Skip to main content

Giusto per restare nell’argomento della legge appena approvata dal Senato, quella che disciplina le cosiddette unioni civili, depurata però dell’ambizione genitoriale delle coppie omosessuali, è esplosa a sinistra e a destra una questione da sesso degli angeli.

E’ il problema della collocazione di Denis Verdini e degli altri fuoriusciti da Forza Italia fra i due schieramenti in cui si divide, o dovrebbe dividersi, qualsiasi assemblea parlamentare: opposizione o maggioranza.

Quel poco che resta della minoranza antirenziana del Pd, politicamente sconfitta dall’amputazione della legge Cirinnà, che pensava di poter portare a casa nella versione originaria con l’aiuto dei grillini, e quel che resta del vecchio centrodestra di marca berlusconiana e leghista hanno gridato, inorriditi, contro i 18 senatori verdiniani su 19 che hanno votato la fiducia cui il governo è ricorso per far passare il testo modificato del provvedimento, approvato con 173 sì contro 71 no. Inorriditi perché Verdini sarebbe entrato così a tutti gli effetti, votando appunto la fiducia, nella maggioranza di governo. Come se prima ne fosse fuori: cosa di cui, francamente, nessuno si era accorto dopo la rottura consumatasi con Berlusconi.

Se sottraessimo i 18 voti verdiniani dai 173 ottenuti dal testo emendato della legge, scenderemmo a quota 155. Che sarebbero sempre più del doppio dei 71 voti contrari. Se aggiungessimo i 18 voti verdiniani ai 71 contrari, questi salirebbero a 89: sempre di lunga inferiori ai voti favorevoli.  Ciò significa che i sì di Verdini e amici sono stati non decisivi ma aggiuntivi, per cui la coalizione di governo composta da Pd, alfaniani e frattaglie di centro potrebbe ritenersi autosufficiente, e considerare i verdiniani, diciamo così, ospiti o amici occasionali di strada.

++++

A questi elementari calcoli, per i quali non occorre certamente una cattedra di matematica, sinistra e destra ne oppongono un altro. Che parte dal presupposto che se il Senato votasse a ranghi completi, la maggioranza per essere tale dovrebbe disporre di 161 voti, pari alla metà più uno dei componenti dell’assemblea. Una maggioranza tecnicamente definita “assoluta”. Ma il Senato vota assai di rado a ranghi completi. E quella assoluta è una maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione solo in determinati casi, a prescindere dal numero dei presenti e partecipanti alla votazione. Il caso, per esempio, della votazione finale di una modifica alla Costituzione.

La votazione di fiducia non è un caso in cui sia prescritta la maggioranza assoluta, bastando e avanzando la maggioranza cosiddetta semplice, composta dalla metà più uno dei presenti e partecipanti, che sono stati 244 nel caso del super-emendamento alla legge Cirinnà, vista l’assenza, fra gli altri, dei grillini. Per l’approvazione sarebbero stati pertanto sufficienti 123 voti: il cosiddetto quorum, esattamente venti in meno di quelli -173- ottenuti con i diciotto sì dei verdiniani. Che pertanto risultano anche sotto questo aspetto, sottolineato dal guardasigilli Andrea Orlando, aggiuntivi a quelli di cui disponevano i gruppi della coalizione di governo. I verdiniani sarebbero stati decisivi, o determinanti, solo se, a ranghi completi, la fiducia avesse avuto bisogno dei 161 voti della maggioranza assoluta. In quel caso senza i verdiniani la maggioranza si sarebbe fermata a 155 voti, sei in meno del dovuto. Ma, ripeto, solo nel caso di una votazione a ranghi completi, che non era quello su cui destra e sinistra si sono invece sbracciati nella protesta, reclamando che il presidente del Consiglio facesse “una passeggiata” al Quirinale, come ha detto con ironia il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, per comunicare a Sergio Mattarella l’intervenuto cambiamento della maggioranza originaria di governo. Che risulterebbe adesso, essa sì, una maggioranza “contro natura”, ha titolato il Giornale pensando di cogliere in castagna l’odiato ministro dell’Interno Angelino Alfano, vantatosi di avere sventato con l’accordo di governo le adozioni innaturali.

Onestamente e francamente, ripeto, si può definire e trattare come serio un problema di questo genere? Se ne può parlare nei termini scandalizzati usati dalla sinistra del Pd, dai vendoliani, dai leghisti, dagli ex di Alleanza Nazionale e dal capogruppo in persona di Forza Italia, l’ex ministro Paolo Romani? Non credo.

++++

Tutto ciò non significa naturalmente che Verdini e i suoi amici non abbiano accordato la fiducia al governo sul nuovo testo della legge Cirinnà e partecipato perciò alla maggioranza, come d’altronde è già capitato altre volte, come nell’ultimo passaggio della riforma costituzionale nell’aula del Senato.

Sotto questo profilo i berlusconiani di stretta osservanza e la sinistra, curiosamente uniti, possono dire che qualcosa è cambiato davvero nella collocazione di Verdini e amici. Ma a cambiare collocazione, rispetto all’inizio di questa accidentata legislatura, non sono stati solo i verdiniani. Hanno cambiato collocazione anche i berlusconiani, passati già ai tempi del governo di Enrico Letta dalla maggioranza all’opposizione, per rientrare di straforo nella maggioranza con il governo di Matteo Renzi sul terreno non certo secondario della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale, salvo rimettersi all’opposizione per protesta contro il “metodo” di elezione di Mattarella al Quirinale.

