da…

Verso i ballottaggi: una riflessione politica

Con queste elezioni amministrative si aprono scenari nuovi e inediti. Alcuni non si aspettavano proprio questi risultati, nel bene o nel male. Iniziamo col dato allarmante dell'astensionismo. Tutti ne parlano, nessuno però in realtà se ne interessa più di tanto. Eppure questo aumento continuo di disaffezione tra cittadine e cittadini è pericoloso per la democrazia stessa. Per la tenuta delle…

Un salto nel passato della semplificazione

Il tema della semplificazione amministrativa è trasversale (mette cioè d’accordo gli schieramenti politici, le scuole dei giuristi, gli economisti e gli studiosi di management) e risalente nel tempo. Segno del fatto che “semplificazione” è un concetto declinabile in tanti modi diversi quanti sono i soggetti attuatori. Ridurre il numero dei provvedimenti normativi, facilitare la comprensibilità del linguaggio amministrativo, accelerare la…

Matteo Renzi

Tutti contro Matteo Renzi (e la Repubblica di Weimar)

Matteo Renzi ha dichiarato che non si dimetterà se Roberto Giachetti e Giuseppe Sala saranno sconfitti ai ballottaggi di Roma e di Milano (ma, a mio giudizio, rischia molto anche Piero Fassino a quello di Torino). Si tratta di una posizione non solo ineccepibile sul piano formale, ma anche ragionevole sul piano politico. Tuttavia, quando tutte le forze di opposizione…

×

Iscriviti alla newsletter