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Resta da vedere se le recenti campagne social dell’americana Central Intelligence Agency abbiano portato al reclutamento in Russia, ma questi tentativi, assieme a quelli del britannico Secret Intelligence Service (o MI6), servono anche a “trollare” i servizi russi per “alimentare la paranoia che già provano”. A scriverlo è Dan Lomas, professore associato all’Università di Nottingham, in un articolo per il think tank londinese Royal United Services Institute.

Due settimane fa è uscito un saggio di William Burns, direttore della Central Intelligence Agency, sulla rivista Foreign Affairs. Burns spiega che la human intelligence rimane vitale “in un mondo in cui i principali rivali degli Stati Uniti – Cina e Russia – sono guidati da autocrati personalistici che operano all’interno di piccoli e riservati circoli di consiglieri”. A luglio aveva spiegato che la disaffezione della popolazione russa verso la leadership di Putin per l’invasione dell’Ucraina “crea un’opportunità che capita una sola volta in una generazione per noi della Cia, che siamo un servizio di human intelligence”. Tanto che negli ultimi mesi l’agenzia ha diffuso sui social tre filmati in cui fa appello ai disincantanti dalla leadership di Mosca. L’ultimo un mese fa.

Considerato che il controspionaggio è una wilderness of mirrors, “alimentare questa paranoia non può che essere una buona cosa, come la Russia sa dalle sue precedenti campagne di successo contro l’intelligence occidentale durante la Guerra Fredda”, scrive Lomas. “La paura di essere penetrati può essere debilitante quanto gli agenti reali che passano informazioni all’altra parte”.

Ma, aggiunge il docente, i video diffusi da Langley “ci dicono anche molto sull’uso della storia e della nostalgia come arma”. L’ultimo video della Central Intelligence Agency, per esempio, fa leva sull’amore dei russi per i vecchi tempi dell’Unione Sovietica. Allo stesso modo, Richard Moore, capo del Secret Intelligence Service, l’estate scorsa aveva scelto Praga, la città della Primavera repressa dai carri armati sovietici nel 1968, per un discorso con tanto di appello ai russi a disertare. La storia come arma è qualcosa di noto ai servizi britannici e americani, come dimostra la pubblicazione online dei documenti che riguardano Oleg Penkovsky, colonnello del Kgb che fu gestito congiuntamente da funzionari statunitensi e britannici fino alla sua fucilazione a Mosca nel 1963. Ma anche ai servizi russi, che infatti sfruttano appieno l’eredità dei Cinque di Cambridge per fini propagandistici.

“Nel mondo di oggi, in cui le agenzie del Regno Unito hanno un profilo mediatico crescente, forse la storia dovrebbe essere usata in modo più completo di quanto non sia stato fatto finora”, continua Lomas sottolineando come i casi in cui Londra decide di rendere pubblici i disertori sono rari (a differenza di quanto accade a Washington). “Dovremmo anche giocare sul passato, come hanno fatto i nostri avversari. La storia può essere usata come arma: punzecchiamo l’orso ancora un po’”, conclude il docente.

Trollare i servizi russi. L’obiettivo dei video della Cia

Con i filmati pubblicati sulle piattaforme social per tentare di reclutare le persone stanche e deluse dalla guerra di Putin, Langley “arma” la storia per “alimentare la paranoia”, scrive Dan Lomas (Università di Nottingham)

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