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La pronta reazione del nostro ministro della Difesa di fronte all’uso di droni di provenienza non identificata contro imbarcazioni e cittadini italiani facenti parte della Global sumud flotilla  trova fondamento nel diritto internazionale. L’invio della nave Fasan a protezione della vita e dei beni dei connazionali è infatti una misura basata sul diritto di ogni Paese a tutelare i propri cittadini all’estero, anche quando, come nel nostro caso, si trovino in acque internazionali.

Si pensi all’attività che la Marina svolge da decenni nel Mediterraneo centrale a protezione dei nostri pescatori (la cosiddetta Vigilanza Pesca) e che ora fa parte dei compiti della missione Mediterraneo Sicuro che è assegnata proprio al Fasan. Questa specifica funzione è volta genericamente a proteggere gli interessi italiani in mare, ma assume anche una valenza particolare come attività di soccorso qualora la vita delle persone sia in pericolo. L’assistenza in mare a chi sia in difficoltà è infatti compito precipuo della Marina: compito non militare quanto alle finalità, ma militare circa i mezzi impiegati. Proprio per questo non può ipotizzarsi che l’invio della nostra Unità abbia natura offensiva, visto l’assenza di ogni finalità militare a prescindere ovviamente dal diritto ad usare la forza se aggrediti.

Nella vicenda in corso il riferimento al diritto internazionale si pone comunque da altri punti di vista. Tutti hanno anzitutto diritto a manifestare liberamente e pacificamente in alto mare il proprio pensiero come affermato dalla Corte arbitrale investita della decisione del caso Sunrise in cui attivisti di Greenpeace si erano opposti in mare a militari russi per protestare contro le trivellazioni nella Zee russa dell’Artico. Nella circostanza, l’Olanda, quale Stato di bandiera del Sunrise aveva tra l’altro eccepito l’illegittimità dell’uso della forza da parte russa.

All’opposto c’è però il diritto di qualsiasi Paese, come fa appunto Israele, a difendere la sua integrità territoriale in un contesto bellico. Un fatto analogo si è verificato nel 2010 quando una flottiglia di imbarcazioni di bandiera turca (la Freedom flotilla) che intendeva portare aiuti alla popolazione di Gaza cercò di forzare il divieto di ingresso in un’area marittima interdetta dalle Forze israeliane. Negli scontri che ne seguirono vennero uccisi alcuni cittadini turchi. Gli organi internazionali che su istanza di Ankara analizzarono la vicenda evidenziarono che Israele aveva sì il diritto di adottare un provvedimento di blocco, ma che l’applicazione delle norme internazionali di riferimento era stata sproporzionata.

In definitiva, la posizione assunta dall’Italia nella vicenda in corso appare estremamente corretta, anche perché è stata data informazione preventiva alle autorità israeliane. Rimarchevole è anche il fatto che la Commissione Ue, nel prendere atto della decisione italiana, abbia dichiarato che “La libertà di navigazione deve essere rispettata, non è accettabile un attacco di drone contro la Flotilla o altro uso della forza: rispettiamo lo sforzo umanitario degli attivisti, che vogliono mettere in luce la situazione intollerabile a Gaza, la libertà di assemblea è un pilastro della nostra democrazia”.

Dopo l’annuncio di Crosetto, un portavoce della Commissione europea ha dichiarato di “aver preso nota” della decisione dell’Italia di inviare una nave della Marina e ha ribadito: “La libertà di navigazione deve essere rispettata, non è accettabile un attacco di drone contro la Flotilla o altro uso della forza. Rispettiamo lo sforzo umanitario degli attivisti, che vogliono mettere in luce la situazione intollerabile a Gaza, la libertà di assemblea è un pilastro della nostra democrazia”.

La Marina protegge la Flotilla nel rispetto del diritto internazionale. Scrive Caffio

L’invio della nave Fasan a protezione degli italiani presenti sulle imbarcazioni della Global sumud flotilla diretta a Gaza è una misura preventiva aderente al diritto internazionale ed alle attribuzioni della Marina. Non si tratta di contrapporsi in mare a chi intende usare la forza verso cittadini ed imbarcazioni italiane, ma di avvalersi del diritto di tutelarne la vita e l’integrità qualora si manifesti una situazione di pericolo. L’analisi dell’ammiraglio Fabio Caffio

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