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Il mondo è “preoccupato dalla crescente tendenza al protezionismo in Unione europea” con politiche che “non risolvono i problemi del blocco, proteggono l’arretratezza, compromettono il futuro e provocano molteplici perdite”. Lo ha detto nei giorni scorsi Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese. E l’ha ribadito anche Wang Wentao, ministro del Commercio cinese, aprendo il business forum Italia-Cina a Verona.

Un passo indietro. Le parole di Pechino arrivano dopo l’avvio di un’indagine annunciata da Marghrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione europea e responsabile della politica di concorrenza, nel corso in un intervento a Princeton, negli Stati Uniti, nel contesto della sua missione per la riunione del Consiglio commercio e tecnologia tra Unione europea e Stati Uniti. “Posso annunciare che oggi stiamo avviando una nuova indagine sui fornitori cinesi di turbine eoliche. Stiamo indagando sulle condizioni per lo sviluppo di parchi eolici in Spagna, Grecia, Francia, Romania e Bulgaria”, ha spiegato. La Cina – che l’Unione europea classifica come “partner di cooperazione e negoziazione, concorrente economico e rivale sistemico” – “non sempre gioca in modo corretto” quando si parla del mercato delle tecnologie critiche, ha detto ancora. Nella corsa geopolitica alla tecnologia, con la Cina che la fa da padrone, “avere partner di cui ci si può fidare è un vantaggio competitivo”, ha aggiunto con riferimento agli Stati Uniti. Con le elezioni europee di giugno ma sopratutto le presidenziali americane a novembre sarà difficile vedere un maggior allineamento transatlantico su questi dossier.

Ma facciamo un altro passo indietro. Le parole di Vestager erano arrivate in vista del viaggio del ministro Wang in Europa, il cui principale obiettivo è, come ha riferito l’agenzia Reuters, respingere l’indagine dell’Unione europea sulle auto elettriche. Non è un caso, dunque, che lo stesso ministro abbia fatto appello agli imprenditori italiani, ma anche europei, per far pressioni sui governi contro le politiche di de-risking intraprese dalla Commissione europea.

Ma non solo. Infatti, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, sbarcata questa settimana sul social cinese TikTok, è atteso a Pechino accompagnato da molti manager dell’industria della Germania, tra cui i vertici di Volkswagen, Mercedes e Bmw.

Quello di Vestager è “un campanello d’allarme sulle conseguenze della sovraccapacità industriale cinese per la competitività dell’Europa”, spiega Agathe Demarais, Senior Policy Fellow presso lo European Council on Foreign Relations. “Tali timori sono particolarmente forti nel settore delle tecnologie pulite, che rappresenta un campo di battaglia fondamentale nel conflitto tra Cina e Paesi occidentali per il predominio economico”, aggiunge. Per Pechino, infatti, le energie rinnovabili sono uno dei settori chiave del piano industriale Made in China 2025, da sostenere con massicci sussidi alle imprese sia statali sia private.

Come ha evidenziato anche Ilaria Mazzocco (Csis) nei giorni scorsi su Formiche.net, Demarais osserva che non esiste un consenso europeo sui rischi che la sovraccapacità industriale cinese comporta. Anche per questo, “le restrizioni ai veicoli elettrici cinesi potrebbero rivelarsi impopolari in Europa”, spiega. “Da un lato, le restrizioni alle importazioni di auto cinesi possono contribuire a proteggere le imprese manifatturiere e i posti di lavoro dell’Unione europea. Dall’altro lato, i veicoli elettrici cinesi sono popolari perché di solito sono più economici e di migliore qualità rispetto a molti marchi occidentali, il che potrebbe favorire la transizione verso le emissioni nette a zero”, conclude.

La sfida dell’auto cinese per l’Ue secondo Demarais (Ecfr)

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