Nessuno può dunque vantare di avere il bollino blu della coerenza o stabilità di comportamento in un Parlamento e in una situazione che può ben contendere il titolo di “Ballando con le stelle” ad un celebre e fortunato programma televisivo: stelle da non confondere naturalmente con quelle dei grillini.

Denis Verdini

Denis Verdini, le unioni gay e il sesso degli angeli

Giusto per restare nell’argomento della legge appena approvata dal Senato, quella che disciplina le cosiddette unioni civili, depurata però dell’ambizione genitoriale delle coppie omosessuali, è esplosa a sinistra e a destra una questione da sesso degli angeli. E’ il problema della collocazione di Denis Verdini e degli altri fuoriusciti da Forza Italia fra i due schieramenti in cui si divide,…

Ecco quanto costerà agli stati la prossima socializzazione dei debiti privati

Ciò che la crisi ormai più che settennale ha mostrato con chiarezza è l’inconsistenza della finzione teorica che vuole stato e mercato entità separate e quasi antagoniste. Le grandi protagoniste del post-crisi sono state, e non a caso, le banche centrali, ossia le entità che incarnano compiutamente il connubio stato/mercato che nei fatti decide le sorti dell’economia. E infatti ancora…

Le incertezze dell'economia secondo Confindustria. Le sfide per il nuovo presidente

[caption id="attachment_474029" align="aligncenter" width="446"] Roberto Race[/caption] E' stata appena pubblicata l'analisi mensile del Centro Studi Confindustria e i dati che emergono dall'osservatorio privilegiato dell'associazione guidata da Giorgio Squinzi non sono incoraggianti. L’economia mondiale- sottolinea il documento del centro studi guidato da Luca Paolazzi- è entrata nel 2016 con meno slancio dell’atteso e mostra ulteriori segni di indebolimento. Non nelle parti…

Ecco le forze speciali italiane che andranno in Libia

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presieduto giovedì 25 febbraio, al Palazzo del Quirinale, una riunione del Consiglio Supremo di Difesa. Il punto focale della riunione, stando al comunicato ufficiale, è stato la lotta allo Stato islamico, non citato ma implicito quando si parla di “recenti sviluppi del conflitto in Siria e Iraq” e si aggiunge: “È stata altresì attentamente…

Nomine GME. Soluzione interna o Lotti/DeVincenti intervengono?

Nomine GME. Dopo la fumata nera di mercoledi 24 in CdA GSE per la sostituzione di Massimo Ricci AD dimissionario di GME, si complicano le cose per l'individuazione del nuovo Amministratore Delegato. Sembra infatti tramontata l'ipotesi del tecnico Maurizio Di Marcotullio, commercialista ed esperto di fiscalità delle energie rinnovabili, per la forte opposizione dell'AD di GSE Francesco Sperandini che non…

Tutti i nodi da sciogliere prima dell'intervento in Libia

Non c’è che da congratularsi con la cautela usata dal governo italiano nel caso Isis/Libia. Ogni intervento militare deve aver ben chiari gli scopi politici che deve perseguire, nonché i costi e i rischi che si devono affrontare. Nel caso libico nessuno li ha decisi. Solo ipotesi più o meno irrealistiche e appese nel vuoto. GLI INTERROGATIVI Vari interrogativi attendono…

Stefano Parisi, Maurizio Lupi e Gabriele Albertini

Ecco come Gelmini, La Russa, Lupi e Salvini coccolano Stefano Parisi

“E non ci lasceremo mai, abbiamo troppe cose insieme. Se ci arrabbiamo poi, ci ritroviamo poi… Un corpo e un’anima”. Il centrodestra milanese sembra voler prendere alla lettera il monito cantato negli Settanta da Wess e Dori Ghezzi e così, tutti insieme, moderati, cattolici, leghisti e liberal-socialisti hanno deciso di appoggiare ufficialmente la candidatura di Stefano Parisi che poche ore fa…

Quale futuro per l'industria della telefonia mobile?

Il GSMA Mobile World Congress (altrimenti conosciuto come MWC) si è appena concluso. È la più importante fiera al mondo sulla telefonia mobile, a cui partecipano numerosi amministratori delegati in rappresentanza di operatori telefonici, produttori e fornitori di tecnologie. Per la prima volta l’ottimismo del settore sembra essersi affievolito. La ragione è semplice: la convergenza tra l’offerta di telefonia mobile…

ALESSANDRO ZOLLO

Cisco, Dow Chemical, Criteo. Ecco dove si lavora meglio in Italia secondo Great Place to Work

Quali sono i migliori ambienti di lavoro in Italia? Lo svela la classifica di Great Place to Work delle aziende Best Workplaces relativamente a leadership, ambiente, formazione ed equità. La classifica 2016 si divide in tre sezioni: una riferita alle Large Companies (aziende con oltre 500 collaboratori), una alle Medium (aziende da 50 a 499 collaboratori) e, novità di quest’anno, una classifica dedicata alle…

Niente inciuci sui conti Expo

Caro direttore, Quello che nel vostro articolo viene definito “accordo multipartisan” è, in realtà, la volontà dei partiti di sostenere Sala nella sua mancanza di trasparenza e di chiarezza sui conti di Expo ed evitare di far sapere ai cittadini milanesi e italiani quanto è costata Expo e quanto ancora costerà: potrebbe trattarsi di ulteriori centinaia di milioni. Non fornire…

×

Iscriviti alla newsletter